Boldrini in Nigeria: «La tratta delle ragazze è una nuova forma di schiavismo»

Boldrini in Nigeria: «La tratta delle ragazze è una nuova forma di schiavismo»
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Sabato 6 Maggio 2017, 23:02 - Ultimo aggiornamento: 8 Maggio, 11:03
«La tratta delle ragazze è una nuova forma di schiavismo che colpisce la Nigeria, l'Italia e l'umanità intera: serve rafforzare la cooperazione per dare un'alternativa a queste ragazze che finiscono sui nostri marciapiedi». Laura Boldrini, come primo appuntamento della sua visita istituzionale nel paese più popoloso d'Africa, si reca alla Naptic, una agenzia federale che si occupa di recuperare ragazze che cercano di uscire dalla tragedia della prostituzione. Il fenomeno della tratta delle ragazze, in Nigeria, ha assunto ormai numeri molto gravi.

Secondo le stime Oim, nel 2014 ne sono arrivate in Italia 1.450, l'anno dopo 5.600, nel 2016 addirittura 11.000. L'80% di tutte le nigeriane che arrivano nel nostro paese finiscono sulla strada. In questa agenzia federale, racconta la sua responsabile Julie Oka Donli, solo nelle ultime due settimane ne sono tornate dall'Italia 150. E capita che cercano rifugio anche 300 ragazze al mese. Questo centro, dall'anno della sua fondazione, il 2003, è riuscito a recuperare circa diecimila ragazze, provocando ben 323 arresti ai danni dei trafficanti. «Tra loro - racconta Donli - ci sono delle storie scioccanti: padri che vendono le figlie per pagare i propri debiti, o trafficanti che adottano sin da bambine queste ragazze da famiglie povere per poi mandarle in Europa». Molte di loro sono quindi costrette a prostituirsi per pagare i loro protettori.

«Questa tratta - ha spiegato Boldrini - è un fenomeno inaccettabile contro cui dobbiamo lottare assieme, anche rafforzando la cooperazione internazionale a favore di organizzazioni come queste». Tra gli ospiti di questa struttura fatiscente, tra strade malmesse, baracche e bambini scalzi poverissimi, c'è Chisum, appena ventunenne. Racconta di essere partita attraverso il Niger verso il Mali. Lì un'organizzazione le stava preparando il visto per poi volare verso l'Europa. Con gli occhi bassi evita dettagli dolorosi, ma racconta di essere stata rinchiusa una settimana dai suoi aguzzini, poi però è stata bloccata e rispedita a casa. «Stiamo lavorando - racconta la responsabile Donli - grazie alla grande collaborazione delle polizie della Libia, del Niger e del Mali, a fermare queste ragazze prima che partano».

A lavorare per aiutare il recupero fisico e mentale di queste vittime dello sfruttamento c'è anche la ong «Path Finders». «Purtroppo quasi tutte le ragazze - racconta la sua direttrice Evon Idahosa - in fondo sanno a cosa vanno incontro. Ma purtroppo la fame, la miseria è tale che sono pronte ad andare verso pericoli enormi. Da noi tanti vivono con 1,5 dollari al giorno. E la sola idea di poter cambiare la propria situazione spinge queste ragazze verso l'inferno».
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