Legge elettorale, Berlusconi tenta i dem: patto e voto in autunno

Legge elettorale, Berlusconi tenta i dem: patto e voto in autunno
di Marco Conti
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Venerdì 19 Maggio 2017, 08:32 - Ultimo aggiornamento: 16:05

«Il biscotto, ci hanno fatto il biscotto!». Dentro Forza Italia più che la rabbia prevale sconcerto e disorientamento. L'intesa che la Lega ha stretto con il Pd sulla legge elettorale ha spiazzato tutti tranne Paolo Romani e Giovanni Toti che nei giorni scorsi hanno provato a convincere Silvio Berlusconi della bontà del Rosatellum. Al Cavaliere, che ha sempre masticato poco o niente di sistemi elettorali, in un primo tempo era pure quasi piaciuto visto che, rispetto al Mattarellum, riduce la quota maggioritaria dal 75 al 50 per cento, ma soprattutto perché renderebbe più certo il voto nel 2018 visto che occorre rimettere mano ai collegi. Ma è bastata la reazione di molti degli azzurri eletti nel centro sud, guidati da Niccolò Ghedini, a far cambiare idea al Cavaliere che, con un ufficio di presidenza, ha chiuso ogni spazio di trattativa tornando sul sistema proporzionale: «Questo Rosatellum non va bene perché ci asfalta».

TEMPI CONTINGENTATI
L'allarme è poi aumentato quando si è vista la determinazione con la quale Pd, Lega, Ala, Svp e i fittiani di Direzione Italia, stanno spingendo in commissione Affari costituzionali la riforma elettorale di cui Emanuele Fiano sarà relatore. Il Pd vuole che il testo venga consegnato all'aula di Montecitorio il 29 maggio, come da accordo perché «se la legge elettorale arrivasse in aula a giugno - spiega il capogruppo del Pd Ettore Rosato - non si potrebbe ricorrere al contingentamento dei tempi e si finirebbe per discuterla a luglio col rischio di vederla al Senato a ottobre quando c'è la legge di stabilità». Una lotta contro il tempo e uno scontro interno alla Commissione che ieri ha dovuto risolvere la presidente della Camera Laura Boldrini facendo proprio il lodo Pisicchio: portare in aula il testo il 5 giugno ma avere il voto finale entro il mese.

I tempi stretti sul calendario dei lavori chiesti dal Pd mostrano la determinazione di Renzi che è deciso a non mollare e pretende dai suoi che si impegnino per chiudere in Parlamento entro l'estate il voto sulla legge elettorale. L'incognita dei tempi si somma a quella dei voti che il Rosatellum ancora non ha al Senato. Fermamente contrari restano i grillini e Mdp. Con un post molto duro ieri Pier Luigi Bersani ha definito la legge «un pasticcio» invitando Prodi e Pisapia a ripensare il via libera dato alla riforma. Il problema di Mdp è comune a tutti i partiti - Ap compreso - che, temendo di non superare lo sbarramento al 5%, sarebbero costretti a trattare con il Pd, Lega o FI.

INTESE
Ieri pomeriggio Silvio Berlusconi è rientrato a Roma proprio per capire meglio la faccenda insieme a Gianni Letta. I movimenti al Senato, con la nascita dell'ennesimo gruppo Federazione Libertà, è la conferma che a palazzo Madama sono iniziati i posizionamenti. Dentro FI c'è infatti chi punta il dito sul capogruppo Paolo Romani anche se questi può vantare l'adesione al gruppo di due senatori della maggioranza, Bilardi e Di Giacomo ex alfaniani. Sostenere che la legislatura deve andare a conclusione in vista di una possibile riabilitazione, con il rischio di ritrovarsi il Rosatellum - e magari nemmeno i numeri per appoggiare un governo di larga coalizione - per Berlusconi non è più una priorità. Tanto meno si fida delle assicurazioni dei suoi che si dicono convinti che «tanto al Senato la legge elettorale di Renzi non passerà mai». A scanso di equivoci, e per evitare mediazioni, da ieri Berlusconi - che è terrorizzato da una possibile vittoria del M5S e ritiene «sconsiderata» la mossa del segretario del Pd - ha avviato una serie di contatti e di incontri per capire come riaprire la trattativa con il Pd ripartendo dall'Italicum con tanto di sbarramento al 5% e premio alla lista. Ma soprattutto pronto a mettere sul tavolo un accordo che permetta di votare in autunno. Esattamente ciò che interessa a Renzi.