Se l’incubo Isis entra nel dibattito sullo Ius soli

di Alessandro Orsini
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Mercoledì 21 Giugno 2017, 01:03
Djazi, irrompe nel dibattito italiano sul conferimento della cittadinanza ai figli degli immigrati. L’ardore del dibattito è infatti causato dagli attentati dell’Isis e, pertanto, occorre svelare la vera posta in gioco. Alcuni parlamentari temono che rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza priverebbe l’Italia dello strumento dell’espulsione degli immigrati radicalizzati. È semplice: i jihadisti tunisini vengono espulsi in Tunisia; i jihadisti italiani restano in Italia. La Francia ha più difficoltà dell’Italia nel contrasto alla radicalizzazione anche perché molti seguaci dell’Isis hanno la cittadinanza francese. Anziché essere espulsi, finiscono in carcere, dove spesso si radicalizzano ulteriormente o promuovono la radicalizzazione di altri detenuti.

Il terrorista Adel Kermiche aveva 18 anni quando fu arrestato mentre cercava di lasciare la Francia per recarsi in Siria e arruolarsi nell’Isis. Posto agli arresti domiciliari, sgozzò un prete cattolico in una chiesa in Normandia, il 26 luglio 2016, nelle poche ore in cui era autorizzato a uscire di casa. Senza la cittadinanza francese Kermiche sarebbe stato espulso in Algeria, suo Paese di nascita. Chérif Kouachi, uno dei massacratori di Charlie Ebdo, era stato arrestato il 25 gennaio 2005 mentre cercava di recarsi in Siria per combattere con al Qaeda contro i soldati americani in Iraq. Condotto in carcere, favorì la radicalizzazione di Amedì Coulibalì, uno dei terroristi che avrebbe insanguinato Parigi nei giorni della strage del 7 gennaio 2015.

Tuttavia esiste una quantità enorme di casi di immigrati che, avendo ricevuto la cittadinanza, hanno voltato le spalle all’Isis perché sono riconoscenti al Paese che li ha accolti. Tra i numerosi esempi di musulmani che hanno denunciato i militanti dell’Isis, ricordiamo l’arresto di Jaber Albakr, il siriano di 22 anni ricercato per terrorismo. Albakr aveva chiesto ospitalità a un proprio connazionale che però lo ha consegnato alla polizia tedesca. È accaduto il 10 ottobre 2016 a Lipsia. Stiamo parlando di un siriano che ha fatto arrestare un altro siriano o, se si preferisce, di un musulmano che ha fatto arrestare un altro musulmano. I lettori ricorderanno il nome di Syed Rizwan Farook, uno dei due autori della strage di San Bernardino del 2 dicembre 2015 in California. Ebbene, il fratello di questo jihadista si era arruolato nell’esercito americano per combattere in Iraq. Entrambi i fratelli erano musulmani. Il primo lottava per i terroristi; il secondo contro i terroristi. In alcuni casi, il conferimento della cittadinanza favorisce l’integrazione e allontana dall’Isis.

Mohamed Bouhlel, l’autore della strage di Nizza del 14 luglio 2016, era un immigrato giunto dalla Tunisia nel 2005. Non aveva la cittadinanza francese e ha ucciso. Dzhokhar Tsaranev, uno dei due autori della strage alla maratona di Boston del 15 aprile 2013, era nato in Kyrgyzstan. Aveva ottenuto la cittadinanza americana e ha ucciso. Ciò che è realmente decisivo nella vita degli immigrati non è il rapporto con lo Stato, che è importante, bensì il rapporto con le persone che fanno parte della loro vita quotidiana, che è ancora più importante. Un immigrato che venga umiliato dalla società circostante, sarà incline a odiare l’Italia pur avendo la cittadinanza. Un immigrato che venga rispettato sarà incline ad amare l’Italia pur non avendo la cittadinanza. Tuttavia, l’osservazione sociologica registra anche i casi di immigrati rispettati che si radicalizzano e i casi di immigrati umiliati che non si radicalizzano. La radicalizzazione ha poche regole. 

Nel dibattito parlamentare dovrebbe irrompere la moderazione. Nel futuro, se non si aggraveranno troppo le tensioni tra il blocco anti-Isis guidato dagli Usa e il blocco anti-Isis guidato dalla Russia, lo Stato Islamico sparirà e, di conseguenza, spariranno anche gli attentati dell’Isis. Il dibattito sul conferimento della cittadinanza ai figli degli immigrati dovrebbe svilupparsi senza tener conto del tipo di società che l’Isis vorrebbe costruire in casa nostra, ma tenendo conto unicamente del tipo di società che noi vorremmo costruire per i nostri figli e i figli degli immigrati.
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