Governo Gentiloni, ecco i nuovi nomi nella squadra dei ministri

Governo Gentiloni, ecco i nuovi nomi nella squadra dei ministri
21 Minuti di Lettura
Lunedì 12 Dicembre 2016, 19:38 - Ultimo aggiornamento: 14 Dicembre, 10:49
Non sono molti i nomi nuovi fra i ministri della squadra di governo di Paolo Gentiloni. Ecco i nomi di quelli che non erano in carica con il governo di Matteo Renzi. Nel nuovo esecutivo sono presenti sei donne, una in meno rispetto al governo Renzi.




Marco Minniti (ministro dell'Interno)
Dalla svolta nell'Intelligence, con gli 007 che escono dall'ombra e dialogano con i cittadini, al Viminale. Domenico Minniti detto Marco, è il nuovo ministro dell'Interno. Nato a Reggio Calabria il 6 giugno 1956, Minniti lascia la delega ai Servizi ricoperta sin dall'inizio della legislatura con il governo Letta e poi confermata con Renzi. Laureato in filosofia, ha iniziato la sua carriera politica in Calabria, sua terra d'origine. Deputato nella XIV, XV e XVI legislatura, Minniti è stato eletto senatore nella XVII Legislatura nella circoscrizione Calabria come capolista del Pd, partito in cui ha svolto negli anni ruoli di primo piano, tra i quali "ministro ombra" dell'Interno e responsabile nazionale per la verifica dell'attuazione del programma del governo Monti.

È stato sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo D'Alema I, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi per le informazioni e la sicurezza nel D'Alema II, coordinatore del Comitato interministeriale per la ricostruzione dei Balcani all'epoca della crisi del Kosovo, sottosegretario alla Difesa nel secondo governo Amato e vice ministro dell'Interno nel secondo governo Prodi. Il 1 dicembre 2009 ha dato vita a Roma alla fondazione Icsa (Intelligence culture and strategic analysis), un centro di analisi ed elaborazione culturale che tratta in modo innovativo i temi della sicurezza, della difesa e dell'intelligence.




Valeria Fedeli (ministro dell'Istruzione)

«Sono vice presidente del Senato, dopo essere stata candidata come capolista in Toscana ed eletta senatrice per la prima volta alle elezioni del 24 e 25 febbraio». Così Valeria Fedeli, folta chioma rossa, si presenta nel suo sito. Da stasera è il nuovo ministro dell'Istruzione del governo Gentiloni. Fedeli arriva alla politica dopo una lunga esperienza nella Cgil. Fedeli, nata a Treviglio (Bg) il 29 luglio 1949, inizia la sua attività nel sindacato a Milano alla fine degli anni '70 entrando nella Cgil. Si trasferisce poi nel 1982 a Roma, per assumere incarichi di segreteria prima nel settore pubblico e poi nel tessile. Dal 2000 fino al 2010 guiderà come segretaria generale, la categoria dei lavoratori tessili della Cgil.Nel 2012 lascia il sindacato per candidarsi nelle liste del Partito Democratico come capolista in Toscana per il Senato della Repubblica. Eletta senatrice nelle elezioni politiche italiane del 2013, il 21 marzo 2013 è eletta vice presidente del Senato della Repubblica per il Pd. Tra i vari disegni di legge presentati come primo firmatario si ricorda quello per l'istituzione di una Commissione parlamentare sul fenomeno dei femminicidi che raccolse tra i cofirmatari l'appoggio di molti esponenti di forze politiche anche di opposizione.




Anna Finocchiaro (ministro dei Rapporti con il Parlamento)

A quasi 20 anni dalla nomina a ministro per le Pari Opportunità del primo esecutivo Prodi, Anna Finocchiaro rientra nei ranghi governativi come ministro dei Rapporti con il Parlamento, ereditando il ruolo di Maria Elena Boschi. Nata a Modica il 31 marzo del 1955, laureata in Giurisprudenza, nel 1981 entra come funzionario alla Banca d'Italia ma un anno dopo diventa pretore e successivamente sostituto procuratore a Catania. Deputata nel 1987 con il Pci e eletta in seguito con il Pds-Ds, comincia la sua carriera in parlamento, interrotta solo dall'incarico ottenuto al dicastero delle Pari Opportunità. Nel 2001, alle elezioni vinte da Silvio Berlusconi, strappa un seggio con i Ds a Montecitorio e nel 2006 con la legislatura seguente, viene riconfermata ma stavolta al Senato nella lista dell'Unione.

