Il procuratore Carlo Nordio: «L'inasprimento non serve, meglio semplificare le norme»

Il procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio
di Claudio Marincola
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Sabato 13 Dicembre 2014, 06:18 - Ultimo aggiornamento: 08:52
Carlo Nordio, procuratore aggiunto di Venezia, è passato dall'inchiesta sulle coop rosse allo scandalo del Mose. Senza dimenticare la maxi-tangente Eni. Il refrain però è sempre lo stesso: tangenti ai partiti, tangenti ai politici, tangenti a iosa. Una corruzione dilagante ormai quasi senza soluzione di continuità. Una corsia parallela e permeabile che scorre ormai dentro la storia del nostro Paese e lo inquina da cima a fondo.



Dottor Nordio qual è il suo giudizio sulle misure anti-corruzione adottate dal governo.

«Comprendo che la politica ora voglia rassicurare i cittadini e che dunque si voglia fare la faccia feroce. É la politica della ragione che la ragione non conosce. Non sempre però quando si agisce sull'onda emotiva, in questo caso sulla spinta dettata dallo sdegno per le vicende romane, le scelte che vengono adottate sono razionali. La politica parla all'emotività».



E quando la politica arriva dopo la magistratura vuol dire che si interviene a scoppio ritardato.

«È già tardi, il danno è stato fatto. E noi possiamo cambiare le pene quanto vogliamo, possiamo inasprirle ma il danno resta e neanche il Papa ormai può farci niente. Qualsiasi intervento si voglia fare l'efficacia deterrente non c'è stata».



A bocce ferme cosa sarebbe stato meglio fare secondo lei?

«Invece di intervenire sulle cause, che ormai conosciamo molto bene: l'avidità personale, il bisogno di finanziamento dei partiti e più in genere della politica, occorre intervenire sugli strumenti che rendono possibile la corruzione. Per strumenti intendo l'apparato normativo bizantino, le tante leggi spesso in forte contraddizione fra loro. A volte queste leggi sembrano fatte apposta perché un pubblico ufficiale possa farsi corrompere. É un problema di approccio, voglio dire, non di maggior repressione. L'inasprimento non serve a niente quando rimane una discrezionalità che a volte sconfina nell'arbitrio».



Anche in passato agire soltanto sull'onda emotiva ha giocato brutti scherzi. Mentre la confisca e l'attacco ai beni hanno dato risultati immediati.

«Serve un intervento sistematico e invece abbiamo una legislazione improntata all'emotività, penso al sequestro Moro o alla vicenda Valpreda. Il principio fondamentale di un ordinamento giuridico non deve essere né ad personam né ad factum. Le leggi fatte sulla spinta di un elemento contingente si sono sempre rivelate nell'arco del tempo come leggi sbagliate».



Meno leggi, meno corruzione?

«Con una legislazione semplice, trasparente ridurremo la corruzione nel nostro Paese».



Inasprendo le pene si allungano i tempi della prescrizione. E' un altro problema?

Qui il discorso sarebbe molto lungo e più vasto. Diciamo che il problema della prescrizione è legato alla ragionevole durata del processo. La prescrizione attiene perciò allo sfascio del sistema penale, sfascio che dipende anche dalle risorse esigue che verranno ulteriormente ridotte ora che in modo schizofrenico il governo manderà in pensione i 500 ma forse anche 600 magistrati che hanno dai 70 ai 75 anni. Basterà un colpo di penna e se ne andranno proprio quelli che ricoprono le cariche più importanti. E sarà la pietra tombale della giustizia, la paralisi del Csm».