La carica dei nominati svuota anche le primarie

La Camera
di Mario Ajello
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Sabato 28 Gennaio 2017, 08:39 - Ultimo aggiornamento: 29 Gennaio, 18:25
I nominati da post-Italicum si pregustano la festa. Montecitorio sarà la loro residenza sicura, il loro approdo - per volontà e scelta dei segretari di partito diventati con la nuova legge elettorale più padroni che mai dei destini di tutti - senza nessuna fatica per arrivarci. Perché l'incerta partita del voto di preferenza riguarderà i meno fortunati e i meno protetti. E non i prediletti di un leader o di un altro.

I più soddisfatti per il metodo dei capilista bloccati sono i vertici pentastellati. Perché allo stesso tempo sono pronti a raccogliere lo scontento popolare anti-casta destinato a lievitare di fronte all'ondata partitocratica dei nominati e sono pronti (magari fingendo il ricorso alle parlamentarie, cioè alla preventiva gara interna) a decidere a tavolino quali saranno i cento fedelissimi di Grillo e di Casaleggio da schierare in cima alla lista e destinare automaticamente a uno scranno da deputato. Ecco, un potente strumento di condizionamento elettorale è nelle mani di Renzi, di Berlusconi, di Grillo e delle altre forze politiche sempre più personalizzate.

RIBALTAMENTO
Professor D'Alimonte, lei è scandalizzato? «Io - spiega Roberto D'Alimonte, uno dei massimi esperti di queste materie - mi limito a osservare ciò che è cambiato rispetto all'Italicum. Con la legge su cui si è appena espressa la Corte Costituzionale il partito che vinceva aveva al massimo cento nominati e 240 eletti con il voto di preferenza. Con il Consultellum, se qualcuno arriva al 40 per cento, le cifre saranno sempre quelle. Dato però che nessuno arriverà al 40 per cento, alla Camera ci saranno molti più nominati che eletti tramite voto di preferenza». Un vero e proprio ribaltamento delle proporzioni. «Il partito che arriva primo, diciamo il Pd o M5S, avrà - ecco il calcolo di D'Alimonte - cento eletti per nomina e solo 90 con preferenze».

IL PESO DELLA SCHEDA
Le cifre che propone Federico Fornaro, non solo parlamentare della sinistra Pd ma soprattutto studioso accreditato di flussi elettorali (ultimo libro: «Fuga dalle urne», edizioni Epoké), dicono questo: alla Camera, considerando che nessun partito arriva al 40 per cento, 3 deputati su 4, su un totale di 630, saranno quelli decisi dai leader di partito. Ma in realtà, non sono sempre stati i partiti a stabilire chi entra e chi no alla Camera? «Nel Pci, le federazioni governavano le preferenze - spiega Fornaro - ma c'erano anche casi in cui venivano elette persone a sorpresa».

E il Mattarellum, anche lì a mettere in pista nel collegio uninominale il candidato non era mica lo spirito santo? «Ma in quel sistema se a un elettore non piace la persona scelta - incalza Fornaro - il suo non voto può contare perché sottrae al candidato sgradito un consenso che potrebbe essere determinante nella sfida diretta. Con il sistema scelto ora dalla Consulta, invece, se io non voto il capolista bloccato perché non mi piace, quello al 99,9 per cento delle probabilità viene eletto lo stesso, almeno se è candidato in uno dei due partiti maggiori».

Dunque con i capilista bloccati il singolo voto perde moltissimo d'importanza. E questo sistema - che per esempio dà a un piccolo partito del 3 per cento la sicurezza che i suoi circa 18 eletti siano di stretta affiliazione al capo - determina che, da Forza Italia in giù, non ci sarà competizione per le preferenze. Perché gli unici eletti saranno i capilista bloccati. «Io sono contrario alle preferenze anche se ora le vedo riabilitate da più parti - osserva D'Alimonte - e credo che i collegi uninominali sarebbero la soluzione migliore perché il candidato è più controllabile dagli elettori. Il problema si risolve da una parte facendo le primarie per scegliere chi presentare nei collegi e dall'altra attuando una legge costituzionale che regoli finalmente la vita interna dei partiti».

Ma guarda caso, entrambe le questioni sembrano sparite del tutto dall'agenda e dal dibattito politico. «Non vedo aria di primarie nel Pd», conclude Fornaro. Mentre i 5 Stelle come sceglieranno i loro capilista bloccati? Si fa strada l'ipotesi che i bravi parlamentari uscenti saranno rinominati, insieme a new entry prese nelle associazioni e nei territori, mentre i deputati meno affidabili o meno produttivi verranno mandati in giro a conquistarsi la rielezione con le preferenze. E intanto alla Casaleggio Associati e nelle altre segreterie di partito, la conquista dello strapotere sulle liste viene celebrata come un bel successo. Poi però gli elettori potrebbero rovinare la festa.
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