Cantone: «Non ci può essere lotta alla corruzione senza cultura della legalità»

Cantone: «Non ci può essere lotta alla corruzione senza cultura della legalità»
di Camilla Mozzetti
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Martedì 25 Ottobre 2016, 21:07 - Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 18:47
«La lotta alla corruzione è, prima di tutto, una lotta di cultura». Parola di Raffaele Cantone e di Paola Severino. E’ su questo binario che ha preso corpo e si è sviluppato il convegno, tenutosi all’ateneo Luiss - Guido Carli, dal titolo “La lotta alla corruzione nella Pubblica amministrazione”, organizzato dalla “school of Government” con il contributo dell’associazione Alumni dell’università. A moderare l’incontro, che ha avuto come ospite d’eccezione il presidente Dell’Anac Cantone, il Magnifico Rettore della Luiss, Paola Severino. Corpo centrale e oggetto di discussione, gli strumenti con i quali lo Stato italiano quotidianamente prova a sconfiggere uno dei suoi mali endogeni. Le ripercussioni che proprio la corruzione spalma in ogni strato del vivere civile, le procedure messe in campo in un’azione di contrasto. Ma prima di tutto l’analisi su come davvero la lotta alla corruzione può produrre risultati efficaci e duraturi: l’educazione alla cultura della legalità.

«Per lotte così impegnative - ha esordito la professoressa Severino - è necessario prima di tutto sradicare la cultura della corruzione anche attraverso l’università; non basta dire che ogni forma di corruttela è un peccato che affligge la società, dobbiamo insegnare la gravità del fenomeno perché non è si è più furbi, si è solo più delinquenti a procedere su strade sbagliate». Convinto sostenitore di questa tesi, il presidente dell’Associazione nazionale anticorruzione che, proprio con il Rettore della Luiss, lavorò alla redazione della legge 190/2012 notoriamente conosciuta come legge “Severino”. Ad oggi i meccanismi per portate avanti una lotta contro la corruzione non mancano. C’è tuttavia un “deficit” che risiede innanzitutto nella scarsa conoscenza da parte di funzionari pubblici, dirigenti, in breve nell’intera macchina della pubblica amministrazione: la scarsa conoscenza. «Una delle difficoltà che ravvediamo - ha spiegato Cantone - nell’applicazione delle norme è quella di interloquire con un personale consapevole».

Ecco dunque che nell’attività di prevenzione alla corruzione, norme come la legge Severino o il decreto 33/2013 sulla trasparenza o ancora il piano triennale di prevenzione alla corruzione, paiono strumenti «calati dall’alto - aggiunge ancora Cantone - quando poi in realtà, soprattutto il piano di prevenzione, svolge un ruolo di formazione alla cultura della legalità a prescindere dall’attività di prevenzione». In sostanza, è bene - anzi doveroso - perseguire tutte quelle strada, anche a partire dall’università, che sappiamo formare i giovani a una cultura della legalità, non di rado in Italia soggetta a pesanti rallentamenti. Anche la trasparenza nella pubblica amministrazione, la rendicontazione precisa ai cittadini di quanto spende, ad esempio, un ente e per quale motivo «se bene interpretata – conclude il presidente dell’Anac - non è soltanto un onere burocratico». In ultimo, prima della tavola rotonda che ha approfondito procedure, portando ad esempio casi reali, e raccordando il pensiero di professori e studiosi di diritto, un riferimento alla riforma Costituzionale. «Non ho mai nascosto il mio pensiero», ha risposto il presidente Cantone a chi gli chiedeva esiti nella lotta alla corruzione, tramite la riforma soggetta a Referendum. «La riforma del Titolo V ha ampliato la corruzione, ha moltiplicato i centri di spesa, attribuendo, ad esempio, meccanismi di competenza senza chiare spiegazioni, ha prodotto l’apertura delle “ambasciate” delle regioni presso stati stranieri senza ragioni specifiche in materia turistica».
 
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