Referendum lombardo-veneto costa 64 milioni. Scontro sulle spese per la sicurezza ai seggi

Zaia (ansa)
di Claudia Guasco
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Venerdì 20 Ottobre 2017, 08:53 - Ultimo aggiornamento: 21 Ottobre, 07:47

Lo schiaffo è arrivato proprio sul gran finale, mentre i governatori di Lombardia e Veneto lanciavano gli ultimi appelli al voto. E' la foto del presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini, seduto accanto al premier Paolo Gentiloni, che firma la dichiarazione d'intenti per una maggiore autonomia della sua regione. La decisione di ricorrere all'articolo 116 della Costituzione risale al 17 luglio, in tre mesi e a zero euro l'obiettivo è stato raggiunto. L'iter per il referendum lombardo-veneto, invece, è partito il 17 febbraio 2015, la consultazione costerà 50 milioni di euro al Pirellone e 14 milioni a palazzo Balbi.

DEBUTTA L'ASSISTENTE DIGITALE
Se le questioni politiche annesse al voto per il federalismo non scaldano gli elettori, è l'aspetto economico a creare parecchi malumori. «Denaro buttato per trasferire competenze che potevano essere spostate gratis», sostengono gli astensionisti. «Macché, sono soldi spesi bene. La democrazia ha un costo e poi quei 24 mila tablet saranno destinato alla digitalizzazione delle scuole. Inoltre 50 milioni sono un'inezia rispetto all'opportunità di portare a casa i 56 miliardi di residuo fiscale», spiega Mariestella Gelmini, coordinatrice della campagna referendaria per Forza Italia.

Il Pirellone ha organizzato il referendum alla grande: voting machine, seggi veri e non gazebo per strada, tecnici che assisteranno gli elettori al momento del voto elettronico. Ad arrivare a 50 milioni si fa in fretta. Per i tablet 11 milioni Iva compresa, più 4,4 milioni per il software e altri 4,4 milioni per il servizio di assistenza e la formazione del personale che farà funzionare i dispositivi.

Accanto alle tradizionali figure del presidente e degli scrutatori, infatti, col voto elettronico debutta l'assistente digitale: settemila persone assunte per due giorni dalla Diebold Nixdorf, tramite Manpower. E ancora: un milione e 600 mila euro se ne è andato in spot e manifesti, 1,7 milioni per spese di comunicazione, 24,6 milioni sono già accantonati nel bilancio di previsione 2017 alla voce referendum consultivo. Nel frattempo il Viminale ha presentato il conto per la sicurezza ai seggi: 3,5 milioni. Il governatore lombardo Roberto Maroni non si scompone: «Sapevamo che erano a nostro carico. E' positivo, significa che lo Stato riconosce che la Regione può avere competenza anche sulla sicurezza».

SCHEDE, TIMBRI E INCHIOSTRO
Irritato invece il collega veneto Luca Zaia, che definisce la richiesta di 2 milioni «una doccia fredda, per ora non li pago». Con 14 milioni Palazzo Balbi ha coperto le spese del personale e ha acquistato quattro milioni e mezzo di schede e relative ricevute, 62.555 manifesti, 10.500 verbali, 5.213 urne e altrettanti pacchi di cancelleria, 5.500 kit contenenti timbri, boccette d'inchiostro, tamponi, 31 mila matite copiative. Se non si raggiungerà il quorum del 50% più uno degli aventi diritto di voto, cioè 502.034.280 elettori, finirà tutto nel cestino. Quanto ai tablet lombardi, gli esperti sono scettici sulla loro efficienza dopo la conversione: «Anche se la componente schermo venisse separata e sostituita con un software per uso tradizionale, il suo utilizzo sarebbe limitato rispetto anche al più basico dei tablet commerciali». Ma i sostenitori del referendum guardano oltre. Come la Gelmini: «Riporteremo sul territorio, per servizi e investimenti, le risorse che ingrassano lo Stato».

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