Nel 2007, con la nascita del Pd di cui è una dei fondatori, diventa capogruppo a palazzo Madama. Nel 2008 viene candidata alle regionali in Sicilia ma viene sconfitta senza appello dal candidato del centrodestra Raffaele Lombardo. Presidente della commissione Affari Costituzionali al Senato, in questa legislatura ha lavorato fianco a fianco con il ministro Boschi, all'elaborazione del testo di riforma approvato dal Parlamento ma bocciato il 4 dicembre dagli italiani.




Claudio De Vincenti (ministro Coesione territoriale e Mezzogiorno)
A sessantotto anni (è nato a Roma il 28 ottobre 1948) e dopo cinque in ambito governativo, Claudio De Vincenti compie il "salto" e diventa ministro con la responsabilità per il Mezzogiorno e per la Coesione Territoriale, incarico - quest'ultimo - che fu, nel governo Monti, di un altro economista Fabrizio Barca mentre con Letta l'incarico andò a Carlo Trigilia. Nel Governo Renzi le deleghe sono state conferite al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, dal 22 febbraio 2014 fino alla sua nomina a Ministro, il 2 aprile 2015. De Vincenti arriva al governo nel 2011 dopo essere stato fra l'altro Professore Ordinario di Economia Politica presso il Dipartimento di Economia e Diritto dell'Università di Roma «La Sapienza» ma anche Consigliere economico presso la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell'Economia e finanze, il Ministero della Salute. Autore di numerose pubblicazioni De Vincenti è stato Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico da novembre 2011 a febbraio 2014, quando è stato "promosso" viceministro allo stesso dicastero. Quindi dal 10 aprile 2015 è Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con le funzioni di Segretario del Consiglio dei Ministri.




Luca Lotti (ministro per lo Sport)
Ministro per lo Sport nel governo Gentiloni. Una nomina che arriva al fotofinish per Luca Lotti che lascia la casella di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Lotti, considerato il braccio destro di Matteo Renzi, un fedelissimo come pochi del segretario dem. Eletto nel 2013 alla Camera dei deputati nelle liste del Partito Democratico. Toscano, nato a Empoli il 20 giugno dell'82, Lotti è laureato in Scienze di governo e dell'amministrazione all'università di Firenze. Politicamente inizia il proprio cammino nelle fila della Margherita.

La sua carriera è iniziata a livello comunale, come consigliere comunale di Montelupo Fiorentino. Qui conobbe, nel 2005, Matteo Renzi, che nel 2012 lo volle al suo fianco nelle primarie del Partito Democratico. Quando Pier Luigi Bersani diede le dimissioni, Lotti entrò a far parte della segreteria del partito, passando progressivamente dagli enti locali all'organizzazione insieme a Lorenzo Guerini e Stefano Bonaccini. In questi tre anni a Chigi, Lotti più volte è finito sotto accusa per il rapporto "privilegiato" con Denis Verdini. Nonché per le stoccate a difesa del premier e all'attacco alla 'vecchia guardià del Pd. Non ultimo l'affondo contro Massimo D'Alema, durante la battaglia referendaria, quando non esitò a definire l'ex premier «accecato dall'odio per poltroncina mancata».


Questi invece i ministri confermati (anche se alcuni di loro, come Angelino Alfano, hanno cambiato dicastero).




