Migranti, il blocco dell'Est all'Italia: chiuda i porti. Gentiloni: niente minacce, né lezioni

Migranti, il blocco dell'Est all'Italia: chiuda i porti. Gentiloni: niente minacce, né lezioni
di Antonio Pollio Salimbeni
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Sabato 22 Luglio 2017, 08:33 - Ultimo aggiornamento: 23 Luglio, 13:41
BRUXELLES La richiesta del giovane ministro degli esteri austriaco Sebastian Kurz, in odore di cancellierato, di bloccare i migranti a Lampedusa non era una mossa casuale. A distanza di un paio di giorni ecco l'uscita dei 4 di Visegrad, il plotone dei dissenzienti, degli oppositori a una gestione comune della grande crisi dei migranti: Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia.

Con una lettera al premier Paolo Gentiloni i responsabili dei quattro governi dettano la loro linea: «Se non verranno chiusi i porti ai migranti il problema diventerà ingestibile dato che tedeschi e austriaci chiuderanno presto le loro frontiere. Il flusso migratorio deve essere fermato in Libia». L'ungherese Viktor Orban, il ceco Bohuslav Sobotka, lo slovacco Robert Fico e la polacca Beata Szydlo aggiungono che il «V4 è pronto a contribuire in modo significativo con spirito solidale a tutti gli sforzi europei e nazionali volti ad alleviare il peso sui Paesi in prima linea come l'Italia, con contributi finanziari e di altro genere, escludendo azioni o strumenti che potrebbero creare ulteriori e più forti fattori di attrazione per la migrazione, specialmente ricollocamenti o meccanismi obbligatori di redistribuzione automatica».

SECCA REPLICA
Secca la risposta di Gentiloni: «Credo che abbiamo il diritto di pretendere solidarietà dai nostri vicini, dai paesi che condividono il progetto dell'Unione europea. Non accettiamo lezioni nè parole minacciose, serenamente ci limitiamo a dire che noi facciamo il nostro dovere e pretendiamo che l'Europa faccia il proprio senza darci improbabili lezioni».
Senza dimenticare che la chiusura dei porti è un'idea che pure è stata ventilata anche in settori del governo italiano come minaccia estrema in assenza di un accordo per alleggerire la pressione sull'Italia, la mossa del Gruppo di Visegrad conferma che non ci sono spazi per soluzioni condivise sulla gestione dei flussi almeno con una parte importante del fronte dell'Est'.

Non è chiaro se la presa di posizione del V4 faciliterà o peggiorerà le condizioni del negoziato condotto dall'Italia per regionalizzare gli sbarchi modificando le condizioni delle missioni navali Sophia e Triton. Lo si capirà in questi giorni.

IL NEGOZIATO
Il V4 allude a contributi finanziari in sostituzione della redistribuzione obbligatoria (peraltro concordata con l'assenso dei 4 governi): secondo alcuni a Bruxelles ciò potrebbe forse aprire nuove ipotesi, tuttavia la cautela è massima perché la questione finanziaria non esaurisce il delicatissimo aspetto dell'integrazione dei rifugiati. Nella lettera a Gentiloni è indicata chiaramente la totale indisponibilità dei 4 ad accettare la logica della redistribuzione dei rifugiati. Non è una novità: Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca sotto procedura di infrazione Ue per non aver mai proceduto ad alcun ricollocamento di richiedenti asilo o perché rifiutano di farlo. L'Austria se l'era cavata per un soffio. In un'intervista l'ungherese Orban ha spiegato la linea del V4: «Non abbiamo bisogno di una politica comune europea sui migranti». Anche Austria e Germania «ne hanno abbastanza», se chiuderanno le frontiere «tutti i migranti resteranno in Italia». Quanto alla Libia, per fermare i trafficanti occorrono «azioni militari».

Nata nel 1991 per promuovere l'integrazione nell'Unione europea, quella di Visegrad è ormai un'alleanza per una fiera opposizione a quasi tutto ciò che è comunitario in Europa, a meno che non si tratti di fondi Ue da assicurarsi. Si aggiunga che i governi polacco e ungherese stanno pure alterando i presupposti normativi dello Stato di diritto, almeno nel caso della Polonia palesemente in violazione dei principi del Trattato Ue.