Il voto in Lombardia, il grande flop dei tablet e scrutatori “prigionieri”

Il voto in Lombardia, il grande flop dei tablet e scrutatori “prigionieri”
di Mario Ajello
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Martedì 24 Ottobre 2017, 09:54
dal nostro inviato
MILANO Mezza sconfitta per Maroni e sconfitta totale per la voting machine. Uno scrutatore, Stefano Bolognini, così l'ha definita su Facebook: «Una Caporetto». «Ecco come ci ha ridotto il flop del voto elettronico», raccontano altri due addetti ai seggi, usciti all'alba dalla scuola di via Galvani, due passi dalla stazione centrale. E indicano le borse sotto agli occhi e il pallore da neon, segni di una notte insonne dentro le aule dell'e-voting trasformate in scomodi accampamenti. Il voto elettronico doveva rappresentare il fiore all'occhiello del nordismo tecno-digitale e invece ha avuto tempi biblici o sudisti. «Liberateci!», è stato sui social il singhiozzo notturno degli scrutatori. Il tutto perché il cervellone della Direzione centrale uffici informatici e Agenda digitale (quante denominazioni per un flop solo) non è riuscito a incamerare i dati del voto contenuti nel chiavette usb dei tablet usati per questa consultazione.
La burocrazia, quella tanto odiata dai nordisti, ha imposto le sue lungaggini alla tecnologia (tanto amata dal Settentrione efficiente e produttivo che ha speso infatti 23 milioni di euro in Lombardia per la voting machine) e la scena madre è stata quella delle centinaia di vigili urbani - i proverbiali ghisa milanesi - che arrivano rombando alla Direzione generale dei sistemi informatici, scendono agilmente nonostante la tarda ora dalle loro motociclette lampeggianti e portano nell'ufficio le grandi buste di plastica bianche contenenti le chiavette del voto. Pensano di sbrigarsela in un attimo. Ma non è così. Si mettono in fila. Il cervellone sta facendo i capricci.
Il nordismo lombardo, che si fa vanto di stare all'avanguardia, ha preso così una batosta colossale in campo tecnologico. Lo spoglio referendario in questa regione, dove non hanno votato in tanti, è stato più lento che nella Basilicata dell'800, più laborioso di quello dell'Irpinia del Viaggio elettorale di Francesco De Sanctis (1875). Ma Maroni ha parlato solo di «piccole criticità». E prima di dare i dati ha fatto passare la domenica notte e la metà del lunedì tra continui rinvii.

LA DITTA VENEZUELANA
Lo spauracchio alla vigilia erano gli hacker. Più di loro poté la burocrazia. Che lancia uno schiaffo a chi aveva esaltato le magnifiche sorti progressive dell'e-voting alla lombarda rispetto alle scartoffie da centralismo romaladronico. Ma i vincitori dell'appalto per questo voto elettronico, i venezuelani di SmartMatic (domiciliata in Olanda dove la fiscalità è agevolata, iscritta ad agosto alla Camera di commercio di Milano è rappresentata da Diego Chiarion, Project manager e consigliere comunale di Guardia Veneta dal 2009 al 2014) più che smart da efficienza meneghina sembrano aver importato sotto la Madonnina i ritmi caraibici. Così lenti che a un certo punto, alle tre di notte, alcuni scrittori hanno abbandonato i seggi senza permesso. E ieri sono stati denunciati.