Per Berlusconi spunta l’ipotesi della grazia alla fine della fase costituente

Silvio Berlusconi
di Marco Conti
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Domenica 20 Luglio 2014, 13:10
Matteo Renzi non commenta le sentenze, come ha ribadito ieri dal Mozambico, figuriamoci se ribatte alle ipotesi di grazia che molti azzurri rilanciano dopo la sentenza d’assoluzione per Silvio Berlusconi. La richiesta non è nuova e non è certo indirizzata al presidente del Consiglio, visto che non è sua prerogativa concedere il provvedimento di clemenza che spetta al Capo dello Stato.





IPOTESI

Un’ipotesi che lo stesso Berlusconi ora non considera, ma che viene valutata ad Arcore - con molta cautela - qualora si realizzino due eventualità. Ovvero il completamento dell’iter delle riforme istituzionali e la partecipazione di FI all’elezione del nuovo Capo dello Stato. Andiamo con ordine. Ciò che ora interessa più di ogni altra cosa a Renzi è il voto sulle riforme istituzionali. L’assoluzione decisa dal tribunale di Milano aiuta non poco il patto del Nazareno. I due principali contraenti intendono rispettarlo e il fatto che ieri il premier abbia detto che lo avrebbe fatto anche in caso di condanna, certifica che l’intesa va ben oltre i destini personali dei due. Destini alle prese con problemi molto diversi ma che in comune hanno lo stesso obiettivo: mantenere - in modi ovviamente molto diversi - la leadership nel rispettivo schieramento. Renzi ha davanti mesi difficili. Deve stringere su molte delle riforme promesse al proprio elettorato e Bruxelles, stilare la legge di stabilità e vincere la battaglia europea per le poltrone in Commissione. Sino a febbraio Berlusconi sarà impegnato nei servizi sociali e con un pacchetto di processi il cui risultato potrebbe offuscare l’assoluzione di Milano. A «passare la mano», come prova a chiedergli l’ex ministro Quagliariello, il Cavaliere non ci pensa proprio - al netto del "padre nobile" buono per tutte le stagioni - e la strategia resta la stessa: essere uno dei padri costituenti della nuova Repubblica post riforme elettorali e nuova legge elettorale. Un obiettivo che il Cavaliere persegue anche a dispetto di chi, chiedendo la grazia subito, prova a mettere una condizione "irricevibile" sul percorso della riforme.





CAIMANO

«Se qualcuno ha nostalgia del Caimano se lo levi dalla testa», spiega un ex ministro azzurro. Restare avvinghiato al patto del Nazareno è infatti l’unica certezza che l’ex premier pensa di avere. Non solo per essere l’unico e affidabile interlocutore della maggioranza di governo, ma anche per "gestire" in prima persona l’intesa sulla legge elettorale. «Dobbiamo lavorare per costruire una federazione dei moderati - spiega l’azzurro Paolo Romani - e se c’è qualcuno nel centrodestra che ha problemi sulla legge elettorale, siamo pronti a discutere». Un modo, quello della super-colomba Romani, per porre FI come interlocutore privilegiato di Renzi e ambasciatore delle richieste dei piccoli partiti che dell’Italicum contestano soprattutto il sistema degli sbarramenti. Un ruolo che indispettisce persino la Lega di Salvini, ma che le percentuali elettorali hanno confermato seppur nel disastroso arretramento di FI alle Europee. Un ruolo da azionista di maggioranza del centrodestra che in Parlamento potrebbe tornare utile a Berlusconi anche qualora tocchi a questa legislatura l’elezione del nuovo Capo dello Stato che potrebbe concedergli la grazia non solo sulla pena principale ma anche su una delle pene accessorie: l’interdizione dai pubblici uffici. Il varo del piano B, ovvero elezioni anticipate a primavera del nuovo anno, per Berlusconi dipende solo da Renzi e dalla tenuta del suo governo che in autunno - si sostiene ad Arcore - potrebbe trovarsi in difficoltà sul fronte economico e interno al Pd. Per questo i due hanno fretta di chiudere su una legge elettorale che salvi le rispettive leadership.

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