Angelino Alfano (ministro degli Esteri)
Dall'immigrazione ai rapporti con la Russia, dalla presidenza italiana del G7 all'ingresso del Consiglio di Sicurezza dell'Onu passando per le crisi in Siria e in Libia, ancora ben lontane dalla stabilizzazione. Sono tante e importanti le sfide che il nuovo ministro degli Esteri Angelino Alfano dovrà affrontare nei prossimi mesi. Agrigentino, classe 1970, sposato con due figli, Alfano vanta una già lunga esperienza di governo, iniziata come il più giovane ministro della Giustizia della storia della Repubblica, proseguita al Viminale e culminata oggi alla guida della Farnesina. I suoi contatti internazionali derivano principalmente dalla partecipazione ai Consigli ministeriali della Ue e ai vertici del Partito popolare europeo, dove ha stretto rapporti soprattutto con il premier spagnolo Mariano Rajoy, la cancelliera Angela Merkel e il neo primo ministro francese, ex ministro dell'Interno, Cazeneuve. Sorriso perenne stampato sulle labbra e nervi d'acciaio, Alfano (figlio d'arte, il padre Angelo era un notabile della Dc siciliana) è noto per il suo aplomb, che però ha 'traditò in qualche occasione. Chiamato alla guida del Pdl nel 2011 da Silvio Berlusconi - che ne apprezzava l'eloquio, l'energia e la determinazione salvo poi imputargli la famosa «mancanza di quid» - ha attraversato mesi difficili per il centrodestra fino alla caduta del governo e la nascita dell'esecutivo Monti. Con l'avvento a Palazzo Chigi di Enrico Letta, con cui Alfano è in sintonia per età e storia politica, viene nominato ministro degli Interni e vicepremier. Ma la condanna definitiva in Cassazione di Berlusconi per frode fiscale fa precipitare la situazione.

Il Pdl esce dal governo, Alfano invece resta nell'esecutivo e molla il suo mentore per fondare il Nuovo centrodestra (Ncd) insieme agli altri ministri ex Pdl. Nei primi dieci mesi al Viminale ci fu chi gli rimproverò una cattiva gestione del caso Shalabayeva, la moglie del banchiere dissidente kazako Ablyazov espulsa e poi rientrata in Italia. Il secondo mandato da ministro degli Interni, nel governo Renzi, servirà invece ad Alfano per farsi le ossa su uno dei dossier più scottanti che lo aspettano anche nel 2017: l'immigrazione. Il nuovo capo della diplomazia italiana si è fatto conoscere e apprezzare a Bruxelles con la promozione del "Migration Compact" e la strenua difesa di un «approccio europeo» alla questione. Proprio la Libia, e stavolta non solo sotto il profilo migratorio, sarà uno dei primissimi dossier che Alfano troverà sulla sua scrivania alla Farnesina. Dopo la liberazione di Sirte dall'Isis, Roma ha assicurato che resterà impegnata accanto al governo di unità nazionale libico nella lotta al terrorismo e i prossimi mesi diranno se una svolta è finalmente possibile. Così come fondamentali saranno per la Siria, dove si dovranno fare i conti con la Russia, dall'Italia considerata un interlocutore, su alcuni dossier, imprescindibile. Con Gentiloni l'ex ministro degli Interni si confronterà poi sui grandi appuntamenti che aspettano l'Italia il prossimo anno: dall'ingresso nel Consiglio di sicurezza dell'Onu al vertice G7 di Taormina, nella sua Sicilia.





Pier Carlo Padoan (ministro dell'Economia)
Guardiano dei conti e garante del rispetto delle regole per la comunità internazionale e per i mercati. Pier Carlo Padoan resta al suo posto al Tesoro nell'ennesimo passaggio difficile per la politica economica italiana. Sul tavolo, ci sono tutti i dossier più caldi: dal caso Mps all'attuazione di una manovra, frettolosamente approvata al Senato con lo stesso testo della Camera, che dovrà essere corretta con una serie di decreti ad hoc. Alla scrivania di Quintino Sella, il titolare di via XX settembre è arrivato dall'Ocse, passando, ma senza mai metterci piede, dall'Istat. Per il suo incarico di governo Padoan ha lasciato l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, di cui è stato dal giugno 2007 Vice Segretario Generale e dal dicembre 2009 anche Capo Economista. Per l'Ocse ha ricoperto anche l'incarico di rappresentante al G20 Finanza ed è stato a capo della Risposta Strategica e della Green Growth and Innovation Initiative. In precedenza è stato docente di Economia all'Università La Sapienza di Roma e Direttore della Fondazione Italianieuropei, il think-tank politico che fa capo a Massimo D'Alema e che ha avuto Giuliano Amato nell'Advisory Board. Due esponenti di cui Padoan è stato consigliere economico dal 1998 al 2001, durante la loro esperienza a Palazzo Chigi.

Negli stessi anni ha ricoperto l'incarico di responsabile delle politiche economiche internazionali presso la presidenza del Consiglio. Dal 2001 al 2005, Padoan è stato il Direttore Esecutivo italiano presso il Fondo Monetario Internazionale, responsabile per Grecia, Portogallo, San Marino, Albania e Timor Est. Il ministro dell'Economia è stato membro del Consiglio di Amministrazione e ha presieduto una serie di Comitati Consiliari. Durante il suo mandato all' FMI è stato anche incaricato della European Co-ordination.È stato responsabile per il coordinamento della posizione italiana nei negoziati dell' Agenda 2000 per il bilancio UE, l'Agenda di Lisbona, il Consiglio Europeo, gli incontri bilaterali e i vertici del G8.

Fra gli altri incarichi Padoan ha rivestito anche quello di consulente della Banca Mondiale, della Commissione Europea e della Banca Centrale Europea mentre dal 1992 al 2001 è stato professore al College of Europe e visiting professor in Italia, Argentina, Giappone, Polonia e Belgio. Tra le sue principali pubblicazioni «Euro-American Trade and Financial Alliances» (2004), «The Structural Foundations of International Finance» (2003) e «A Transatlantic Perspective on the Euro» (2000). Alla fine di dicembre 2013 il governo Letta lo aveva designato alla guida dell'Istat, ma la successiva crisi di governo non ha consentito di ratificare l'incarico, aprendogli però le porte di Via XX Settembre.





Andrea Orlando (ministro della Giustizia)
Il terreno minato da cui ripartire è la riforma del processo penale, un grande contenitore in cui ci sono le modifiche alla prescrizione e alle intercettazioni, ma anche pene più alte per furti e rapine e misure sul trattamento dei detenuti che cancellano gli automatismi della legge Cirielli, particolarmente penalizzanti per i recidivi. Per Andrea Orlando, che succede a se stesso nel nuovo governo Gentiloni nello stesso ruolo di Guardasigilli, sarà questo il banco di prova più difficile. Il testo già approvato alla Camera, è ora all'esame del Senato, ma il suo cammino è stato e resta accidentato per i veti provenienti non solo dall'opposizione, ma anche dall'interno della stessa maggioranza.

Qualche giorno prima del referendum, che lo ha visto tra i protagonisti più attivi nella campagna per il sì, Orlando aveva assicurato che sulla riforma sarebbe stata posta la fiducia. E ai dirigenti dell'Associazione nazionale magistrati aveva annunciato la presentazione di maxi-emendamento per modificare alcune parti, contestate dalle toghe: come la norma che prevede l'avocazione automatica di un procedimento da parte del procuratore generale se entro tre mesi dall'avvio delle indagini non sia stata chiesta l'archiviazione o il rinvio a giudizio.Decisioni su cui bisogna vedere se Orlando - che è alla sua terza esperienza di ministro (la prima da titolare dell'Ambiente risale al governo Letta), ha 47 anni ed è spezzino- riuscirà a portarsi dietro l'intero esecutivo. Sempre prima del referendum Orlando aveva assicurato anche modifiche al decreto che ha prorogato a 72 anni l'età pensionabile dei soli vertici della Cassazione e non della totalità dei magistrati. E soprattutto aveva preso impegni per rafforzare gli organici degli uffici giudiziari, portando nelle cancellerie, con la leva dei concorsi e della mobilità, 4mila unità di personale amministrativo in più, in modo da dimezzare l'attuale scopertura. Anche su questo fronte, per passare dagli annunci ai fatti occorrerà il consenso dell'intero esecutivo.




Roberta Pinotti (ministro della Difesa)

È stata la prima ministra italiana alla Difesa e resterà alla guida del dicastero di Palazzo Baracchini. Roberta Pinotti va avanti con il suo mandato, responsabile alla Difesa anche per il governo Gentiloni. È nata il 20 maggio 1961 a Genova, è sposata e ha due figlie. Nel governo Letta ha ricoperto l'incarico di sottosegretario alla Difesa, poi l«upgradè nell'esecutivo capitanato da Matteo Renzi. Laureata in Lettere, insegnante negli istituti superiori, è senatrice del gruppo del Partito Democratico. Ha iniziato il suo percorso politico negli anni Novanta, accumulando esperienze sia all'interno del suo partito (Pci-Pds-Ds-Pd) sia in campo amministrativo, fino ad arrivare a ricoprire ruoli di particolare delicatezza e responsabilità nel settore della Difesa, ritenuti fino a quel momento monopolio maschile. Dopo l'esordio in politica avvenuto con l'elezione a consigliere nella circoscrizione genovese di Sampierdarena, ha conciliato l'attività nel partito con quella di amministratrice. Dal 1993 al 1997 ha ricoperto l'incarico di assessore provinciale alla Scuola e alle Politiche Giovanili e Sociali della Provincia di Genova e dal 1997 al 1999 è stata assessore alle Istituzioni scolastiche del Comune di Genova. Nel frattempo ha continuato la sua militanza nei Democratici di Sinistra, fino a diventare segretaria provinciale a Genova, dal 1999 al 2001.

Sostenitrice dell'avventura politica dell'Ulivo, Roberta Pinotti entra in Parlamento nel maggio 2001, eletta alla Camera dei Deputati. Rieletta nelle liste dell'Ulivo nell'aprile 2006, diviene Presidente della Commissione Difesa della Camera dei Deputati, prima donna italiana a ricoprire questo ruolo. Nel Partito Democratico, è stata prima responsabile nazionale per la sicurezza, poi ministro ombra della Difesa e infine capo del Dipartimento Difesa. Rieletta in Senato nel 2008, è stata eletta nel 2010 vicepresidente della Commissione Difesa del Senato. In tale ambito è stata promotrice di molteplici atti parlamentari tra cui la riforma del codice penale militare e la messa al bando delle bombe a grappolo. Nell'ottobre 2008 è stata insignita della Legione d'onore presso l'Ambasciata di Francia in Italia.




Carlo Calenda (ministro dello Sviluppo economico)
Alla guida del ministero dello Sviluppo economico da sette mesi (il decreto di nomina è del 10 maggio scorso) Carlo Calenda - romano, 43 anni, figlio dell'economista Fabio Calenda e della regista Cristina Comencini - è ormai un 'veteranò del Mise visto che ne è stato viceministro dal maggio 2013 con il Governo Letta che gli attribuì la delega sulle politiche per l'internazionalizzazione e il commercio internazionale. L'ex premier Matteo Renzi lo ha confermato viceministro nel febbraio 2014 insieme alla responsabilità per l'attrazione degli investimenti esteri. Dal 18 marzo al 10 maggio 2016 è stato Rappresentante Permanente d'Italia presso l'Unione Europea, a Bruxelles, poi la chiamata a ricoprire il ruolo di ministro dopo le dimissioni di Federica Guidi. Oggi la conferma con il nuovo esecutivo a guida Gentiloni. Fiore all'occhiello dell'attività del Mise nell'era Calenda è il piano Industria 4.0 cui ha dato attuazione la legge di Bilancio, votata dal Senato lo scorso 7 dicembre. Il pacchetto di misure ha l'obiettivo di rilanciare la competitività delle imprese italiane, sostenendole nei loro programmi di investimento e di innovazione.

Nell'ottica del rilancio della crescita e degli investimenti, Industria 4.0 punta sul credito d'imposta per la ricerca e lo sviluppo, super e iperammortamento sugli investimenti in beni materiali e immateriali, potenziamento degli sgravi fiscali sul salario di produttività. E ancora il piano mira a rafforzare e stabilizzare le misure a favore delle startup e delle Pmi innovative, comprende la proroga della «Nuova Sabatini» e i fondi per i Competence Center oltre al significativo rafforzamento del Fondo di Garanzia per le Pmi.




Maurizio Martina (ministro dell'Agricoltura)
Dopo un 2015 passato sotto i riflettori dell'Expo, Maurizio Martina ha avuto un 2016 scandito dal confronto con Bruxelles su una serie di dossier, dal latte alla Xylella, dalla pesca alle etichette, che toccano le vite di centinaia di migliaia di lavoratori. Un impegno che ha dato visibilità al giovane ministro (classe 1978) arrivato con Renzi alla carica più importante dopo essere stato sottosegretario uscente al ministero delle Politiche agricole nel governo Letta. E che gli ha portato in dote la conferma al ministero di via XX settembre. Nato a Calcinate, in provincia di Bergano Martina, sposato con due figli, ha conseguito la laurea in Scienze Politiche. La sua carriera politica inizia nel 1999 quando viene eletto consigliere comunale, carica che ricopre fino al 2004. Nelle stesso anno, dopo una militanza nell'organizzazione giovanile dei Democratici di Sinistra, viene eletto segretario della Provincia di Bergamo.

