Il sindaco fragile salvato (per ora) dal codice Grillo

di Mario Ajello
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 25 Gennaio 2017, 00:10
Come previsto, peggio del previsto. Ora l'inchiesta su Virginia Raggi farà il suo corso, intanto però l'avviso di garanzia recapitato ieri al sindaco contiene una novità: all'abuso d'ufficio, già da tempo ipotizzato, s'è aggiunto il falso ideologico. Un reato che, insidioso per qualsiasi amministratore, nel caso di un esponente grillino finirebbe (se dimostrato) per assumere una particolare gravità. Perché in palese contrasto rispetto alle categorie etiche e politico-amministrative su cui il movimento Cinque Stelle si è fondato e su cui ha basato tanto del proprio successo. Ossia la trasparenza, il «Campidoglio casa di vetro», la continua rivendicazione di una correttezza in esclusiva e la discontinuità rispetto ai predecessori come garanzia di buona amministrazione. Se naturalmente spetterà ai magistrati valutare i fatti, e la presunzione d'innocenza che a lungo i grillini hanno negato per gli altri vale invece per tutti, ciò che emerge chiaramente da questa vicenda è la presenza sul Campidoglio di un sindaco fragile. Poco autonomo rispetto alle persone che ha scelto (Marra in primis) e ai dioscuri del movimento da cui è stato candidato.
E c'è del paradossale nel fatto che proprio un primo cittadino M5S, e non di un qualsiasi borgo ma della Capitale d'Italia, abbia conquistato in queste ore un primato: ricevere l'avviso di garanzia a inizio mandato e non come i suoi predecessori Alemanno e Marino, che almeno lo hanno ricevuto più in là nel tempo. 

Non è la questione giudiziaria quella davvero centrale nel caso Roma. Va in frantumi però, in questo passaggio, anche la predicazione della normalità e dell'attenzione alle cose ordinarie su cui la Raggi ha sempre insistito. E il crollo di questi assiomi sta nella straordinarietà di questa vicenda e in una sua anomalia preoccupante. La Raggi chiamata in Procura ha avvertito della cosa prima Grillo, poi i consiglieri del suo partito e infine i cittadini. Rovesciando clamorosamente la prospettiva, rispetto alla naturale fisiologia democratica, e insieme evidenziando il fatto singolare che a permettere la permanenza della Raggi nel suo ruolo è il Codice Grillo. Ossia il regolamento etico redatto proprio in vista di questo passaggio giudiziario e che elimina l'obbligo di dimissioni per un sindaco indagato. 

Non sappiamo quali saranno le conseguenze nella fiducia dei romani e nel loro consenso nei confronti del movimento di Grillo - a leggere i sondaggi le disavventure nella Capitale non sembrano aver intaccato granché fino ad oggi il tesoro elettorale - ma ciò che certamente produce questa inchiesta, in una città in cui la Raggi è già sprofondata al penultimo posto nella classifica italiana di gradimento, è l'ulteriore indebolimento della figura del sindaco. Naturalmente c'è il rischio che a fare le spese di questa situazione di fragilità amministrativa con deficit di risultati siano i cittadini. Proprio quelli che ieri sono stati avvertiti per ultimi. Perché la fonte battesimale del potere della Raggi non sembrano più loro ma una tavola delle leggi confezionata ad personam tra la villa di Beppe a Genova e l'ufficio di Davide nella Casaleggio Associati a Milano. E Roma si sente sempre più sola.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA