Quando i giovani vengono dimenticati da chi amministra

di Luigi Tivelli
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Lunedì 20 Novembre 2017, 00:18
Francesco Rutelli, che fra l’altro ha “allevato” qualche autorevole politico oggi sul proscenio, ha pubblicato in questi giorni un libro dall’efficace titolo “Contro gli Immediati” (La Nave di Teseo, 2017). Gli “Immediati” che lui vede purtroppo non poco diffusi nella scena della politica sono: «pericolosi, dannosi, semplificatori, assertivi…, scartano le questioni complesse e preferiscono la battuta, si fanno guidare dalla tattica, non dalla strategia».
Certamente, non sono riconoscibili nel motto einaudiano «conoscere per deliberare». Gli Immediati di cui parla Rutelli non studiano, non conoscono, non approfondiscono (né si circondano di competenze adeguate) i veri problemi del Paese, perché vivono nel “presentismo” sempre legati al brevissimo termine. 

Certamente ai tanti Immediati che calcano la scena di cui parla Rutelli è sfuggito che l’Istat ha scattato recentemente una fotografia dell’Italia dopo sessant’anni di Unione Europea, vediamone alcuni aspetti e alcuni divari rispetto agli altri paesi dell’Ue. Quanto al rapporto debito/Pil, mentre la media dell’Ue è a quota novanta, noi siamo al 132,6%. Quanto al tasso di disoccupazione, siamo all’ 11,9% contro una media europea del 7,5%. In Italia poi lavora il 57% della popolazione contro il 69% della media europea, grazie soprattutto al fatto che da noi le donne e i giovani lavorano meno. Nonostante sia scesa di alcuni punti nell’ultimo anno, la disoccupazione giovanile è attestata attorno al 35% e solo la Grecia e la Spagna ci superano. Quanto agli investimenti per ricerca e sviluppo, eravamo in coda negli anni Sessanta e lo siamo ancora oggi: l’1,3% del Pil contro una media del 2,3% dell’Unione Europea. 

C’è poi un dato che è indicativo delle distorsioni dei servizi pubblici in Italia. Siamo il Paese con il più alto numero di automobili, per la precisione sessantuno ogni cento abitanti, contro le cinquantaquattro dell’Europa dei sei Paesi fondatori. Questo soprattutto perché non funziona il trasporto pubblico. 

Il dato complessivo dei laureati ci vede poi all’ultimo posto con un 26,2% , mentre notizie positive, con una netta evoluzione rispetto a sessant’anni fa, vengono dal fatto che siamo il Paese con la più bassa mortalità infantile nel primo anno di vita, e siamo il Paese più longevo d’Europa e il secondo al mondo. Il rovescio della medaglia è però: se sono così poche le persone che lavorano, con due milioni e cinquecentomila giovani che Neet, che né studiano né lavorano, e con uno dei più bassi di partecipazione femminile alla forza lavoro, chi manterrà progressivamente questo numero di anziani in costante crescita? 

Dai dati sin qui esposti, che possono sembrare puri dati statistici, dovrebbero discendere invece precise priorità per la politica economica e sociale, una politica che ci avvicini a standard più europei. Aggredire il nodo del debito pubblico. Attivare adeguate iniziative per gli investimenti in ricerca e sviluppo. Avviare politiche idonee a sostenere l’occupazione, specie quella giovanile e femminile. Rivedere le politiche per i servizi pubblici, a cominciare dai trasporti nelle città. Avviare nuove politiche per l’università. 

Ne viene fuori quasi un programma di Governo o un dignitoso programma elettorale. Così avverrebbe se le nostre classi politiche si ispirassero all’einaudiano «conoscere per deliberare». C’è poi il rischio che prevalgano gli Immediati così originalmente descritti da Rutelli.
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