Il fatto è che su ben altro vagone si faceva affidamento dalle parti pisapiane, quello di Romano Prodi. «Se Prodi scende in campo ci metterei la firma», aveva detto speranzoso Pisapia la sera prima. Ma ecco che dal Prof leader dell'Ulivo e fondatore del Pd giunge la doccia fredda: «Io sono un pensionato, anzi, un pensionato felice», ha scandito Prodi ai giornalisti prima di partecipare alla presentazione del suo libro. Quindi ha spiegato che tutti coloro che lo hanno o lo stanno tirando in ballo «si sbagliano», che l'Ulivo «non tornerà», che lui «non sarà candidato premier» e che sempre lui, Prodi, «non è l'unico in grado di unire il centrosinistra».
IL LAVORIO
Se a tutto questo si aggiunge che, nonostante le pressioni e gli inviti, il Professore non si farà vedere alla manifestazione di lancio del Campo progressista di Pisapia il primo luglio, si può concludere che il convoglio è sì ormai partito, ma il vagone prodiano assai difficilmente si aggancerà.
Raccontano di un accorto e vigilante lavorio di Arturo Parisi, sempre attento a distinguere le ragioni politiche da quelle personali, e tra le prime il professore sardo ha sempre fatto presente che «non si capirebbero le ragioni di una intesa assieme a quelli che hanno sempre remato contro l'Ulivo e la prospettiva stessa del Pd», e quando dice queste cose ogni riferimento a D'Alema è voluto e cercato.
LE POSSIBILITÀ
Nel contempo, Renzi si mostra freddo nei confronti del predecessore di Sala a Milano. L'invito a un rapporto politico ed elettorale non viene meno, rimane, ma viste le risposte ricevute finora, assieme alla percezione che in effetti «il treno è partito», il leader del Pd non fa più di tanto per coltivare il rapporto. Le alleanze possibili? Si fanno sui programmi, insiste Renzi, ed elenca proprio quei temi in parte già cavalcati anche da Pisapia (referendum, jobs act, temi che la sinistra più a sinistra rinfaccia allo stesso ex sindaco di Milano), in parte oggetto principale della campagna elettorale, quando sarà, nonché punti centrali della sinistra riformista di marca renziana: le tasse e la Ue. Dice Renzi a mo' di sfida: «L'alleanza si fa sui contenuti, non sui nomi. Quali contenuti? Tasse su o giù, numeri del jobs act, stare in Europa con una linea di flessibilità o di austerity». Quanto a Bersani, «se ne sono andati dal Pd per non fare le primarie».
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