Sul tappeto la candidatura a Palazzo d'Orleans nell'area di centrosinistra del rettore Fabrizio Micari, sponsorizzato dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e su cui il Pd durante la segreteria convocata nei giorni scorsi nel capoluogo siciliano aveva espresso «sostanziale apprezzamento». Ma se i distinguo tra i democratici non mancano, è proprio all'interno di Ap che la candidatura per alcuni risulta indigesta. Già nei giorni passati l'avevano definita un'opzione che non scaldava gli animi. L'ufficializzazione sul nome e sull'accordo ancora non arriva come ha ribadito fino a poche ore fa l'ex sottosegretario Simona Vicari. «Dobbiamo prima incontrarlo e ragionare sul programma» aveva detto ieri all'Adnkronos il sottosegretario Giuseppe Castiglione, affrettandosi a precisare, però, che quella del rettore è «una candidatura autorevolissima che allarga l'alleanza a esperienze civiche, all'area progressista e ai moderati». Di più. «Micari è l'unica vera novità in campo. Per il resto ci sono il presidente uscente Crocetta, Fava che ha già tentato cinque anni fa così come Cancelleri e Musumeci che ci riprova per la terza volta. È indiscutibile che su cinque candidati in campo, per quattro è un'esperienza già tentata».
Eppure il rettore non sembra aver fatto centro nel cuore di tutti gli uomini dell'inquilino della Farnesina.
«Nessuna spaccatura - dice all'Adnkronos il presidente della commissione Bilancio all'Assemblea regionale siciliana, Vincenzo Vinciullo - Siamo tutti con Alfano e lavoriamo per un unico obiettivo: tenere unito il partito.
Siamo allineati alla posizione del ministro e stiamo ragionando per portare un contributo importante alla coalizione». Certo è che su Micari «il Pd non è compatto - conclude - e le uscite quotidiane dei democratici dimostrano che il Partito democratico ha un alto tasso di litigiosità interna». Frizioni a cui si aggiunge la posizione del governatore Rosario Crocetta, che ieri è tornato a chiedere le primarie, minacciando una crisi di governo. Ombre di guerra che rischiano di affossare il Pd e trascinare nella palude eventuali alleati, ragionano gli alfaniani.
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