L’onda rossa/ Il boomerang da decisivi a irrilevanti

di Marco Gervasoni
4 Minuti di Lettura
Giovedì 5 Ottobre 2017, 00:00
Il ruggito del leone di Mdp si è trasformato nello squittio del coniglio. Lo “strappetto” di Bersani e D’Alema ha mostrato tutta la sua ininfluenza sul governo, palesandosi in un boomerang per loro. Alla prova del voto di ieri in Senato, sulla nota di aggiornamento del Documento economico finanziario, le astensioni di Mdp non hanno infatti impedito all’esecutivo di ottenere la maggioranza, anche più larga del solito, con l’appoggio dei senatori del Gruppo Misto e soprattutto di quelli guidati da Denis Verdini.
Una chiara strategia per impedire a Mdp di dettare condizioni, soprattutto sulla legge elettorale, e che non accomoda solo il premier Gentiloni, ma anche Berlusconi, altrimenti costretto a far intervenire per responsabilità nazionale i suoi senatori, allargando però così il fossato con Salvini e Meloni. La situazione insomma, tanto per ricorrere all’abusata ma sempre puntuale citazione di Ennio Flaiano, è seria ma non grave. Dietro le schermaglie tra D’Alema e Pisapia, tra Gentiloni e Speranza, che poco interessano i cittadini, si cela tuttavia un interrogativo interessante.

segue dalla prima pagina Perché la sinistra radicale in Italia ha un peso trascurabile? Perché, cioè, le formazioni a sinistra del Pd, accorpandole tutte, oggi arrivano, nei sondaggi più generosi, a poco più del 6%? Neppure nel recente passato, quando alcuni dei suoi esponenti erano riusciti a ottenere dicasteri importanti, la sinistra radicale aveva mai superato l’8%. Ma era il periodo precedente alla crisi di Lehman Brothers, quello della globalizzazione felix e dell’egemonia della terza via blairiana: in tutti i paesi europei le sinistre radicali raccoglievano non solo meno voti ma soprattutto meno potere di quelle italiane. Oggi le parti si sono invertite. La grande crisi economica ha inferto un colpo alla sinistra radicale italiana.

Altrove invece, con la crisi, sono nate nuove formazioni politiche (Podemos in Spagna, Syriza in Grecia, le liste di Mélenchon in Francia), mentre sono cresciute quelle già esistenti, come la Linke in Germania. Fenomeno ancora più rilevante: la crisi ha affossato (crediamo per sempre) la socialdemocrazia, la sinistra riformista. Che in Grecia, in Francia, ma anche in Belgio e in Olanda, è stata largamente superata in voti da quella radicale. Nel Regno Unito poi, crisi economica, austerità e Brexit hanno portato la sinistra radicale a impadronirsi del Labour. Le cifre di Corbyn, di Mélenchon, di Podemos, ma anche quella della Linke, rendono misera cosa il 3,2% di Mdp. Sono almeno tre i fattori che ci aiutano a capire. Primo, la presenza dei 5 Stelle, che hanno assorbito una parte consistente degli elettori attratti dalla sinistra radicale. Secondo, l’assenza in Italia, soprattutto negli anni della crisi, di movimenti sociali rilevanti come invece in Spagna e in Grecia ma anche nel Regno Unito. Terzo, l’incapacità, da parte degli esponenti alla sinistra del Pd, di presentare volti e leadership nuove. Con il vento di Corbyn e di Mélenchon in poppa, è probabile che, oggi, Bersani e D’Alema cercheranno di danzare sulla nuova onda rossa: e del resto lo stanno già facendo, come dimostra il programma di Mdp, tutto aumento di tasse e patrimoniali. Con l’obiettivo di fare breccia tra gli astenuti e tra i delusi del Pd e magari di spezzarne il gruppo dirigente.

Una strategia che non necessariamente equivale allo splendido isolamento elettorale: l’obiettivo, soprattutto di Pisapia, è infatti una sorta di «nuovo Ulivo», più a sinistra dell’originale, su cui esercitare un forte peso.
Allo stato è però difficile che essi riescano ad andare a bersaglio. L’elettorato di sinistra spostatosi sui 5 stelle sembra rimanervi o se deluso va verso l’astensione. Di movimenti sociali non se ne vedono. Ma soprattutto: con quale credibilità ex premier come D’Alema o ex ministri come Bersani, per decenni i più coriacei avversari della sinistra radicale, si mettono ora a recitare la parte dei Corbyn e dei Mélenchon, che al contrario si sono sempre battuti contro i riformisti? Bersani e Speranza rischiano di finire nell’insignificanza: la stessa in cui, come dimostra il voto di ieri, si trovano già.
© RIPRODUZIONE RISERVATA