Pisapia: «Lavoriamo con Renzi ma non comanda lui»

Pisapia: «Lavoriamo con Renzi ma non comanda lui»
di Marco Conti
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Domenica 24 Settembre 2017, 10:16 - Ultimo aggiornamento: 25 Settembre, 09:13

Avvocato Pisapia, il Rosatellum bis a lei non piace, ma se dovesse diventare legge tornerebbero le coalizioni. Perché dite no?
«È certamente indispensabile approvare una nuova legge elettorale che scongiuri di andare al voto con il Consultellum, un sistema disarmonico per i due rami del Parlamento e che porterebbe inevitabilmente a uno stallo di ingovernabilità o ad alleanze non volute dagli elettori. Purtroppo però la bozza del Rosatellum bis presentata in settimana non ha i presupposti per garantire la governabilità del Paese ed è un passo indietro rispetto al 50 e 50 della prima versione. Così non si rispetta il diritto dei cittadini a scegliere i propri rappresentanti, condizione dettate dalla Corte Costituzionale. Prevede bensì liste bloccate e due terzi di proporzionale, un sistema che apre le porte a governi di larghe intese, e quindi ad alleanze non volute dagli elettori».

Se dovesse essere approvato andreste da soli?
«Sono un po' stufo di parlare di mere ipotesi, con il Mattarellum sarebbe stato diverso. Oggi c'è una legge, che deriva dalla sentenza della Corte Costituzionale, decisamente proporzionale. Non perché la Consulta fosse favorevole a questa legge ma in quanto è compito del Parlamento e non della Consulta fare le leggi. E, col proporzionale, è del tutto evidente che le alleanze si scelgono dopo».

Non temete di essere accusati di consegnare il Paese alle destre, Grillo o Berlusconi che sia?
«Mi dicono che cambio idee. Io sono sempre stato coerente. Basta leggere quanto ho sempre detto, non quello che altri mi attribuiscono. Le destre e il populismo sono i nostri e i miei avversari».

Quali saranno i criteri per le candidature, primarie anche in questo caso?
«C'è bisogno di un ricambio generazionale, cosa ben diversa dalla rottamazione, anche perché è sempre utile il contributo di chi ha esperienza e professionalità. Persone che amino l'impegno sociale e che non si limitino a dire cose di sinistra ma che siano anche capaci di farle. Ritengo importante dare voce e spazio alla cittadinanza attiva, a tutte quelle associazioni laiche e cattoliche che lavorano sul territorio per il bene del Paese. Una delle ipotesi è quella di indicare alcuni garanti, che non si presentino alle elezioni, e che siano in grado di assicurare candidature che rispecchino tutte le anime di quell'ampio campo progressista che vogliamo portare a governare il Paese».

Come prosegue la composizione del Campo Largo?
«Abbiamo un rapporto molto positivo e propositivo, non strumentale, con il mondo ambientalista, con il civismo, con l'associazionismo, laico e cattolico, con il cattolicesimo democratico che è stato importante nell'esperienza dell'Ulivo. Ritengo che culture, esperienze, percorsi anche diversi, uniti però nei valori e nei princìpi, e in grado di assumersi la responsabilità di governo, siano fondamentali. Le differenze possono essere una ricchezza se l'obiettivo è lo stesso. Bisogna essere capaci di valorizzare ciò che unisce».

Non rischiate di diventare una sorta di traghetto per vecchie leadership in cerca di rivincite?
«Come Campo Progressista siamo, ed eravamo, consapevoli della difficoltà del nostro percorso teso a unire e non a dividere, a costruire ponti e non muri. Non siamo ingenui e, tanto meno, irresponsabili. Abbiamo sempre detto che una somma di sigle e leadership sarebbe destinata a fallire, un grande progetto di rinnovamento radicale e di governo sarebbe invece destinato al successo. Dobbiamo recuperare la fiducia dei milioni di elettori che nelle ultime sfide elettorali non hanno più votato né il PD né la sinistra o il centrosinistra e i tanti che non sono neppure andati a votare».

Ora il Pd e prima i Ds hanno sempre cercato di stringere alleanze a destra. Perché Mastella e Dini andavano bene e ora Alfano no?
«Intanto dovrebbe chiederlo ai Ds e al PD. In ogni caso un conto è il centro o i moderati, un altro le destre. Quelle esperienze strabiche e incongruenti hanno tutte portato a governi che hanno sempre avuto vita breve. Quando i governi erano costruiti su alleanze spurie hanno sempre avuto una vita difficile e non hanno resistito al tempo. Io vorrei un governo di centrosinistra che abbia il tempo e la forza di cambiare il Paese, senza cercare voti in Parlamento ogni volta».

L'approvazione dello ius soli influirà nei rapporti con il Pd?
«Preferisco definirlo ius culturae, una legge di civiltà e democrazia per chi vive e studia in Italia. Il Pd è riuscito talvolta a far approvare delle leggi anche in pochi giorni. Ha chiesto spesso la fiducia su singoli provvedimenti, tra cui anche sulla legge elettorale. So bene che ci sono delle difficoltà parlamentari ma bisogna fare tutto il possibile anche perché così ognuno si prenderà le proprie responsabilità».

Le primarie per la scelta del candidato premier, qualora dovesse essere approvato il Rosatellum, sono una precondizione per un accordo col Pd?
«Negli ultimi vent'anni le primarie per la leadership delle coalizioni ci sono sempre state, anche con questo statuto del Pd. Non sono un dogma ma in una coalizione programma e candidato premier devono essere condivisi. Sono un metodo virtuoso. È difficile dire: lavoriamo insieme ma comando io a prescindere».

C'è chi suggerisce di non votare la Nota di aggiornamento del Def come ritorsione al Rosatellum. Condivide? Voterete la legge di Bilancio?
«Avremo un incontro con il governo perché Nota e legge di Bilancio si votano quando si condividono i provvedimenti in essa contenuti. Sosterremo provvedimenti per il sostegno alla povertà, l'ambiente o alla revisione dei superticket».

Il M5S può diventare un interlocutore nella prossima legislatura?
«Siamo passati da uno vale uno all'incoronazione del capo politico con pieni poteri. E tutto questo condito con posizioni sempre più reazionarie. Su singoli provvedimenti positivi si può sempre ragionare insieme. Un'alleanza organica certo che no».

E Berlusconi?
«No. Ricordo che io Berlusconi l'ho sconfitto a Milano dopo vent'anni di malgoverno di destra».

Le è piaciuta l'imitazione di Crozza?
«Posso risponderle in modo spiritoso? Crozza mi è molto simpatico e ho riso quando ha fatto la mia imitazione peraltro indicandomi apertamente come uomo di sinistra e come sindaco che era riuscito a strappare Milano alle destre.

Minchia però non è una parola del mio vocabolario. Spero che il successo di Crozza non mi costringa a imparare a usarla».

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