Legge elettorale, Renzi: «Ora avanti con Fi, ma serve governabilità»

Legge elettorale, Renzi: «Ora avanti con Fi, ma serve governabilità»
di Marco Conti
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Lunedì 22 Maggio 2017, 08:28 - Ultimo aggiornamento: 23 Maggio, 10:50


ROMA «Bene se c'è anche Forza Italia e pronti a valutare ogni proposta, ma sinora la nostra mi sembra ancora quella più convincente». Matteo Renzi di prima mattina parla con i suoi dell'intervista rilasciata da Silvio Berlusconi al Messaggero. La disponibilità del Cavaliere a discutere di sistemi elettorali, senza porre ostacoli sulla data del voto, era stata raccontata più volte da questo giornale, ma l'ufficializzazione smuove il quadro politico e spinge Mdp, Sinistra Italiana e persino la Lega, a mostrarsi a vario titolo disponibili sul sistema tedesco. Il segretario del Pd nota i segnali alla sua sinistra in favore del tedesco, ma si muove con cautela. Apprezza le aperture del Cavaliere e il canale di dialogo che passa per Gianni Letta e Nicolò Ghedini, arrivando a Luca Lotti e Luigi Zanda.

CALCOLI
Un disgelo importante tra Pd e FI dovuto anche all'accelerazione avvenuta alla Camera dove si è formato uno schieramento a favore di un sistema metà maggioritario e metà proporzionale. Al Nazareno restano, per ora, fermi sul Rosatellum in attesa di capire bene cosa intenda il Cavaliere per sistema tedesco. Il canale di dialogo tra Pd e FI si è comunque riaperto anche se il Cavaliere, seppur indirettamente, si affida ancora ai calcoli che Denis Verdini manda a Ghedini e ai due capigruppo azzurri. Se il sistema tedesco significa però proporzionale puro, al Nazareno non ci stanno. Ed è per questo che si ragiona su uno sbarramento almeno del 5% e su un premio di governabilità a chi supera il 40%. Berlusconi è terrorizzato dai grillini non tanto o non solo per le proposte politiche, quanto per quella che definisce «manifesta incapacità». Al tempo stesso non ha assoluta dimestichezza per i sistemi elettorali e punta sul voto proporzionale convinto che se anche il M5S dovesse arrivare al 35%, ci sarebbero fuori un 65% di parlamentari pronti a dare governabilità al Paese. Per il Cavaliere il modello di riferimento è la Germania dove nel 2013 popolari e socialisti diedero vita ad una grande coalizione arrivando a stilare preventivamente, punto per punto, il programma di governo per non litigare successivamente. Ma in Germania non ci sono forze populiste del calibro del M5S ed è per questo che anche Verdini - proiezioni alla mano - è scettico su un sistema tedesco puro in quanto non offrirebbe sponde per costruire su di esso una maggioranza dopo il voto. Resta il fatto che se le elezioni dovessero confermare i sondaggi di oggi, con tre partiti pressocché eguali, un sistema bicamerale perfetto e un partito, il M5S, che non si allea per statuto, tirare fuori una maggioranza non sarà facile.

Renzi, oltre al rammarico per «l'occasione persa» dal Paese con la riforma costituzionale, vorrebbe dal Cavaliere una risposta rapida su alcune correzioni. Resta convinto che non si possa perdere altro tempo e che la cosa migliore per il Paese sarebbe una legge elettorale fatta in tempi rapidi e il voto ad ottobre subito dopo le elezioni tedesche. E' per questo che, molto pragmaticamente, ha dato mandato ai suoi collaboratori di lavorare su quello che al Tg1 Davide Ermini definisce «modello tedesco» per verificare se sono possibili correzioni maggioritarie: sbarramento alto (che non piace ad Ap) e premio di maggioranza. Il segretario del Pd vorrebbe che il Parlamento licenziasse la legge elettorale entro luglio. Sul timing elettorale e sul possibile voto ad ottobre, al Nazareno non si sbilancia nessuno. Non solo perché - come ricorda Pino Pisicchio - lo scioglimento delle camere è compito del Capo dello Stato, ma anche per i tempi stretti che ci sarebbero, dopo l'approvazione della legge, per riformare i collegi.

TONI
Non dando per scontata la conclusione della legislatura, il Cavaliere ha però messo sul piatto della trattativa un elemento che al segretario del Pd non è indifferente, ma il problema di un sistema elettorale che dia buone probabilità di avere un governo dopo il voto non è ancora stato risolto. Alla Camera il Pd potrebbe fare da solo, ma i problemi arrivano al Senato dove un pezzo di FI, guidato da Paolo Romani, nelle scorse settimane ha provato a convincere il Cavaliere della bontà del Rosatellum e comunque di un sistema che obbliga la Lega ad entrare in coalizione nei collegi costringendo quindi il Carroccio a mitigare, se non ad abbandonare i toni esasperati di Matteo Salvini.

 

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