Rai, la carica dei partiti per il cda. Scontro nel Pd Renzi punta su un dg forte

Rai, la carica dei partiti per il cda. Scontro nel Pd Renzi punta su un dg forte
di Claudio Marincola
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Mercoledì 5 Agosto 2015, 05:44 - Ultimo aggiornamento: 14:56

Dal cilindro renziano spuntano i nomi che non t'aspetti: Guelfo Guelfi, Franco Siddi, Rita Borioni, cui si aggiungono i consiglieri votati dagli altri partiti, Carlo Freccero, Paolo Messa, Giancarlo Mazzuca e Arturo Diaconale. Il nuovo cda è la prima tappa di un percorso assai tormentato che non si è ancora concluso. Il quadro si completerà oggi con la nomina del dg e, se tutto va bene, del presidente. Per la prima poltrona, la più importante resta in pole position il manager di Mtv Antonio Campo Dall'Orto. Ieri Renzi dal Giappone lo ha definito «nome di altissimo valore». Per la seconda, quella del presidente, la scelta sarà più complicata: servono i due terzi dei voti della Vigilanza, (27 su 40), ovvero l'accordo con FI. Si fa il nome di Barbara Palombelli ma restano in corsa anche Marcello Sorgi, Antonella Mansi e Massimo Bray.

ASPETTANDO IL SUPER-DG

E veniamo ai “magnifici 7”.

Hanno profili che a caldo qualcuno ha definito «altissimi», altri, forse perché più esperti di antenne e tv, talmente bassi da risultare, ad esclusione di Freccero, non pervenuti. Nel disegno renziano avranno un ruolo di gestione e di controllo fermo restando che il vero playmaker sarà il dg. Quando il ddl di riforma già approvato al Senato avrà il via libera della Camera, il dg assumerà infatti a tutti gli effetti il ruolo di ad. Un supermanager in grado di superare i veti e svincolarsi dai partiti.

Prima e dopo, come accade puntualmente ad ogni rinnovo dei cda a San Macuto, ieri è andata in scena una replica estiva dell'estrazione del lotto. E sulla ruota dem in commissione parlamentare di Vigilanza si è consumata l'ennesima rottura con la minoranza che aveva puntato tutte le sue fiches su Ferruccio de Bortoli e torna a casa a mani vuote. Sel e M5S hanno scelto di convergere su Freccero. I centristi su Messa. E FI è riuscita a occupare le due caselle restanti con Diaconale e Mazzuca. Molti sarebbero stati a quanto pare anche i “no”. Ad esempio quello Paolo Ruffini che ha preferito restare alla direzione di Rete di Tv2000.

Per evitare imboscate i tre nomi indicati dal Pd sono stati proposti poco prima del voto. È stato a quel punto che Federico Fornaro e Miguel Gotor, esponenti della minoranza dem, hanno puntato i piedi: loro avrebbero votato comunque de Bortoli, mentre il terzo dissidente dem, il senatore Claudio Martini si sfilava («non posso tradire Guelfo, è un mio amico d'infanzia»).

LO SCONTRO

Il clima s'è fatto rovente. Michele Anzaldi, segretario della Vigilanza, è salito di qualche tono per dire che lui, pur essendo «un fan di de Bortoli», e considerandolo «un grande direttore» non avrebbe mai votato per chi aveva definito il Pd, «al limite della querela», «un partito di massoni». «Non solo non lo voterei - ha specificato Anzaldi - ma non credo che lo stesso de Bortoli si aspetti un voto da me...». Lo scontro è andato avanti per qualche minuto fino a quando si è capito che nessuna intesa sarebbe stata possibile. «Si era parlato di identikit inattaccabili ma non mi sembra che sia andata così - commenta a caldo Fornaro - de Bortoli non è un mio amico, era una scelta coerente e di alto livello; il fatto che in passato ci abbia attaccati non è un buona ragione per bocciarlo. Anzi. La verità è che queste nomine rispondono a logiche di lottizzazione». Pensieri e parole condivisi in buona sostanza dall'Usigrai. Non la pensa così Alfano per il quale «la maggioranza tiene» e i nomi del nuovo cda «sono buoni». Il presidente della Vigilanza, il grillino Fico accusa Renzi di «essersi comportato da buffone». La Camusso, leader Cgil, alludendo alla nomina di Guelfi, giudica «non di particolare buon gusto mettere lo spin doctor delle proprie campagne elettorali nel cda». E i nuovi? Freccero «vuole togliere le rughe alla Rai». La Borioni ha già detto che si ispirerà a Enzo Siciliano. Dimenticando forse che lo scrittore lasciò dopo 2 anni la presidenza di viale Mazzini. E di Rai non volle sentir parlare più.