Nel 2006 assume la carica di segretario regionale dei Democratici di Sinistra in Lombardia.
Nel 2007 è tra i fondatori del Partito Democratico. Nello stesso anno, a seguito delle primarie, è eletto primo Segretario del Partito Democratico della Lombardia. Nel 2009, sempre attraverso le primarie, viene riconfermato alla guida del Partito Democratico Regionale Lombardo. Nel 2010 è eletto Consigliere della Regione Lombardia, incarico riconfermato nelle consultazioni popolari del febbraio 2013. Durante i mandati di Consigliere Regionale Lombardo è stato componente della Commissione Affari Istituzionali e della Commissione Attività Produttive.





Gianluca Galletti (ministro dell'Ambiente)
Gian Luca Galletti riesce ad ottenere la conferma al ministero dell'Ambiente, dopo mille giorni scanditi da battaglie come quella sugli OGM e sulle buste monouso, ma anche da polemiche come quella sulla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) sulla compatibilità ambientale del progetto TAP (Gasdotto Trans-Adriatico), nonostante l'avversione di Provincia di Lecce, Regione Puglia e Ministero Beni Culturali. Altro momento chiave, la partecipazione a dicembre 2015, alla COP 21 di Parigi, dove 195 Paesi del mondo hanno sottoscritto un accordo sul clima. Nato a Bologna il 15 luglio del 1961, sposato con 4 figli, ha esordito in politica come consigliere comunale a Bologna, dove è rimasto dal 1990 al 2009, ricoprendo anche la carica di assessore al Bilancio, dal luglio 1999 al giugno 2004. Nel 2006 viene eletto deputato e riconfermato nelle successive legislature. Al governo esordisce a maggio 2013, nominato sottosegretario all'Istruzione nell'esecutivo presieduto da Enrico Letta.




Graziano Delrio (ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti)

Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del Governo Renzi dal 2 aprile 2015, Graziano Delrio resta al Dicastero di Porta Pia anche con il Governo targato Gentiloni. Prima di questa esperienza è stato (dal febbraio 2014) sottosegretario alla Presidenza del Consiglio sempre con Renzi e prima ministro per gli Affari regionali con Letta. Nato a Reggio Emilia nel 1960, Delrio è medico specializzato in endocrinologia e padre di nove figli. È in politica dalla fine degli anni Novanta, passando dagli inizio come consigliere della Regione Emilia Romagna, per poi diventare sindaco di Reggio Emilia per due mandati e presidente dell'Anci dal 2011 al 2013.

In questi 20 mesi da ministro delle infrastrutture e trasporti, Delrio ha scelto come parole chiave la «cura del ferro» e l'intermodalità e ha lavorato al rinnovo della struttura tecnica di missione con indirizzo strategico, alla realizzazione del nuovo codice degli appalti, alla riforma dei porti, ha firmato l'aggiornamento del contratto programma di Anas e Rfi, ha consentito lo sblocco del finanziamento dei corridoi Ue (tra cui il Terzo Valico), contribuito al rinnovo e rafforzamento di ecobonus e sismabonus. Inoltre, vanno ricordati per gli aeroporti la revisione delle tasse d'imbarco; sul fronte ferroviario la velocizzazione delle ferrovie del Sud con lo sblocco della Napoli-Bari; il proseguimento dei lavori sulla Salerno-Reggio Calabria; il finanziamento per le ciclovie turistiche; il project review di diversi progetti, tra cui Torino-Lione, passante di Bologna e Av di Firenze. Per i prossimi mesi lo aspettano diversi dossier caldi: dalla situazione di Alitalia, alla fusione tra Fs e Anas; ci sono poi da completare le nomine nelle Autorità di Sistema dei porti; il rinnovo del parco mezzi regionali e linee regionali previsti con le due leggi di stabilità; l'inaugurazione della Salerno-Reggio Calabria; la riforma del tpl; il Piano per gli intercity; il correttivo per il codice degli appalti; il piano metropolitane. Potrebbe rispuntare anche il Ponte sullo Stretto, se il Governo Gentiloni deciderà di portarlo avanti.




