Migranti, braccio di ferro Italia-Europa sulla restituzione dei profughi

Migranti, braccio di ferro Italia-Europa sulla restituzione dei profughi
di Valentina Errante
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Venerdì 14 Agosto 2015, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 15 Agosto, 13:23
Il nodo sono ancora i cosiddetti “dublinati”, i migranti sbarcati sulle nostre coste che superano i confini prima dell'identificazione per richiedere asilo o protezione internazionale in un altro paese Ue. Ma anche quelli che, dopo avere presentato una domanda, abbandonano gli Sprar per raggiungere altri stati dell'Unione. In base al trattato di Dublino devono tornare in Italia. E se fino a qualche anno fa, un tacito accordo prevedeva la tolleranza da parte degli stati membri, che lasciavano varcare le frontiere senza applicare controlli troppo rigidi, adesso, le politiche sono cambiate: l'Europa ce li rispedisce. Nel solo 2015 la cifra è di 12.456 migranti, che dovrebbero essere portati alle frontiere e riaccompagnati in aree speciali degli Sprar. Ma il Viminale è pronto al braccio di ferro per ridurre drasticamente questa cifra a non oltre mille. Un numero che potrebbe ancora ridursi rispetto alle oltre 16 mila domande iniziali.

LA TRATTATIVA

Sono i numeri a fotografare la situazione. Sono almeno 50 mila i profughi che hanno fatto perdere le tracce. Le stime si basano sui dati relativi agli sbarchi degli ultimi due anni incrociati con le presenze. Nel conto rientrano i migranti non identificati ma anche quanti, dopo l'esito negativo della domanda, dovevano essere rimpatriati e sono riusciti a sfuggire ai controlli. Nel 2014 sono arrivati in 170 mila, le richieste di asilo sono state 64.886. La media è cresciuta primi mesi di quest'anno.

A maggio, su 33.831 stranieri sbarcati sulle nostre coste, 20.858 avevano sollecitato il riconoscimento dello status di rifugiato. Ossia il 60 per cento, molti dei quali avrebbero già varcato la frontiera. Non è un caso che eritrei e siriani non siano in cima alla classifica dei richiedenti asilo nel nostro Paese, superati da cittadini provenienti da Gambia, Senegal, Nigeria, Pakistan, Ucraina, Afghanistan e da altri stati africani. E appare significativo anche il fatto che la Germania sia lo Stato che riceve il maggior numero di richieste di asilo, sebbene non sia un paese di confine.

LA PROCEDURA

Tutto avviene, attraverso Dublinet, una rete elettronica di canali di trasmissione tra le autorità nazionali competenti per le domande di asilo. Una rete di controllo compatibile con Eurodac, l'archivio che mette a confronto le impronte digitali dei richiedenti asilo per identificare quanti abbiano già presentato una domanda in un altro Stato membro. Il Trattato di Dublino prevede che competente dell'esame della domanda di asilo sia lo Stato di primo approdo, che deve prendere in carico il richiedente per tutta la durata della procedura e ha l'obbligo di riammettere un migrante che si trovi illegalmente in un altro paese Ue. Così, nell'ultimo anno, sempre più frequentemente, gli altri Stati chiedono che una domanda di asilo ripresa in carico dall'Italia. Se però il migrante non è “schedato” in Eurodac, la richiesta deve contenere le prove, qualche volta anche uno scontrino rilasciato in Italia viene considerato un elemento. Per ciascun caso l'Italia ha due mesi per rispondere. Una vera e propria contesa diventata pesante nelll'ultimo anno, con il picco di richieste di riammissione da parte degli altri Stati membri, in testa la Francia (quest'anno oltre 11mila).

LE ECCEZIONI

Ci sono alcune eccezioni. La principale riguarda i richiedenti asilo, soprattutto minori, che abbiano familiari stretti in un altro Paese. In quel caso sarebbe previsto il ricongiungimento, ma la parentela deve essere provata e i migranti arrivano spesso senza documenti. Così la regola prevederebbe un test del Dna. Una procedura complicata: oltre ai tempi e ai costi è indispensabile rintracciare i parenti Oltralpe.