Referendum, l'analisi dei flussi: a Milano seggi deserti. Il governatore veneto raddoppia i consensi

Referendum, l'analisi dei flussi: a Milano seggi deserti. Il governatore veneto raddoppia i consensi
di Diodato Pirone
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Lunedì 23 Ottobre 2017, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 13:01
La chiave di lettura dei due referendum di Lombardia e Veneto non sta nel differente dato dell’affluenza che vede il Veneto nettamente in testa rispetto alla Lombardia. Per capire quanto il tema dell’autonomia sia sentito in profondità nelle due principali regioni produttive italiane bisogna partire da un punto di riferimento comune: i voti raccolti dai due presidenti, entrambi leghisti, nelle ultime regionali. Ebbene il governatore del Veneto, Luca Zaia, il 31 maggio del 2015 vinse raccogliendo un filo più di 1,1 milioni di voti. Due anni prima, il 24 febbraio 2013, Roberto Maroni era stato eletto presidente della Lombardia con 2,4 milioni di voti. 

Ieri alle 19 - ultimi dati disponibili per l’ora in cui scriviamo - risultavano aver votato al referendum più di 2 milioni di veneti (oltre il 50% del corpo elettorale) e oltre 2,4 milioni di lombardi (il 31% degli aventi diritto). Quindi l’iniziativa di Zaia risulta aver incontrato il consenso o l’interesse di un’area doppia rispetto al proprio elettorato (e i dati finali saranno ancora più lusinghieri per il governatore veneto) e anche Maroni, sia pure con una spinta molto minore, pare aver ampliato la propria sfera di consenso. «A dispetto delle apparenze, i numeri ci dicono che è sbagliato parlare di vittoria degli autonomisti in Veneto e di flop in Lombardia - spiega Enzo Risso, direttore della società di sondaggi SWG - Si tratta di due dinamiche differenti ma in entrambi i casi l’area degli elettorati sensibili all’autonomia è cresciuta».

Secondo Risso i due governatori hanno avuto il merito d’aver colto una spinta presente fra gli italiani: la voglia di una politica più vicina al territorio e alle comunità locali. Secondo la SWG, infatti, oggi il federalismo è un tema sentito dal 31% degli italiani contro il 10% appena registrato vent’anni fa, nel 1997.

LA DIVARICAZIONE
Gli elettorati delle due Regioni, però, hanno messo in evidenza comportamenti molto differenti. In Veneto le province che alle 12 e alle 19 avevano registrato il maggior afflusso, sono state quelle più dinamiche economicamente, quelle dei capannoni e dell’export record: Vicenza (55,9), Treviso (51,6) e Padova (52,1). In Lombardia, invece, i motori dell’economia come Milano e tutte le città capoluogo sono rimaste molto più fredde verso il referendum rispetto alla provincia profonda. I milanesi, in particolare, paiono proprio aver ignorato le urne poiché alle 19 aveva votato solo un elettore su cinque (il 21,3% per l’esattezza).
Ma la stessa dinamica si registra ovunque: a Brescia, ad esempio, l’affluenza del capoluogo alle 19 era pari al 28% contro il 36% dell’intera provincia; a Bergamo il capoluogo era al 30% contro il 39% dell’intero comprensorio provinciale.

Come mai questa divaricazione fra “città” e “campagna”? «La Lombardia non ha avuto la Repubblica Serenissima e ha un tessuto economico diverso da quello del Veneto - sintetizza Risso - Milano è una grande metropoli europea e nazionale, è globale ed è dunque meno attratta dal localismo. E poi c’è stato sicuramente l’effetto Catalogna con la grande fuga delle banche da Barcellona che deve aver colpito l’immaginario collettivo delle fasce di popolazione che vivono di servizi». 

Resta il fatto che anche in Lombardia si è recata alle urne una “minoranza” di combattimento piuttosto consistente. Quantitativamente analoga come dimensioni a quel 40% coagulatosi intorno al referendum del 4 dicembre sull’abolizione del Senato. «Questi referendum di Veneto e Lombardia dimostrano che l’autonomia regionale non è patrimonio di una piccola minoranza - chiosa Risso - nel Paese ci sono gruppi consistenti di elettori interessati ai temi che potremmo definire di Democrazia Civica, siano essi l’autonomia regionale oppure la riforma delle istituzioni. Un segnale di vitalità per l’Italia da non sottovalutare».
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