Giuliano Poletti (ministro del Lavoro)
Confermato da Paolo Gentiloni alla guida del ministero del Lavoro, Giuliano Poletti, classe 1951, un "veterano" del governo Renzi, nominato al vertice del dicastero il 22 febbraio 2014 dopo essere stato dal 2002 Presidente nazionale della LegaCoop. Per Poletti sono stati due anni e 10 mesi nella "mischia", sfiorato anche dall'inchiesta Mafia Capitale, per spiegare e difendere i provvedimenti più importanti, ma anche più controversi, dell'esecutivo: dalla riforma del mercato del lavoro, con il contratto a tutele crescenti e l'abrogazione di fatto dell'articolo 18 per chi si affaccia nel mondo del lavoro alla versione 'italianà del programma europeo 'Garanzia giovanì per alleviare la disoccupazione under 29; dalla riforma degli ammortizzatori sociali al piano di contrasto alla povertà fino al recente accordo con Cgil, Cisl e Uil sul prestito pensionistico. Un ritrovato "dialogo", quello, con le parti sociali che potrà così continuare su un altro capitolo importante, la gestione delle crisi nelle aree industriali. Pragmatico e diretto, nel suo dialetto romagnolo, si è sempre ispirato, come raccontava lui stesso, a quella «sostanza delle cose» con cui guardava alla realtà Marco Biagi, il giuslavorista ucciso dalle Br.




Dario Franceschini (ministro dei Beni Culturali)

Per anni ha attraversato le stagioni del centrosinistra, dell'Ulivo e del Pd. E ora resta saldamente al governo a guida Gentiloni. Dario Franceschini è confermato ministro dei Beni culturali. Già con Renzi ha legato il suo nome, tra le tante iniziative, al rilancio di Pompei o all'Art bonus. Ma anche al mercoledì al cinema a due euro. E ora con Gentiloni potrà continuare l'opera. Avvocato, politico, scrittore. La biografia di Franceschini è ricca di voci diverse. Nato a Ferrara il 19 ottobre del '58, segue da giovanissimo la sua passione per la politica: al liceo scientifico Roiti di Ferrara fonda nel '74 l'Associazione studentesca Democratica. Non trascura la professione e esercita come avvocato civilista dall'85. Cassazionista, è iscritto al registro dei Revisori contabili. Ma la politica gli prende sempre più la mano. Cresce con Benigno Zaccagnini come punto di riferimento, si iscrive alla Dc e poi prosegue la sua carriera politica nel Ppi fino ai vertici del partito. Intanto, comincia a fare esperienza nelle istituzioni partendo dal consiglio comunale di Ferrara.

Il salto nel giro che conta è con il governo D'Alema, quando diventa sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle riforme istituzionali. Ruolo confermato poi nel successivo governo Amato. Intanto Franceschini contribuisce a fondare la Margherita e poi, con l'Ulivo, diventa capogruppo alla Camera. Quando nasce il Pd, Franceschini è indicato come vicesegretario da Walter Veltroni. E quando questi si dimette, diventa segretario. Si presenta alle primarie contro Pierluigi Bersani e Ignazio Marino, ma viene sconfitto. Capogruppo del Pd nella precedente legislatura, nel governo di Enrico Letta assume l'incarico di ministro per i Rapporti con il Parlamento e appoggia poi Matteo Renzi nella corsa alla segreteria del Pd. E non mancano le polemiche sul ruolo che avrebbe giocato nelle fasi che hanno portato alla staffetta a Palazzo Chigi. Franceschini coltiva anche la passione di romanziere: ha pubblicato nel 2006 "Nelle vene quell'acqua d'argento", seguito l'anno dopo da "La follia improvvisa di Ignazio Rando" e nel 2011 da "Daccapo". Ultima fatica letteraria i "Mestieri immateriali di Sebastiano Delgado", pubblicato nel 2013 da Bompiani.




