Il nodo del contendere è ormai noto: Roma vuole ottenere la possibilità di far sbarcare nei porti europei, e non solo italiani, i migranti salvati in mare dalle navi dell'operazione Triton. Finora, nonostante tante belle parole di solidarietà, Spagna e Francia hanno chiuso la porta in faccia all'Italia. E anche la Germania non ha mostrato alcun entusiasmo nel rivedere un accordo firmato nel 2014 dal governo italiano in cambio della regìa delle operazione di salvataggio e, si dice, di un po' di flessibilità in più sui conti economici.
Ma vista la ripresa degli sbarchi e considerata l'insostenibilità ormai manifesta dell'Italia a tenere nel proprio territorio tutti i profughi salvati nel Mediterraneo, qualcosa negli ultimi giorni si è mosso. E Gentiloni, nel trilaterale di oggi, proverà a dare sostanza a questi accenni (timidi) di ammorbidimento dei partner europei. Nell'immediato, infatti, solo un'apertura dei porti di tutta la Ue può alleggerire la pressione sul nostro Paese. Gli altri interventi promessi al vertice di Tallinn, come i fondi a favore dello sviluppo degli Stati africani per fermare all'origine i flussi migratori richiedono tempi medio-lunghi. Ed è ancora molto difficile, vista l'instabilità politica a Tripoli, sperare che la Libia possa contribuire concretamente a fermare le partenze dall'Africa. Le parole di Leggeri, quell'annunciare l'indisponibilità di altri Paesi ad aprire i propri porti agli sbarchi, però non promette nulla di buono.
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