Renzi ritwitta Lotti: noi gente perbene. Ma ora il leader teme l'accerchiamento

Renzi ritwitta Lotti: noi gente perbene. Ma ora il leader teme l'accerchiamento
di Marco Conti
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Venerdì 3 Marzo 2017, 08:35
Sconcerto e anche incredulità per il processo mediatico, ma anche fiducia nella magistratura che saprà accertare responsabilità e reati. Nella non facile posizione di figlio che oggi vedrà il papà varcare il cancello di piazzale Clodio, Matteo Renzi continua a girare per l'Italia in vista delle primarie del Pd.

NOTA
«In terra di Puglia, confrontandosi con gli abitanti della meravigliosa Castellaneta». Incammino è l'hashtag che su Instagram accompagna una foto dell'ex premier mentre parla con tre persone anziane. Ma la testa dell'ex segretario è per un altro anziano, il babbo Tiziano, che a metà mattinata sbotta e professa la sua innocenza con un nota nella quale definisce «un incubo» la sua vicenda.

Renzi-figlio invece preferisce il silenzio per l'intera giornata, salvo a sera rilanciare su Twitter un post di Luca Lotti dall'eloquente titolo Ora basta. Il fatto di non essersi «mai occupato di gare» e di «non aver conosciuto Romeo» sono argomenti che Lotti sottolinea e che Renzi condivide nella sostanza oltre che per senso di solidarietà. Una condivisione da parte dell'ex premier soprattutto laddove il ministro dice «noi siamo gente perbene». Un plurale che prosegue quando rivendica che «abbiamo governato per anni Firenze e l'Italia senza farci trascinare nel fango». In quel noi e in quel rimando a Firenze il Renzi-sindaco non può non ritrovarsi. Anche perché domenica scorsa in tv, fu proprio Renzi a sostenere il concetto che Lotti brutalizza: «Attendo che eventualmente si celebri il processo, nelle aule di tribunale e non sui giornali: contano gli articoli del codice penale, non dei quotidiani».

Una replica affidata a Facebook nella quale il ministro non cita nessuno dei personaggi coinvolti. Tantomeno il padre di Renzi, ma che conferma la volontà di spezzare quella sensazione di accerchiamento iniziata - per molti renziani - l'indomani la sconfitta referendaria.

Ieri duecento, tra deputati e senatori, hanno sottoscritto la candidatura di Renzi alla segreteria del Pd. Tra i senatori sei in più rispetto ai numeri del congresso 2013. Numeri consistenti che confermano la forza dell'ex segretario ma che non cancellano l'inquietudine per gli schizzi di fango che l'inchiesta romana sta producendo sul Pd e sulle primarie. Il timore di un percorso parallelo tra le rivelazioni dell'inchiesta - ormai prive di qualunque segreto istruttorio - e la corsa alla segreteria del partito, pervade anche la cerchia dei fedelissimi dell'ex premier che prima di prendere posizioni sulla vicenda, aspetta di avere il quadro dell'inchiesta. «Conosco mio padre e conosco i suoi valori, ma ora non posso che dire che sto con i magistrati», ebbe a sostenere lo stesso Renzi domenica scorsa in tv. Affermazione importante che precedette le indiscrezioni uscite dalla Procura e nelle quali si sostiene che Tiziano Renzi, insieme all'amico Carlo Russo, si sarebbero fatti promettere ingenti somme di denaro da Alfredo Romeo. E così «l'incubo» di Tiziano diventa quello di Matteo nell'attesa di un interrogatorio nel quale si capiranno meglio eventuali capi di imputazione. «Sperando che facciano veloci», ha sostenuto sempre da Fabio Fazio l'ex premier rivolgendosi ai magistrati.

AULA
Il rischio che i tempi della giustizia non siano però quelli della politica è però molto concreto e mentre sui giornali si celebra il processo, lo scontro si arroventa con i grillini che chiedono a Gentiloni di riferire in aula mentre presentano una mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro Lotti. La settimana che precede l'appuntamento del Lingotto, nel quale Renzi presenterà la sua candidatura, si trasforma in vera e propria settimana di passione mentre i tre giorni a Torino potrebbero diventare ben altra cosa. Come altra cosa divenne il referendum sulle trivelle grazie all'indimenticabile inchiesta Tempa Rossa, finita poi nel nulla.