Beatrice Lorenzin (ministro della Salute)
Sposata, con due figli gemelli, Beatrice Lorenzin è la quinta donna al timone del dicastero della Salute e ricopre l'incarico dal 2013. Molte le battaglie portate avanti in questi tre anni e mezzo da ministro, da quella contro il metodo Stamina a quella per promuovere le vaccinazioni, dalla difesa del Fondo Sanitario Nazionale all'importanza della prevenzione e degli stili di vita. Nata a Roma il 14 ottobre 1971 e diplomata al liceo classico, Lorenzin inizia la carriera politica tra le fila di Forza Italia. Nel 1997 è consigliere del XIII Municipio, nel 2001 viene eletta al consiglio comunale di Roma, nel 2005 diventa coordinatrice regionale di Forza Italia e l'anno successivo coordinatore nazionale dei giovani del partito. Eletta deputato nelle fila del Popolo della Libertà nel 2008 e poi nel 2013, viene nominata Ministro della Salute da Enrico Letta nell'aprile 2013 (anno in cui passa al Nuovo Centrodestra, Ncd), e confermata anche da Matteo Renzi nel febbraio 2014. Nel corso del suo mandato è finita nella bufera per la campagna di comunicazione sul Fertility Day ma ha anche legato il suo nome al Piano per la Prevenzione della Corruzione in Sanità e al ddl per il riordino delle professioni sanitarie. Uno dei cavalli di battaglia, e capitolo ancora aperto, è l'aggiornamento, dopo ben 15 anni, dei nuovi Livelli essenziali di assistenza, che prevederanno anche la fecondazione assistita eterologa tra le prestazioni a carico della sanità pubblica.




Marianna Madia (ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione)
Uno degli ultimi atti del governo Renzi è legato al nome di Marianna Madia che, in extremis, a quattro giorni dal voto sul referendum costituzionale, ha raggiunto l'accordo con Cgil Cisl e Uil per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego su un aumento di 85 euro mensili. Madia, classe 1980, viene riconfermata neo ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione. Al suo nome è legata anche la riforma della Pa, la legge delega 124 del 2015, di cui tuttavia la Consulta ha dichiarato l'incostituzionalità di alcune parti. Una sentenza, quella della Consulta, arrivata come una doccia fredda il 25 novembre di quest'anno, dopo l'approvazione definitiva di ben cinque decreti attuativi, tra cui quello sulla dirigenza e quello sui servizi pubblici locali.

Romana, deputata del Pd alla Camera dal 2008 è stata scoperta da Walter Veltroni che la volle capolista a soli 27 anni della XV Circoscrizione. Maria Anna Madia, questo il vero nome all'anagrafe, è figlia del giornalista e attore Stefano Madia. Dopo aver frequentato il Lycée Chateaubriand di Roma ottenendo la maturità francese con mention bien si è laureata in Scienze politiche e poi si è specializzata all'Istituto di Studi Avanzati di Lucca, dove ha conseguito il dottorato di ricerca in economia del lavoro. Il 9 dicembre 2013 diviene membro della segreteria nazionale del Partito Democratico, con il ruolo di responsabile per il lavoro, 'trampolinò per l'incarico di uno dei ministeri più in vista presso l'opinione pubblica.




Enrico Costa (ministro degli Affari regionali)

Figlio d'arte, Enrico Costa viene confermato al dicastero degli Affari regionali, che rappresentò la prima esperienza ministeriale, nel governo di Giuliano Amato del 1992, anche per il padre Raffaele, leader del Partito liberale e noto per le sue battaglie contro gli sprechi e la burocrazia. Nato a Cuneo il 29 novembre del 1969, avvocato, eletto la prima volta alla Camera con Forza Italia nel 2006 e poi riconfermato con il Popolo delle libertà nel 2008 e 2013, Costa si impegna in prima linea nelle battaglie del centrodestra sui temi della giustizia, fino ad essere relatore del lodo Alfano, la legge che prevedeva la sospensione dei procedimenti giudiziari a carico delle quattro alte cariche dello Stato.

A novembre del 2013 decide di seguire Angelino Alfano nel Nuovo centrodestra, diventando il capogruppo del partito alla Camera. Incarico che lascia quando a febbraio del 2014 entra nel governo di Matteo Renzi come sottosegretario alla Giustizia, promosso a viceministro nello stesso dicastero a giugno di quell'anno. Poi all'inizio di quest'anno un ulteriore passo in avanti con l'indicazione a ministro degli Affari regionali. Nel dicastero ottiene anche la delega per le politiche familiari, tema caro ai centristi. E proprio alla vigilia del referendum polemizza a distanza con il leader del Family day Massimo Gandolfini, schierato per il no, e accusato dal ministro di aver dimenticato «i significativi interventi inseriti dal governo nella legge di bilancio» e che, «grazie ad Area popolare, la stepchild adoption è stata stralciata dalla legge sulle unioni civili e non è mai stata introdotta nell'ordinamento».
© RIPRODUZIONE RISERVATA