Aut aut di Alfano: Renzi apra al governo o è crisi. La legge elettorale supera il voto segreto

Alfano sollecita Renzi (AP Photo)
di Nino Bertoloni Meli
3 Minuti di Lettura
Sabato 1 Febbraio 2014, 10:23 - Ultimo aggiornamento: 3 Febbraio, 08:09
La legge elettorale rallenta. Non uno stop, solo un intoppo, ma rallenta. Fin qui aveva corso parecchio, anche troppo, a detta di quanti non sono convinti granch come il bersaniano Nico Stumpo. Doveva essere calendarizzata in aula per il 4 febbraio, ma l’esame slitta di una settimana, se ne riparla l’11, giorno dei Patti lateranensi. La decisione è stata presa da Laura Boldrini, nonostante i capigruppo del patto sulle riforme, Speranza e Brunetta, avessero chiesto il 4, mentre gli altri gruppi piccoli e medi non erano d’accordo, sicché la presidente della Camera, regolamento alla mano, ha assunto lei la decisione: se ne riparla tra dieci giorni. La prossima settimana l’aula della Camera sarà dedicata all’esame di altri decreti tra i quali il discusso, e insidioso, provvedimento svuota carceri, per il quale già sono stati annunciati dubbi di costituzionalità, dubbi politici, dubbi di efficacia, e via eccependo. Il rischio è che tra tanti dubbi si finisca per riportarlo in commissione con allungamento ulteriore dei tempi, ma il governo appare orientato fin d’ora a mettere la fiducia. La decisione del rinvio ha già provocato una controreazione, con Matteo Renzi ha già fatto balenare l’idea che l’impegno del "suo" Pd al governo è tutto di là da venire. «Il segretario del Pd si impegni nel governo o sarà crisi», gli ha mandato a ridire Angelino Alfano a nome di Ncd.





Il rallentamento piomba in una Camera di deputati alquanto soddisfatti, quelli del Pd in particolare, per come era andata fino ad allora, con il primo, grosso scoglio della legge elettorale superato più che brillantemente: sulle pregiudiziali di costituzionalità non c’erano stati patemi d’animo o fibrillazioni, solo una trentina scarsa di franchi tiratori (da cinque a dieci quelli attribuibili al Pd), e ben 200 voti di scarto tra favorevoli e contrari. «Una prova superata con successo, i voti del Pd ci sono», aveva appena finito di esultare Matteo Renzi prima della notizia del rallentamento. Il treno delle riforme è ormai partito, sembra dire il leader del Pd, che ai suoi spiega: «Avrei preferito che si riprendesse lunedì, ma non è un grosso problema, avremo comunque la legge elettorale entro febbraio alla Camera ed entro i primi di marzo al Senato». Un altro renziano come Paolo Gentiloni sottolinea: «Con le votazioni sulle pregiudiziali si può dire che la maggioranza si è di fatto allargata. Penso alla Lega, che pur di non votare contro è uscita dall’aula. Quanto ai grillini, imbarazzanti...».





IRRITAZIONE DEM

Ma nel Pd non tutti la vedono così. Tra i più irritati per il rinvio c’è il dalemiano Enzino Amendola: «Ma come si fa? Abbiamo appena messo a segno un gran colpo, stiamo dimostrando che le riforme invocate da vent’anni si possono fare, ed ecco che ci mettiamo a rallentare. Ma no, ma no, la legge elettorale va approvata subito, subitissimo, altrimenti invece della dittatura della maggioranza siamo in presenza della dittatura delle minoranze». «Dategli un calmante», ironizza Nico Stumpo, «che problema c’è a slittare di una settimana? Che sarà mai? Mica possiamo procedere a tappe forzate». Anche il capo della minoranza dem, Gianni Cuperlo, è per non arrestare il processo riformatore: «La legge elettorale va fatta assolutamente, certo con le dovute e necessarie modifiche, ma va fatta».
© RIPRODUZIONE RISERVATA