Ultimatum di FI: «Legge elettorale entro Pasqua». Renzi: no ai ricatti

Il premier Matteo Renzi
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Martedì 8 Aprile 2014, 10:23 - Ultimo aggiornamento: 10:24
Se soltanto una prova muscolare lo si capir presto. Ma che la tenuta del patto del Nazareno sia messa alla prova sotto gli occhi di tutti. L’accordo Renzi-Berlusconi è una corda. Si tende, oscilla, traballa, s’incrina però regge. Per quanto ancora?





Il tiro alla fune lo ha iniziato ieri il capogruppo azzurro Brunetta, uno specialista nel genere. «Noi chiediamo a Renzi, se vuole mantenere la parola, se vuole mantenere i patti e approvare la riforma elettorale prima di Pasqua, altrimenti casca l'accordo con Forza Italia». Tradotto vuol dire: il governo rispetti i patti oppure si dimetta.





CAMBIO DI STRATEGIA

Parole che lasciano intravedere un cambio netto di strategia. L’urgenza di sfuggire a quello che il consigliere Giovanni Toti nel fuorionda con la Gelmini ha definito «l’abbraccio mortale». Perché se Brunetta cammina sui carboni ardenti e sa che i sondaggi non stanno premiando gli azzurri, il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi non dà certo l’idea di una che vuole finire sotto pressione. «L’Italicum? Il testo deve essere ancora esaminato dalla commissione del Senato e a Pasqua mancano 10 giorni», se la prende comoda. La spavalderia della Boschi fa il paio con la sua osservazione sui «numeri», la frase per cui «anche senza Forza Italia ci sarebbero lo stesso». Cosa tutta da provare. Sparate di un ministro molto giovane che Renzi però sottoscrive uscendo da Palazzo Chigi prima di entrare da Feltrinelli per farsi una scorta di libri in un momento di pausa. «Abbiamo rispetto per le questioni interne ma non accettiamo ultimatum da nessuno, men che meno da Brunetta. Se loro stanno al gioco delle riforme noi ci siamo altrimenti al Senato ce la facciamo».





RIFORMA DA RIFARE

Se la legge elettorale è appesa a una serie di interrogativi, e difficilmente uscirà dall’uovo di Pasqua come vorrebbe Brunetta, lo stesso può dirsi per la riforma del Senato. Il testo a Palazzo Madama non è ancora arrivato e anche perché al Colle hanno un articolato la cui relazione di accompagnamento sarebbe stata trasmessa ieri sera. La firma di Napolitano è scontata, anche se il Quirinale esaminerà il testo punto per punto. Domani è in calendario l’audizione della Boschi in commissione Affari costituzionali. Renzi non vuole stravolgere l’architettura generale: la composizione del Senato così come è stato disegnato dai renziani non si tocca, i membri perciò non saranno elettivi, i costi per la collettività dovranno essere abbattuti. Discorso aperto sulle funzioni. E se Berlusconi dovesse sfilarsi? «Senza il Cavaliere si riapre la discussione», si fa avanti Pippo Civati. Come dire che un’altra maggioranza è possibile, anche se subito dopo aggiunge, «Matteo sul Senato non può stare sereno». Un’ipotesi che l’Ncd e Alfano vedono come il fumo negli occhi: «È la cronaca di un film già visto: prima si dice sì alle riforme, poi si lanciano ultimatum e si prova a far cascare il governo», dà la sua lettura dei fatti il ministro dell’Interno. E conclude: «Noi andiamo avanti, siamo molto lanciati a fare le riforme, dobbiamo cambiare il Senato e riformare le istituzioni. Sarebbe bene che tutto ciò avvenisse anche con il consenso di Forza Italia: tutto ciò è auspicabile ma non è necessario».
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