Scenari di guerra/La rischiosa divisione sulle alleanze del Paese

di Nicola Latorre
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Venerdì 13 Aprile 2018, 00:05
Dopo i fatti di Douma, esattamente a un anno da quando a seguito dell’episodio di Idlib Trump ordinò il primo raid aereo contro la Siria comunicandolo anticipatamente ai russi e con l’intento in quel caso solo di mandare un avvertimento, ci si appresta a un nuovo attacco militare che questa volta non potrà avere la forma propria di una risposta simbolica. 

L’ennesima azione criminale di Assad, il veto posto dalla Russia all’Onu lo scorso martedì sera sulla richiesta di istituire un nuovo meccanismo d’inchiesta indipendente sull’uso delle armi chimiche nel conflitto siriano (per la sesta volta), le successive dichiarazioni di Trump e la risposta russa segnano chiaramente un punto di non ritorno. L’iniziativa si preannuncia dal punto di vista militare con caratteristiche molto diverse da quelle di una classica azione dimostrativa. L’impegno degli Stati Uniti con  Francia e Gran Bretagna si prevede con un notevole impiego di mezzi sia aerei che marittimi potendo peraltro contare sui significativi supporti logistici di cui si dispone nell’area. Con troppa superficialità nei mesi scorsi si era ritenuto ormai concluso il conflitto siriano con la vittoria di Assad. Il rais proseguendo negli attacchi con ogni mezzo e senza tregua ha reso ormai chiaro a tutti e in primo luogo ai suoi alleati che i propri obiettivi di sopravvivenza personale e politica sono incompatibili con qualsiasi accordo di pace. 

Allo stesso tempo appare chiaro come nessuno potrà  davvero vincere questa guerra che va avanti da sette anni, ha provocato disastri immani per l’incredibile numero di vittime, tra i quali tanti bambini, e che ha quasi completamente distrutto il Paese. Con la certezza che altre decine di migliaia di siriani disperati continueranno a fuggire dando seguito alla tragedia a cui assistiamo da anni e che continua a comportare costi umanitari inaccettabili e per noi europei anche notevolissimi costi politici e finanziari.

<HS9>Inoltre si fa sempre più concreto il rischio che il conflitto possa allargarsi all’Iran e al Libano, sino a Israele. Il paradosso di questa crisi è che tanto la Russia quanto gli Stati Uniti si trovano oggi nella situazione opposta a quella che fino a qualche settimana fa entrambi auspicavano. Trump aveva appena annunciato il ritiro definitivo dalla Siria. Putin riunendosi a Ankara lo scorso 4 aprile con Rouhani e Erdogan per spartirsi le zone di influenza in quella che in quei giorni fu definita “la Yalta della Siria” sperava di liberarsi finalmente da un impegno che politicamente e finanziariamente sta diventando sempre più oneroso. Ora fermare Assad appare una condizione imprescindibile per avviare a soluzione la crisi. Allo stesso tempo è illusorio pensare che i garanti di un nuovo assetto della Siria possano essere Turchia, Iran e Russia prescindendo dagli altri Paesi che pure avevano sostenuto a suo tempo l’iniziativa delle Nazioni Unite. Ma soprattutto non c’è alternativa a un confronto chiaro e diretto  tra Russia e Stati Uniti. Tenere insieme tutte queste esigenze è molto difficile ma non c’è altra strada per sperare in un avvio di soluzione del conflitto.

Dagli sviluppi della vicenda siriana dipendono poi anche i destini di una auspicabile stabilizzazione in tutta l’area del Mediterraneo. Oltre alle ragioni umanitarie deriva proprio di qui per il nostro Paese il diretto interesse circa  gli esiti della crisi. Un allargamento del conflitto del resto coinvolgerebbe inevitabilmente il Libano dove la presenza militare italiana è massiccia e cruciale. E’ dunque motivo di grande preoccupazione la divisione che sta emergendo tra le forze politiche italiane in queste ore tanto più a ridosso della nascita del nuovo governo. In primo luogo appare ovvio che l’Italia si schieri al fianco dei propri alleati. E in un momento così delicato in alcun modo si può determinare una divisione ipotizzando anche solo lontanamente un cambio delle alleanze del nostro Paese. Senza per questo rinunciare a un ruolo politico- diplomatico attivo che richiederebbe l’azione di un Governo nel pieno delle sue funzioni.
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