Alfano: «Troppi migranti al Sud: distribuzione equa in Italia e in Europa»

Alfano: «Troppi migranti al Sud: distribuzione equa in Italia e in Europa»
di Silvia Barocci
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Sabato 25 Aprile 2015, 06:16 - Ultimo aggiornamento: 27 Aprile, 07:13

Ministro, qual è il suo bilancio su quanto deciso dal Consiglio straordinario a Bruxelles per affrontare l'emergenza immigrazione? A parte più fondi, non sembra che l'Europa, in particolare la Gran Bretagna, intenda aprire le porte ai richiedenti asilo. Resterà sempre e solo un problema italiano?

«Assolutamente no, questo è un problema europeo. Non è possibile che cinque paesi - Italia, Germania, Svezia Austria e Ungheria - sopportino da soli questo carico. Il nostro obiettivo deve essere quello di far accettare a tutti i paesi europei il principio dell'equa distribuzione. Un passo in questo senso lo abbiamo già fatto come Ppe».

Sta forse dicendo che la Germania non ha fatto resistenze?

«La Germania per la prima volta ha dato aperture in questo senso. D'altronde i numeri parlano chiaro: al 31 marzo del 2015 il sistema di accoglienza segnalava 70mila persone in Italia, 200mila in Germania e quasi 80 mila in Svezia. Con un'accoglienza così alta non è la Germania ad essere in debito, semmai sono gli altri 23 paesi europei che oggi hanno la necessità di dimostrare uno spirito di solidarietà reale. Far parte dell'Europa comporta anche responsabilità».

L'Italia chiederà formalmente la modifica al trattato di Dublino?

«Stiamo lavorando perché si instauri un sistema comune che nella sostanza superi Dublino e che renda meno rigidi e più solidali i meccanismi previsti da uno strumento che ormai, nei fatti, è obsoleto. Ricordiamoci che era nato negli anni '90, per risolvere il rischio che paesi con un welfare migliore attraessero il maggior numero di migranti. Ora va preso atto che siamo di fronte a un massiccio afflusso di gente che scappa da persecuzioni e guerre.

Dobbiamo pertanto puntare a un sistema comune d'asilo, speculare alla cittadinanza comune europea».

In quale modo?

«Pensiamo a permessi temporanei di uno o due anni per consentire richiedenti asilo di andare anche in altri Paesi d'Europa. Occorrerà fare sì che il sistema di accoglienza e di asilo debba valere per tutta l'Europa e che ci siano procedure comuni per il trattamento delle domande».

Eppure dai vertici di questa settimana emergono anche molte resistenze sul fronte dell'accoglienza. Lei pensa ugualmente che nei dieci punti sia ravvisabile un'apertura da parte dell'Europa?

«Sì perché il meccanismo di 5mila posti di un progetto volontario in tutta l'Unione europea sul reinsediamento è un primo varco per superare Dublino».

Cinquemila basterebbero?

«Assolutamente no. Stiamo puntando a una strategia globale che riguardi non solo il ”resettlement”, e cioè il reinsediamento dei migranti dalla Libia in paesi che non siano i cinque noti, ma anche la ”relocation”, vale a dire il trasferimento dei richiedenti asilo dall'Italia, primo paese di approdo, in altri paesi Ue».

A tale proposito, gli altri paesi d'Europa accusano l'Italia di non rispettare le procedure europee sul fotosegnalmento dei richiedenti e, di conseguenza, di consentire ai migranti di arrivare nei paesi del Nord Europa, vera meta delle disperate traversate. E' così? O forse ritene che sia solo una scusa per non condividere il problema?

«La questione è rilevate ma è solo uno dei dieci punti affrontati dal consiglio degli affari interni ed esteri di Lussemburgo. Noi abbiamo migliorato e stiamo dando sempre maggiore efficienza al sistema di fotosegnalamento. Ma a volte tutto ciò si scontra con il rifiuto da parte di chi non intende rilasciare le impronte digitali difficilmente superabile se non violando altre leggi»

I centri di accoglienza italiani sono al collasso, visto che ogni settimana ci sono circa 5mila persone che sbarcano sulle coste italiane. Eppure anche in Italia, così come in Europa, si sta verificando una disomogeneità tra Nord e Sud: il 21% dei migranti ospitati in Sicilia contro l'1 per cento della Valle d'Aosta.Come intervenire?

«Lasciando stare la Valle d'Aosta, che non è una grande regione, l'equa distribuzione deve valere per l'Europa e anche per l'Italia. Vanno fatti nuovi accordi per garantire un meccanismo di solidarietà Nord-Sud che funzioni: la Sicilia che subisce il 90 per cento degli sbarchi non si può di certo caricare anche del 21 per cento dell'accoglienza».

Eppure dopo le parole rassicuranti dell'Anci, in conferenza delle Regioni si sono registrate spaccature. I governatori leghisti mantengono il punto. Sarà necessario intervenire con le requisizioni delle strutture al Nord?

«Non abbiamo intenzione di fare nulla che non sia concordato e per questo avremo un incontro con l'Anci e con le Regioni, cioè con Fassino e Chiamparino, assieme, i primi giorni di maggio».

Immagina che queste siano resistenze superabili dopo le elezioni amministrative?

«La campagna elettorale incide, ma abbiamo la convinzione che si possa raggiungere un accordo che poi venga rispettato».

L'affondamento dei barconi vuoti è una delle ipotesi percorse a livello internazionale. Già lo scorso agosto però, il governo aveva ipotizzato di introdurre nel decreto sugli stadi una norma che consentisse alla Marina militare di affondare in acque internazionali le carrette per evitare che ritornassero nelle mani degli scafisti. Perché non se ne fece nulla?

«Stiamo parlando di due cose diverse. Catturare e distruggere le imbarcazioni sul modello dell'operazione anti pirateria Atalanta avviene per impedirne la partenza. L'altra iniziativa, cui lei fa riferimento, l'avevamo immaginata perché non fossero nuovamente usati i battelli che, una volta partiti, soccorsi e svuotati dei migranti, rientrano in possesso dei trafficanti. Avevo pertanto proposto l'affondamento dei barconi vuoti ma sono state eccepite una serie di convenzioni internazionali a protezione dell'ambiente marino che non hanno consentito la distruzione dei barconi».

Dalle inchieste della dda di Palermo e della procura di Cagliari emerge che alcuni degli arrestati per traffico di migranti o per terrorismo internazionale erano richiedenti asilo o rifugiati. Comunque tutti con regolare permesso di soggiorni. Sono da rivedere le procedure?

«Va detto innanzitutto che stiamo parlando di grandi operazioni. Le indagini dell'Antiterrorismo della Polizia sono state rese estremamente difficoltose dall'impossibilità di avere riscontro diretto in Pakistan. Ciò premesso, faccio notare che i permessi di soggiorno vengono concessi in base alle leggi. Certamente i funzionari che li hanno rilasciati hanno rispettato le leggi. Se poi ci sono persone che ne hanno fatto un cattivo uso, proprio queste circostanze dimostrano che lo Stato italiano è più forte di chi lo vuole contrastare».

Ministro, molte delle intercettazioni dell'inchiesta di Cagliari risalgono al 2009-2011 e in queste si faceva riferimento ad attentati in Italia e all'estero, alcuni compiuti altri no. Perché attendere così tanti anni per compiere gli arresti?

«Queste sono valutazioni che spettano agli inquirenti, essendo noto che il governo non ha il potere di arrestare. Evidentemente gli inquirenti hanno ritenuto che le indagini dovessero proseguire».