Riforme, mossa di Renzi sull'Italicum. E apre al premio di coalizione

Riforme, mossa di Renzi sull'Italicum. E apre al premio di coalizione
di Alberto Gentili
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Mercoledì 12 Agosto 2015, 06:03 - Ultimo aggiornamento: 09:45
Non c'è solo l'apertura di Lorenzo Guerini. Non c'è soltanto l'invito lanciato a Silvio Berlusconi, dal braccio destro di Matteo Renzi, a tornare al tavolo delle riforme: «Siamo pazienti, attendiamo. Non si capisce perché la nuova architettura istituzionale che abbiamo disegnato insieme sette mesi fa, oggi non vada più bene».

Fallita l'ultima mediazione con la minoranza interna sul listino di senatori da votare insieme ai candidati alle regionali e determinato a non tentarne altre («quelli pensano solo a farmi cadere...»), il premier e segretario del Pd sta meditando una clamorosa svolta sull'Italicum: il ritorno al premio di coalizione, così com'era previsto nella prima versione della nuova legge elettorale varata a inizio maggio. «Ci stiamo ragionando seriamente», dice un alto dirigente renziano, «questa novità, oltre a permettere di superare l'impasse sulla riforma del Senato, potrebbe essere utile anche per noi. Dopo la clamorosa avanzata di Salvini, chi può dire quale sarà il primo partito alle prossime elezioni...».



LE CONDIZIONI DI SILVIO

Berlusconi, al consiglio nazionale di Forza Italia celebrato il 4 agosto, ha posto due condizioni per tornare a sedersi al tavolo con Renzi. La prima è il Senato elettivo, così come chiesto anche da Bersani & C. «Ma di questo non se ne parla neppure», dicono al Nazareno. La seconda è, appunto, il ritorno al premio di coalizione: i 340 seggi della Camera che attualmente andrebbero in dote a chi ha superato al primo turno il 40% dei voti, non sarebbero più appannaggio della lista vincente. Ma, appunto, della coalizione.



Una vera benedizione per il Cavaliere. Con l'attuale meccanismo Berlusconi sarebbe costretto a cedere scettro e trono a Matteo Salvini, concedendogli la guida di un'ipotetico listone unitario del centrodestra. Con il premio di coalizione, invece, Forza Italia potrebbe limitarsi a un'alleanza elettorale con la Lega, conservando sovranità, autonomia e l'ancoraggio al Partito popolare europeo, dove il ”matrimonio” di Berlusconi con il leader leghista xenofobo e populista sarebbe considerato sacrilego. Tant'è, che non mancano le aperture: «Vedremo in settembre, vedremo quali proposte Renzi metterà sul tavolo», dice il capogruppo Paolo Romani, «di certo il premio di coalizione per noi sarebbe una novità importante». «E' ovvio che la modifica dell'Italicum ci piacerebbe, eccome», aggiunge uno stretto collaboratore del Cavaliere, «ma ormai Berlusconi non si fida più di Renzi, dunque è da escludere un nuovo Patto del Nazareno. Al massimo potrà avvenire uno scambio: noi votiamo la riforma del Senato e loro ci danno il premio di coalizione».



NON UN PATTO ORGANICO

Proprio su questo punta Renzi. Anche per il premier un nuovo patto strutturato con il Cavaliere non sarebbe salutare: come minimo gli tirerebbe addosso gli anatemi di mezzo partito e in più potrebbe innescare una scissione. Non a caso proprio ieri sull'Unità, Renzi ha speso fiumi di parole, dati e cifre, per garantire che il governo «fa cose di sinistra». Un modo, forse, anche per bilanciare l'eventuale “Nazareno-baby”, come lo definì in giugno Roberto D'Alimonte.



Quella del professore che, su incarico di Renzi ha scritto l'Italicum, suona adesso come una vera e propria profezia. D'Alimonte mise in chiaro due cose. La prima: «L'Italicum senza riforma costituzionale del Senato non serve a nulla, sarebbe assurdo votare per la Camera con il maggioritario a due turni e per il Senato con il proporzionale». La seconda: «Se Renzi non avrà i numeri per far passare la riforma, si potrà pensare a un ”patto del Nazareno-baby”: Berlusconi offrirà i voti per la riforma costituzionale, in cambio del premio di coalizione nell'Italicum». L'ultima profezia: «Con il premio di coalizione la sinistra del Pd potrà creare un partito alleato di Renzi».

Insomma, una sorta di ”vissero tutti felici e contenti”. Ncd di Angelino Alfano incluso. Ma al Nazareno - ed è questa la maggiore controindicazione a mettere mano alla legge elettorale - non piace affatto l'idea della scissione a sinistra. Anche se, giorno dopo giorno, strappo dopo strappo, il premier è sempre più convinto che la minoranza dem punti proprio a un divorzio consensuale, per fondare l'Ulivo 2.0, come ha detto apertamente Rosy Bindi. Ma è già allo studio un deterrente: se si cambierà l'Italicum, se dovesse tornare il premio di coalizione, la soglia di sbarramento non sarebbe più al 3%. Ma ben più alta. L'alternativa è il voto anticipato, che Renzi segretamente non esclude.