Mattarella: «Non ci difenderemo alzando muri verso l'esterno»

Mattarella: «Non ci difenderemo alzando muri verso l'esterno»
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Venerdì 19 Agosto 2016, 12:48 - Ultimo aggiornamento: 21 Agosto, 19:53

Non alzare muri. Lo torna a chiedere il presidente della Repubblica Sergio Mattarella parlando al Meeting di Comunione e liberazione a Rimini. 

«Nessuno può augurarsi che si verifichino spostamenti migratori sempre più imponenti, ma così rischia di avvenire se ci si illude di risolvere il problema con un "vietato l'ingresso" e non governando il fenomeno con serietà e senso di responsabilità», dice Mattarella. «Ci può soccorrere, permettendo di governarlo in sicurezza, soltanto il principio che ci si realizza con gli altri. Che vuol dire far crescere - sul serio e presto - possibilità di lavoro e di benessere nei Paesi in cui le persone hanno poco o nulla, perché, in concreto, il loro benessere coincide pienamente con il nostro benessere», conclude. 


«L'attitudine dei giovani a diventare protagonisti della propria storia costituisce l'energia vitale di un Paese. Questa spinta vale più di qualunque indice economico o di borsa. La nostra società sta invecchiando e ci sono rischi oggettivi che le potenzialità dei giovani vengano compresse. Dobbiamo scongiurare questo pericolo che minaccia la nostra, come altre, società», prosegue il capo dello Stato. 

«Anche per questo - rileva - in un tempo di cambiamenti epocali come il nostro è necessario prestare attenzione e dar spazio alla visione dei giovani. Senza farci vincere dalle paure. Dalle paure antiche e da quelle inedite. Attenti a non cadere nell'errore di ritenere nuove false soluzioni già vissute e fallite nel breve Novecento. Non ci difenderemo alzando muri verso l'esterno, o creando barriere divisorie al nostro interno. Al contrario».

Mattarella rileva poi che «tante nuove diseguaglianze stanno emergendo. Spesso sono proprio i giovani a pagarne il prezzo più alto. Occorre ricominciare a costruire ponti e percorsi di coesione e sviluppo. Occorre rendersi conto che vi è un destino da condividere. Stiamo parlando di condivisione dei benefici e delle responsabilità; e anche delle difficoltà. Condivisione dei diritti e dei doveri. Della memoria del nostro popolo e del suo sguardo verso il futuro».

«L'egoismo non genera riscatto civile. Può dare a qualcuno l'illusione di farcela da solo,
mentre altri soccombono», afferma ancora il presidente della Repubblica: «La tentazione dell'isolamento rischia di pregiudicare anche le grandi opportunità di comunicazione che la scienza ci mette a disposizione, sovvertendone la funzione. Basta pensare alla tendenza di molti di collegarsi sul web soltanto a quelli che la pensano come loro, in circuiti ristretti e chiusi».

«Ci si illude così - è il ragionamento di Mattarella - che il mondo appartenga soltanto a chi la pensa come noi, riversando spesso su chi la pensa diversamente soltanto astio e livore. Ne risulta cancellato il confronto delle idee, lo scambio di conoscenza, il valore delle esperienze altrui: in una parola la comunità e la sua tensione
culturale. Quando l'io perde l'opportunità del noi, tutta la società diventa più debole e meno creativa. La libertà, in realtà, è indivisibile: non esiste se non ne godono tutti. Lo stesso benessere non resiste, non si consolida se non è condiviso. Occorre comprendere che ci si realizza davvero soltanto insieme agli altri e non da soli», conclude il capo dello Stato, secondo cui anche le «aggressioni compiute nei confronti delle donne negli ultimi tempi» sono ascrivibili all'egoismo. 

«Il nostro Paese è segnato da faglie antiche. A queste si sono aggiunte nuove divisioni, quelle prodotte dal naturale mutamento delle condizioni, non sempre regolato in maniera equilibrata, e quelle provocate dalla lunga crisi economica degli ultimi anni. Dobbiamo lavorare con impegno per ricomporre le ferite e rendere l'Italia più robusta, più solidale, più competitiva, più importante per la costruzione europea», aggiunge Mattarella.

Ricordando che «l'unità non è soltanto una questione di ordinamento giuridico o di solidità istituzionale. L'unità è anzitutto un fondamento etico e sociale comune, trasfuso in sentimenti e comportamenti vissuti», il presidente sottolinea poi che «questa visione è stata impressa, con straordinaria lucidità e lungimiranza, nei principi della nostra Costituzione, contenuti nella sua prima parte. E questo resta un obiettivo della Repubblica, da perseguire nel mutamento dei costumi, dei bisogni, nell'evoluzione del sistema sociale».

«L'unità del Paese - dice ancora Mattarella - non è una conquista acquisita una volta per tutte. Passa oggi dalla crescita del Sud. Dalle concrete opportunità di lavoro per i giovani. Dal contrasto alle povertà e alle diseguaglianze. Dall'occupazione femminile. Dalla conciliazione dei tempi di cura e di lavoro. Da uno sviluppo delle reti sociali e comunitarie, che possono rinnovare e consolidare il welfare senza privarlo del suo carattere universalistico. L'unità del Paese è anche investimento nella ricerca e nei settori strategici, giustizia più efficiente, integrazione e non esclusione di chi è sfavorito nelle condizioni di partenza. Dobbiamo tutti averne cura. Nessuno - ammonisce . può seriamente pensare di farcela da solo. Allargare le divisioni ci rende più deboli».

«Gli inevitabili contrasti che animano la dialettica democratica non devono farci dimenticare che i momenti di unità sono decisivi nella vita di una nazione. E che talvolta sono anche doverosi. È un grande merito saperli
riconoscere», sottolinea poi il presidente parlando dei settant'anni della Repubblica italiana: «Un Paese che non sa trovare occasioni di unità, diventa più debole».

 

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