Renzi verso l'assemblea del Pd, primarie di coalizione il 5 marzo e voto a giugno

Renzi verso l'assemblea del Pd, primarie di coalizione il 5 marzo e voto a giugno
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Venerdì 16 Dicembre 2016, 21:32 - Ultimo aggiornamento: 17 Dicembre, 19:57
Dare un messaggio di ascolto e attenzione al Paese, non restituire la fotografia di un partito perso nelle sue «beghe» interne. A due giorni dall'assemblea nazionale del Pd, Matteo Renzi lavora su queste due direttrici. Ed è questa la ragione per cui, raccontano i parlamentari a lui vicini, il segretario non avrebbe ancora deciso se aprire subito o meno la fase congressuale. Anche se in serata sembrerebbe più orientato in questa direzione, rinviando il confronto per la leadership a quando si chiarirà il quadro e la legge elettorale. Nel Pd non si nasconde in queste ore qualche preoccupazione.

La «frustrazione e delusione» degli elettori per l'inchiesta su Marra a Roma, osserva Roberto Giachetti, hanno un prezzo «pesantissimo» che «pagherà la politica, tutta». «Inchieste, inciuci, paludi e scalate, saranno il nostro futuro?», scrive il renziano Andrea Marcucci. Nel Pd è diffusa la convinzione che i casi Marra a Roma e Sala a Milano siano molto diversi, sia sul pieno giudiziario che politico. Sala - è l'idea diffusa - non avrebbe dovuto autosospendersi, perché «non si può fermare un'esperienza amministrativa per un avviso di garanzia». Ma è una «inquietudine» di fondo che trapela tra i Dem, mentre giunge la 'buonà notizia della chiusura indagini per un'inchiesta «strumentalizzata» come Banca Etruria.

C'è la sensazione, afferma Marcucci, fedelissimo di Renzi, di un ritorno al passato, a un clima da prima Repubblica, che il segretario Pd deve «contrastare» rilanciando «la sfida per il Paese». L'ex premier per ora resta fisicamente lontano dalla politica romana. In mattinata viene avvistato in un bar di Firenze da un militante che gli 'rubà un selfie e poi su Facebook esulta: «Ripartiamo!». Sulla bacheca virtuale di Renzi piovono intanto oltre 13mila messaggi.

E lui concede qualche risposta: «Si può perdere una battaglia ma non la voglia di cambiare. Avanti». Di riforme costituzionali non si parlerà più, afferma, per almeno un decennio, ma si può ripartire da temi come «lavoro» e «sud». E, fa mea culpa: bisogna essere più simpatici e «ascoltare di più».

Domenica in assemblea, presente il premier Paolo Gentiloni, il leader Pd parlerà dunque al partito e al Paese. E rilancerà la sua sfida. Non è ancora escluso che annunci da subito la fase congressuale. Per farlo, ci sarebbe bisogno di una deroga allo statuto e dunque in queste ore è in corso un sondaggio tra i membri dell'assemblea per capire se ci sarà un numero di presenze sufficienti. Ma soprattutto, spiegano dirigenti vicini al premier, «non possiamo dare ora alla minoranza un pretesto per rompere, per giunta sulle regole». E considerato che i bersaniani chiedono un percorso congressuale fatto nei tempi previsti da statuto, si starebbe facendo largo l'idea di annunciare il congresso o le primarie ma poi indirle solo quando il quadro politico sarà chiaro, dopo la sentenza della Consulta sulla legge elettorale.

Primarie di coalizione il 5 marzo e voto a giugno, è il percorso immaginato. Ma se si delineasse un sistema proporzionale, osserva qualcuno, una scissione del Pd sarebbe pressoché inevitabile. In ogni caso, la scelta domenica sta al segretario: «Decide lui», fanno sapere i franceschiniani. E Andrea Orlando fa capire che un congresso subito non sarebbe una buona idea: «Penso si debba parlare all'esterno e di come rilanciare il partito».

Quanto alla sinistra, l'area bersaniana domani tiene un'iniziativa guidata da Roberto Speranza, per un Pd diverso, immaginando un percorso non di scissione Dem ma di dialogo a sinistra.
E sempre domani Sel si scioglierà formalmente in vista della fase congressuale di fondazione del «nuovo partito della sinistra», probabilmente a febbraio. Ma a contendere quello spazio c'è anche Giuliano Pisapia, che lunedì terrà un'iniziativa a Bologna.
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