Gentiloni: «Meglio così, ora più coesi e più forti»

Gentiloni: «Meglio così, ora più coesi e più forti»
di Marco Conti
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Giovedì 20 Luglio 2017, 08:03
ROMA «Abbiamo rimosso un elemento di tensione in uno dei partiti della maggioranza». A palazzo Chigi si tira un sospiro di sollievo per l'uscita di Enrico Costa dal governo «ora più forte e compatto». La decisione dell'ormai ex ministro della Famiglia era da troppo tempo nell'aria per non rischiare di compromettere la tenuta dell'esecutivo. Troppi i distinguo e troppe le dichiarazioni di simpatia per il Cavaliere per non entrare in contrasto sia con i colleghi ministri, sia con la stessa maggioranza. Ultime le dichiarazioni di Costa sullo ius soli, ma prima le distanze prese sul processo penale come sulla riforma del codice antimafia. Posizioni contrarie, assunte dal ministro in maniera sempre più rigida anche rispetto ai colleghi di partito.

LA SLAVINA
Al punto che ieri l'altro è stato lo stesso Paolo Gentiloni a chiedere ad Angelino Alfano - nel lungo incontro avuto a palazzo Chigi - di esercitare su Costa tutta la moral suasion possibile in modo da sciogliere «al più presto» il nodo delle dimissioni annunciate e non presentate. Costa non si fa pregare troppo e consegna al presidente del Consiglio la lettera di dimissioni incassando un grazie e un doppio sospiro di sollievo: di Gentiloni e di Alfano. Alla slavina non si crede a palazzo Chigi dove presto potrebbe arrivare il successore di Costa (Pizzolante o Tancredi). Gentiloni è convinto di poter e dover arrivare sino in fondo alla legislatura, anche se avverte la fatica nel dover proseguire nell'azione di governo e al tempo stesso tenere unita una maggioranza dove le sirene elettorali si cominciano ad avvertire. Insofferenza e tensioni che si avvertono soprattutto nel Pd diviso tra coloro (i renziani) che rimpiangono le mancate elezioni anticipate a giugno o settembre e temono di dover passare i prossimi mesi della legislatura schiacciati nella tenaglia Ap-Mdp, e l'ala orlandian-franceschiniana. Quest'ultima spinge per un ritorno al premio di coalizione e accusa il segretario di aver creato il vuoto intorno mollando persino Alfano che solo quattro mesi fa aveva tolto dal nome del partito la parola centrodestra proprio in vista di un'alleanza con il Pd. Ma Renzi alla parola coalizione risponde ormai con il solito mantra della legge elettorale che si deve cambiare solo se sono d'accordo anche FI e M5S. Al Senato la maggioranza è ormai solo sulla carta e lo stentato e faticoso iter del ddl vaccini potrebbe essere il prologo del faticosissimo varo della legge di Bilancio che Mdp ha già detto di non voler votare senza «svolta» e senza la reintroduzione dell'articolo 18.

LE ATTESE
La prospettiva del cambio radicale che produrrà il voto di primavera non poteva non scaricarsi sul governo e sulla maggioranza a tre giorni dalla definitiva chiusura dell'ultimo slot per le elezioni anticipate. Rinviare il ddl sulla cittadinanza è servito anche a questo, ma la tensione non si allenta perché Gentiloni a settembre chiederà di votare sullo ius soli confidando sulla pausa estiva che dovrebbe permettere di spiegare che cittadinanza e sbarchi sono due cose differenti. Al Quirinale si seguono le vicende della maggioranza e del governo con la consueta attenzione. Arrivati a poche settimane dal varo della legge di Bilancio «la stabilità», che anche ieri Gentiloni ha evocato, diventa per il Colle un elemento fondamentale per rispondere alle attese di Bruxelles e di quei paesi che il giorno dopo le elezioni hanno la certezza di un governo.

Si va avanti anche perchè persino Renzi è ormai convinto che per il Pd «non è importante quando votiamo ma come ci arriviamo». Riempire le prossime settimane, prima della fine della legislatura, sarò quindi importante per Gentiloni come per il segretario del Pd. Quindi, dopo il ddl vaccini, le banche e il Mezzogiorno. Poi toccherà al ddl Concorrenza del ministro Calenda, ai vitalizi, al ddl-scioperi, alla legittima difesa, al bio-testamento e chissà, forse anche al ddl sulle droghe leggere.