Tempi del processo/ Prescrizione lunga: rischio di forzature

di Cesare Mirabelli
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Venerdì 29 Aprile 2016, 00:13 - Ultimo aggiornamento: 00:57
Due istituti di rilevo nel settore penale sono in discussione in Parlamento: la durata della prescrizione per reati particolarmente odiosi ed insidiosi, quale è la corruzione, e la disciplina delle intercettazioni telefoniche. 
Si tratta di due istituti molto diversi tra di loro. Il primo riguarda il diritto sostanziale, disciplinato dal codice penale, ma si riflette sulla durata massima che può essere ammessa per il processo.

La disciplina delle intercettazioni telefoniche è, invece, contenuta nel codice di procedura penale. Riguarda non solo quando sia ammessa, e con quali garanzie, l’intrusione nella sfera privata delle persone, che la Costituzione protegge assicurando la libertà e la segretezza delle comunicazioni, ma anche e soprattutto l’ambito e le modalità di conoscenza del contenuto delle intercettazioni.
Due istituti diversi e non assimilabili, che tuttavia si intrecciano nel dibattito politico e parlamentare, sino a prefigurare un possibile reciproco condizionamento, dal quale possono derivare soluzioni pasticciate. Per non perdere di vista la logica che ispira questi due istituti, occorrerebbe riflettere e comprendere le ragioni sostanziali di ciascuno di essi. La prescrizione risponde ad una regola di civiltà e costituisce una garanzia essenziale per i cittadini. Non può essere superficialmente considerata, come spesso appare, il premio conseguito dai furbi, che si avvantaggiano dalla inefficienza e dalla durata del processo, sottraendosi alla condanna. Non di rado costituisce il percorso di una lunga afflizione cui l’innocente è sottoposto, se si protrae una ingiusta incertezza. Lasciando da parte queste, che possono essere valutazioni soggettive legate a stati d’animo, vi è un principio giuridico che impone termini ragionevoli per la prescrizione. La pretesa punitiva dello Stato non può essere esercitata indefinitamente nel tempo, lasciando la persona, ogni persona, nella posizione non di innocente o colpevole, ma di “giudicabile”. 

 
I termini della prescrizione, a partire da quando il reato è stato commesso, sono stabiliti in relazione alla sua gravità, quale è ordinariamente misurata dalla durata della pena che può essere inflitta. I tempi della prescrizione possono anche essere determinati per le singole fasi del processo. Ci possono essere sospensioni e interruzioni del decorso della prescrizione. Ma alla fine è il tempo complessivo che conta, e gioca per valutare la ragionevole durata del processo.
La Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per la cui violazione il nostro Stato più volte ha subito condanne dalla Corte di Strasburgo, stabilisce il diritto di ogni persona ad un’equa e pubblica udienza, entro un termine ragionevole, per stabilire la fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta. Si ha diritto ad una decisione definitiva, di innocenza o di colpevolezza. 
La Costituzione si è accodata, stabilendo formalmente, con una legge costituzionale del 1999, il principio della ragionevole durata del processo, che si poteva ritenere implicitamente compreso nel diritto fondamentale di difendersi in giudizio, che la legge deve assicurare. 
In base a questo principio ci si deve chiedere se sia ragionevole la durata di un processo che, sia pure per un reato particolarmente odioso, come abbiamo detto essere la corruzione, può portare alla assoluzione o alla condanna definitiva dopo oltre venti anni da quando il fatto è stato commesso. Quando, inoltre, si giudicherebbe non un reato, ma la “storia” di un reato, mentre la pena perderebbe del tutto la finalità rieducativa, che la Costituzione impone, e che richiede una distanza temporale ragionevole, appunto, tra il compimento dell’azione che viene punita, la condanna e la espiazione della pena. 
Chi manifesta riserve sull’aumento dei tempi della prescrizione si colloca nel campo di chi vuole indebolire la lotta alla criminalità ed alla corruzione ? Nient’affatto. Significa segnalare come sia illusorio risolvere il cattivo funzionamento dell’organizzazione giudiziaria, che determina un gran numero di processi estinti per prescrizione, spostando semplicemente l’asticella del tempo. Sarebbe far pulizia mettendo la polvere sotto il tappeto. Se si verifica empiricamente quali sono i tempi morti del processo, e quante volte singoli atti devono essere rinnovati per errati adempimenti non tempestivamente rilevati, ci si rende conto che le carenze organizzative determinano in larga misura la prescrizione e che le regole sostanziali e processuali non risolvono questo problema. 
Delle intercettazioni telefoniche si è discusso a lungo. Ora non si tratta di limitarne l’ampio uso che ne viene fatto, ma di evitare che da strumento indispensabile per le indagini su fatti di rilevanza penale, diventino mezzo di diffusione del gossip di derivazione giudiziaria. E’ evidente il rischio che presenta l’uso improprio o la diffusione del contenuto di conversazioni di chi non è indagato e che poco hanno a che fare con il reato. Lo hanno colto alcuni tra i più autorevoli Procuratori della Repubblica, che hanno opportunamente emanato disposizioni interne per stabilire le modalità di azione dei loro uffici. 
La costituzione riserva alla legge la disciplina di questa materia, ed il Parlamento rinuncerebbe al suo ruolo operando con deleghe dagli incerti contorni, come è spesso d’uso nel dettare i principi e criteri direttivi della delega legislativa, o nella prospettiva del puro recepimento di disposizioni adottate dalla magistratura nel contesto del vecchio quadro normativo. 

 
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