Arrestato a Lodi il sindaco Pd, Renzi e lo stillicidio allarmante: da qui al referendum sarà dura

Arrestato a Lodi il sindaco Pd, Renzi e lo stillicidio allarmante: da qui al referendum sarà dura
di Alberto Gentili
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Mercoledì 4 Maggio 2016, 08:51 - Ultimo aggiornamento: 09:02

La linea ufficiale è quella di sempre. Ed è la linea che Matteo Renzi fa mettere a verbale, dopo ben quattro ore dall'arresto del sindaco di Lodi Simone Uggetti, dal suo vicesegretario Lorenzo Guerini che nello stesso Comune è stato sindaco: «Ho conosciuto in questi anni Simone Uggetti come amministratore competente e accorto e come persona più che corretta e limpida. Detto questo, piena e totale fiducia nel lavoro dei magistrati, confidando che si faccia chiarezza con la massima rapidità». Insomma, rispetto e fiducia nei pm, a condizione però che vadano subito a sentenza. E riguardo al sindaco di Lodi, vale la regola del garantismo: «Una persona è innocente fino a sentenza definitiva. Se bastasse un avviso di garanzia, a decidere chi fa politica sarebbero i pm».

LA REAZIONE
Peccato che Uggetti sia stato arrestato. Una decisione, secondo il responsabile sicurezza del Pd Emanuele Fiano, «decisamente eclatante». Ed è inquietante, in base all'analisi dell'inner circle renziano, «lo stillicidio di azioni giudiziarie contro il governo ed esponenti del Pd». Un vero e proprio «assedio». «Ce n'è una a settimana...», sospira allarmato il deputato dem Vinicio Peluffo.

 

Per dirla con Renzi, che di più ai suoi non ha voluto dire, «da qui al referendum costituzionale di ottobre saranno mesi difficili». «Già, quanti giorni mancano al voto sulla riforma costituzionale?», s'interroga a sera un renziano, «150 circa. Beh, vorrà dire che ce ne arresteranno o inquisiranno 149, almeno a Ferragosto i pm si riposeranno...».
Il sospetto, insomma, è quello che agita governo e Pd da mesi, dopo la vicenda della Banca Etruria che ha coinvolto Maria Elena Boschi e dopo l'inchiesta di Potenza che ha portato alle dimissioni della ministra Federica Guidi: «C'è un disegno organico di certa magistratura per colpirci, in modo da far arrivare Renzi indebolito al referendum d'ottobre, quello su cui il premier gioca il suo destino politico. Del resto, da Tangentopoli in poi, la storia della Repubblica l'hanno scritta i pm». Più prudente, ma decisamente allusivo un altro renziano di alto rango: «Non possiamo pensare che c'è un complotto. Non possiamo pensarlo perché vorrebbe dire che c'è un disegno eversivo, il golpe di un potere dello Stato contro l'esecutivo. Ma certo, arrestare un sindaco per la gestione di due piscine con un utile di meno di 10mila euro, fa molto pensare...».

«EVITARE LA RISSA»
Ma queste parole, Renzi, non vuole che vengano messe nero su bianco. Dopo l'attacco del nuovo presidente dell'Anm, Piercamillo Davigo, il premier ha dettato una linea improntata alla prudenza e alla «diversità»: «Io nella rissa non mi faccio trascinare. Io non ricorro né al legittimo impedimento, né alla prescrizione come qualcun altro. E soprattutto chiedo ai giudici di andare a sentenza il prima possibile».

Ed è più o meno questo che Renzi manda Fiano a dire in tv: «Non si deve neppure pensare in democrazia all'ipotesi del complotto, sarebbe la fine dello Stato di diritto. Il Pd è il partito che ha fatto di più contro la corruzione: abbiamo aumentato le pene, abbiamo istituito l'Autorità anti-corruzione dandole poteri eccezionali. In più lavoriamo alla riforma dei partiti per individuare nuovi meccanismi di selezione della classe dirigente. Per questo è inaccettabile lo sciacallaggio di Lega e Cinquestelle. Salvini deve essersi dimenticato dello scandalo delle dentiere, delle quote latte, delle mutande verdi pagate dai contribuenti, dei diamanti. E Grillo non ha memoria degli scandali cinquestelle a Bagheria, Quarto, Livorno».

Parole che stanno a dimostrare quanto Renzi rifiuti l'idea che esista una questione etica nel Pd. «Nessuno può darci lezioni, nessuno può farci la morale», scandisce il premier con i suoi.