Senato, strappo Schifani-Ncd: si riapre il fronte dei numeri

Schifani
di Emilio Pucci
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Mercoledì 20 Luglio 2016, 09:29 - Ultimo aggiornamento: 21 Luglio, 14:32
La strategia è stata studiata a tavolino con Berlusconi. Schifani ha riferito al Cavaliere che dieci senatori di Area popolare sono pronti a staccarsi e a far cadere all'occorrenza il governo per aprire una nuova fase. Ieri il primo passo di un'operazione che si tenterà di portare avanti dopo l'estate: l'ex presidente del Senato ha rassegnato le dimissioni da capogruppo. Nessuna fretta, si aspetterà l'appuntamento del referendum. E nessun arrivo in Forza Italia o formazione di un nuovo gruppo parlamentare. I malpancisti di Ncd terranno le mani libere, decideranno di volta in volta se garantire l'appoggio alla maggioranza oppure bloccare i lavori di palazzo Madama.

IL PIANO
Il piano, spiega uno dei dissidenti, è quello di logorare Renzi, di far partire il progetto di un nuovo centrodestra (con una federazione di centro) dopo la consultazione sul ddl Boschi, di lavorare insieme ad azzurri e all'Udc di Cesa (ieri ha presentato i comitati per il no ma Casini e D'Alia si sono smarcati dall'iniziativa) per far sì che si arrivi ad un nuovo esecutivo di scopo per cambiare la legge elettorale. Al momento i ribelli certi sono Formigoni, Azzollini, Sacconi, Esposito, De Poli, ma ci sarebbero altri tre o quattro centristi che potrebbero uscire allo scoperto dopo la mossa di Schifani.

LE POSIZIONI
Ieri la sua lettera inviata ai senatori del gruppo ha provocato l'ira di Alfano: «Noi ha spiegato il ministro dell'Interno andiamo avanti». Oggi il leader Ncd sarà prima alla Camera poi al Senato per incontrare i suoi parlamentari e confermare che occorre tenere ben saldi i piedi nella maggioranza. Ed è proprio nell'ultima riunione di gruppo a palazzo Madama che si è consumato l'ultimo strappo con Schifani. Quest'ultimo, raccontano fonti centriste, avrebbe rimproverato il responsabile del Viminale di non averlo difeso da alcuni attacchi interni, dalle critiche arrivate per esempio dalla senatrice Vicari.
 
«La mia è una decisione ponderata, sofferta ma convinta», ha detto ieri Schifani che accusa Alfano di aver «disatteso il patto politico» schierando Ncd al fianco di Renzi «senza però un minimo accordo preventivo di programma». Ed ancora: «La casa non esiste più perché è venuto meno il pilastro, oggi lascio qualcosa che non c'è più». Uno stop anche alle ambizioni di Alfano di formare un nuovo partito di centro perché «la proposta progettuale non è chiara, un quarto polo politico nel Paese non avrebbe spazio», si tratterebbe di «una formazione tutta da costruire su iniziative e idee che non provengono dal territorio ma da stanze di palazzo», ha sottolineato Schifani spiegando comunque di voler votare per il momento in conformità con il gruppo, «poi si vedrà».

I TIMORI
Ma l'allarme numeri al Senato (con la maggioranza che si muove intorno ai 170 voti quando il quorum a Palazzo Madama è 161) è risuonato anche nelle stanze di palazzo Chigi. Da qui l'ordine di Renzi di congelare provvedimenti rischiosi, come il ddl Tortura, fino al referendum. Il premier non vuol sentir parlare di nuovi responsabili ma al Senato è partita la caccia, soprattutto in FI e con i verdiniani, per evitare la paralisi in Parlamento. Anche perché la minoranza dem è già pronta ad attaccare se il gruppo di Ala dovesse risultare decisivo. «Certamente gongolano i senatori verdiniani il nostro peso aumenta di giorno in giorno..».
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