L'analisi dei flussi, in Veneto sì trasversale da M5S ai dem. In Lombardia un voto di centrodestra

L'analisi dei flussi, in Veneto sì trasversale da M5S ai dem. In Lombardia un voto di centrodestra
di Diodato Pirone
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Martedì 24 Ottobre 2017, 10:01 - Ultimo aggiornamento: 10:03
Ma alla fine della fiera (quasi un'agonia vista l'incredibile figuraccia del voto elettronico in Lombardia) chi è andato a votare per questi benedetti referendum autonomisti? La prima cosa che salta agli occhi dall'analisi dell'affluenza e dei flussi è che in Veneto l'autonomia è un valore radicato in tutti gli strati sociali. «E' stato un voto di popolo», si spinge a sintetizzare Enzo Risso, direttore dell'SWG. Mentre in Lombardia il referendum autonomista è stato gradito essenzialmente dal solo elettorato di centro-destra.
I primi dati parlano chiaro: in Veneto sono andati a votare in massa (fra il 95 e il 100%) gli elettori della Lega e quelli del centro-destra ma anche quasi tutti gli aficionados al M5S (che da quelle parti ha un peso relativo) e moltissimi elettori renziani (47%), di sinistra-sinistra (30%) e non collocati (43%). Le stime sono dell'SWG e vengono sostanzialmente confermate dall'Istituto Cattaneo che ha analizzato nel dettaglio i flussi elettorali in tre città (vedi grafico).
La fotografia lombarda è invece completamente diversa. Il referendum è piaciuto soprattutto all'elettorato che si colloca a destra o nel centro-destra, accorso alle urne con la percentuale record del 75%. I lombardi di centro-sinistra e di sinistra, invece, sono rimasti quasi tutti a casa. Solo un elettore su cinque di queste aree politico-culturali (per l'esattezza il 19%) ha risposto al richiamo autonomista. «La battaglia per i maggiori poteri regionali in Lombardia è un pilastro della lotta politica e non è sentita dalla popolazione come proprio patrimonio culturale», è la spiegazione di Risso.
Ma sarebbe sbagliato ridurre l'analisi del voto alle sole oscillazioni degli elettorati. In realtà tra veneti e lombardi è emersa una frattura che ha anche profonde radici economiche. Basti vedere il diverso comportamento, nelle due regioni, delle fasce socialmente più dinamiche: gli imprenditori e i liberi professionisti. Il popolo delle partite Iva si è spaccato clamorosamente: a Milano e dintorni è andato a votare solo il 38% di questo elettorato mentre in Veneto la percentuale è del 68%.
La frattura è analoga anche per altre categorie. Il 57% degli operai lombardi è rimasto a casa contro il 21% di quelli veneti. Tra Mantova e Varese solo il 45% delle casalinghe è autonomista contro il 64% di quelle che abitano fra Rovigo e Belluno. Molto diverso anche il comportamento dei pensionati che hanno votato al 60% in Veneto, più del doppio del modesto 29% segnalato in Lombardia fra chi ha più di 64 anni. «Emerge una forte divaricazione dei comportamenti dei due ceti produttivi - spiega Risso - Il Veneto dei capannoni, dove imprenditori e artigiani lavorano fianco a fianco con i loro operai, ha apprezzato il referendum. La borghesia lombarda, invece, inserita nelle dinamiche globali, è molto meno attirata dall'autonomia che magari vede come una nuova possibile complicazione sull'onda di quanto sta succedendo in Catalogna». I dati disaggregati sulla base della condizione economica sono molto chiari: i veneti ricchi hanno seguito il richiamo autonomista al 61%, un livello analogo al 62% fatto registrare da chi appartiene ai ceti meno abbienti. In Lombardia ha votato solo il 38% dei benestanti contro il 47% dei più poveri.
LE ANALOGIE
Nei comportamenti dei due elettorali regionali ci sono anche delle analogie. Ad esempio sia in Lombardia che in Veneto il referendum autonomista (per certi versi come accadde anche con quello sulla Brexit) ha convinto poco i giovani. In Veneto, in particolare, colpisce che la fascia d'età fra i 18 e i 24 anni sia quella che ha fatto registrare il minor afflusso alle urne con un 42% ben distante dal quorum del 50%.
Anche gli elettori con scolarità di grado elevato sono rimasti freddi sul tema referendario. In Veneto i laureati che hanno votato sono stati solo il 43% contro il 61% di chi ha frequentato poco le scuole. In Lombardia i dati indicano un afflusso alle urne del 30% dei laureati e del 41% di coloro che vantano un grado basso di scolarità. Dato per scontato il successo anche personale del governatore del Veneto Luca Zaia, secondo gli analisti dell'SWG, sarebbe sbagliato liquidare come un insuccesso del presidente Roberto Maroni il 38% circa di affluenza alle urne segnalato in Lombardia. Maroni infatti fu eletto nel 2013 con 2,5 milioni di voti. L'altro ieri i si al referendum lombardo sono stati 2,9 milioni.