Def, Renzi tira dritto: «Ci prenderemo 6,5 miliardi in più»

Def, Renzi tira dritto: «Ci prenderemo 6,5 miliardi in più»
di Alberto Gentili
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Giovedì 29 Settembre 2016, 00:21 - Ultimo aggiornamento: 30 Settembre, 13:30

Se non fosse per San Prudenzio, come Matteo Renzi chiama il ministro Pier Carlo Padoan, l’altra notte il premier avrebbe scritto nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def) un bel 2,4% di rapporto deficit-Pil per il 2017. Ma per non urtare oltre misura la Commissione europea, all’ultimo minuto quel rapporto tra deficit e Pil è stato però fissato a 2,0%. Ma è solo un passaggio. E’ praticamente certo che Renzi, quando scriverà la legge di stabilità, metterà nero su bianco quel 2,4% facendo salire le spese in deficit di 6,5 miliardi. Obiettivo: finanziare, a pochi giorni dal voto sul referendum costituzionale, il taglio del costo del lavoro e dell’Ires (la tassa sugli utili d’impresa), e la quattordicesima ai pensionati sotto i mille euro.

Renzi ha già studiato la strategia per blindare lo strappo. Come ha spiegato l’altra sera ai ministri, chiederà «al Parlamento se vuole usare o meno quello 0,4% in più. E voglio vedere cosa farà la Commissione quando il Parlamento italiano voterà sì a maggioranza assoluta». «Tanto più», ha argomentato, «che quei soldi ci spettano. All’articolo 3 del fiscal compact c’è scritto che sono autorizzate le spese aggiuntive provocate da circostanze eccezionali, come il terremoto e i migranti».

In questo braccio di ferro che si appresta a ingaggiare con Bruxelles, Renzi non vuole sentire parlare di «flessibilità»: «Noi non ne chiediamo di più, in quanto è stato deciso che la flessibilità si può ottenere una sola volta. Le circostanze eccezionali però sono una cosa diversa dalla flessibilità. E se c’è qualcuno in Europa che ci verrà a dire che il terremoto e l’ondata migratoria non sono circostanze eccezionali, dovremo farlo vedere da uno bravo...».

«PRENDIAMO CIÒ CHE SERVE»
Insomma, il premier è determinato a tirare dritto. «A prendere tutti i soldi che servono per migranti e sisma in piena autonomia». E ha messo in conto il rischio di vedere Bruxelles attivare una procedura d’infrazione per debito eccessivo, il vero tallone d’Achille del governo. «Del resto», spiega un renziano doc, «in tempi di euro-scetticismo subire una procedura d’infrazione sarebbe una medaglia da appuntarsi sul petto. In più, come insegnano i precedenti di Spagna e Portogallo, la Commissione pur facendo scattare la procedura d’infrazione non ha poi comminato la multa conseguente a Madrid e Lisbona. Dunque...».

Dunque, Renzi è deciso a forzare la mano. Anche se c’è il pericolo di una nuova offensiva degli speculatori, con conseguenti tempeste finanziarie e spread di nuovo alle stelle. E anche se è certo, come hanno dimostrato ieri gli attacchi dei rappresentanti della Cdu al presidente della Bce Mario Draghi, che andrà a sbattere contro i “nein” di Angela Merkel: la Cancelliera si avvicina alle elezioni federali del prossimo settembre e non può abbassare la guardia.

Il premier scommette sul referendum per presentarsi più forte alla trattativa. «Se passa come io credo questa riforma attesa da 40 anni che garantisce stabilità», ha spiegato Renzi ai suoi, «il prossimo anno ci divertiremo. A marzo ospiteremo il vertice per il sessantesimo anniversario dei trattati di Roma, poi celebreremo il G7 in Sicilia ed entreremo nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. Insomma, avremo modo di contare di più, mentre la Merkel sarà alle prese con una campagna elettorale paralizzante».

Nessun commento riguardo al vertice di ieri sera a Berlino tra Merkel, François Hollande e Jean-Claude Juncker. Del resto si tratta di un format, su agenda digitare e innovazione, che non ha mai visto partecipare l’Italia. E quel che aveva da dire, Renzi l’ha detto la settimana scorsa, quando ha realizzato che il direttorio a tre con Germania e Francia è tramontato: «Se tentano di intimidirmi si sbagliano, io non starò zitto».

Non lo è stato neanche ieri: «Assecondare l’austerità è stato un tragico errore. Nel biennio peggiore, quello 2012-13, gli investimenti pubblici sono passati da 40 a 20 miliardi. Non bisogna essere keynesiani per capire che in quel modo ammazzi la crescita». Al riguardo, Renzi ha annunciato: «Al vertice di Roma non arriveremo piangendo, ma con tre proposte per la crescita. Vedremo se Merkel e Hollande avranno voglia di ascoltarle».

 

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