De Vincenti: «Fuori dal patto Ue anche i fondi per la prevenzione»

De Vincenti: «Fuori dal patto Ue anche i fondi per la prevenzione»
di Alberto Gentili
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Domenica 28 Agosto 2016, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 13:05
«Oggi abbiamo toccato con mano il dolore dei familiari delle vittime e di tutte le persone colpite dal terremoto. Ora dobbiamo fare in modo che questo dolore possa accompagnarsi alla fiducia che nessuno verrà abbandonato». E’ appena tornato da Ascoli Piceno, Claudio De Vincenti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. E lancia un “patto di fiducia” con i terremotati: «Come governo sentiamo molto forte la responsabilità di stringere questo un patto. Ripeto: dopo la straordinaria e bellissima prova della fase dei primi soccorsi, nessuno sarà abbandonato».

Alcune delle 35 vittime di cui si sono celebrati i funerali potevano essere salvate con il rispetto delle regole anti-sismiche. Non è così?
«Il tema della prevenzione è una questione fondamentale per un Paese come il nostro, caratterizzato da molte aree ad elevato rischio sismico e da un patrimonio il più vasto del mondo di edifici antichi, di centri storici. Per le nuove costruzioni o per la ristrutturazioni, le norme anti-sismiche ci sono: possiamo vedere se vanno ulteriormente rafforzate e migliorate, ma direi che la prima cosa da fare è di applicarle. Più difficile, e dobbiamo esserne consapevoli, è fare prevenzione anti-sismica per i tantissimi edifici antichi e per i centri storici sparsi nel nostro Paese. Qui abbiamo bisogno di tutte le competenze scientifiche e tecnologiche. Anche per questo il premier Renzi ha lanciato il progetto “Casa Italia”».

 

Ma sulle ristrutturazioni c’è l’ombra del malaffare. Il procuratore di Rieti ha detto che molti restauri anti-sismici sono stati fatti più con la sabbia, che con il cemento.
«Naturalmente la magistratura faccia il suo lavoro. In questo momento la nostra priorità è lavorare per ricostituire le condizioni di vita quotidiana delle comunità colpite. E poi procederemo con la ricostruzione che dovrà avvenire nel rispetto assoluto delle norme anti-sismiche».

Dovrete fare in fretta. Ma spesso la fretta ha favorito i fenomeni di corruzione. Il presidente dell’Anac, Cantone, ha suggerito di adottare il modello Expo. Siete d’accordo?
«Direi proprio di sì. Istituendo l’Autorità nazionale anti-corruzione abbiamo costituito un soggetto fondamentale e con l’esperienza di Expo e poi con altre esperienze di collaborazione forte con l’Anac come per il Giubileo e ora per Bagnoli, stiamo dimostrando che si possono fare opere importanti in tempi rapidi senza finire nel vizio della corruzione. Dobbiamo proseguire su questa strada e lo faremo proprio a cominciare dalla ricostruzione di Amatrice, Accumoli e Arcuata del Tronto, garantendo il rigore e la serietà nell’uso dei fondi pubblici».

Cantone chiede un centro decisionale unitario che si occupi degli appalti. Si andrà in questa direzione?
«Abbiamo varato il codice degli appalti che ha una cabina di regia che stiamo costituendo e che interagirà con l’Anac. Dunque il “centro” ci sarà. In ogni caso il sistema di governance della ricostruzione verrà definito insieme ai governatori delle Regioni colpite, ai sindaci e alle comunità locali. Il nostro vuole essere un percorso fortemente condiviso con le persone colpite dal sisma, perché qui stiamo parlando della loro vita, delle loro case, dei loro luoghi di lavoro e le vittime del terremoto devono poter contare sul fatto che i loro Paesi verranno ricostruiti com’erano, più sicuri naturalmente, nel rispetto della loro identità culturale e delle loro tradizioni».

Ha accennato al piano “Casa Italia”. Per ora sembra uno slogan, una scatola vuota. Come si sostanzia?
«Se pensiamo a casa nostra, questa non è fatta solo dalle mura. E’ fatta di tutti i servizi che contiene e dell’interazione con il mondo esterno: pensi alla tv, a internet, alla fornitura di luce, acqua e gas. E quando pensiamo al nostro Paese come la casa degli italiani, certo parliamo di prevenzione anti-sismica e di edilizia, ma anche di lotta al dissesto idrogeologico, di bonifiche, di infrastrutture di trasporto, di banda ultralarga, di piano periferie. Per questo il presidente del Consiglio ha detto che “Casa Italia” è un progetto per sviluppare il contesto in cui viviamo e lavoriamo. Dunque è un progetto organico e complessivo».

E i tempi?
«L’avvio del confronto avrà tempi molto stretti. Ma poi, per svilupparlo e articolarlo, avremo bisogno di un apporto di competenze, di voglia di fare, di passione da parte di tutti i soggetti professionali, delle forze economiche e sociali, delle istituzioni regionali e locali».

I fondi dovranno essere ingenti. Si parla di 360 miliardi solo per mettere in sicurezza tutti gli edifici a rischio. Dove li trovate?
«Non ha molto senso lanciarsi in stime prima del confronto con gli esperti e prima di aver quantificato i danni e i bisogni delle popolazioni colpite. Ora cifre non sono possibili. Ma posso garantire che le risorse che metteremo a disposizione della ricostruzione corrisponderanno ai bisogni. Ciò che servirà noi ce lo metteremo».

Saranno fuori dal patto di stabilità europeo solo i fondi per la ricostruzioni o anche quelli della prevenzione?
«Ci tengo a sottolineare che da tutti i Paesi europei e dalla Commissione sono arrivati attestati di solidarietà importantissimi. Noi riteniamo che l’Unione debba ritrovare la strada maestra indicata dai padri fondatori: rispondere ai bisogni dei suoi cittadini. Dunque la ricostruzione e la prevenzione vanno inquadrate nel nuovo spirito europeo. Questo è il passaggio politico e di politica economica che l’Europa è chiamata a compiere».

Lanciando “Casa Italia” Renzi ha riscoperto la concertazione. Ha detto che sentirà «perfino i sindacati». E’ il segno che il premier tenterà di prolungare quanto più possibile il sentimento unitario che ha percorso il Paese dopo il terremoto?
«Questo sentimento unitario è una cosa molto positiva. Nel Dna del governo c’è l’esigenza di far ripartire il Paese e il governo Renzi è sempre stato consapevole che per riuscirci è necessario guardare in faccia i problemi e capire i bisogni delle persone. Noi abbiamo posto, in questi due anni e mezzo, a tutte le istituzioni e alle forze economiche e sociali questa esigenza. Ed è questo l’oggetto del confronto che vogliamo avviare. Dunque, più che di concertazione, parlerei di confronto per trovare soluzioni utili al Paese. Poi, le responsabilità delle scelte resta in capo al governo».

Lo spirito di unità post-terremoto può aiutare a superare il muro dell’ostilità preconcetta e della contrapposizione ideologica che ha caratterizzato fin qui il dibattito sul referendum costituzionale?
«Sarebbe molto positivo se questo accadesse. Il Paese, come spesso succede all’Italia, ha mostrato una grande capacità di solidarietà, di slancio per sostenere le popolazioni colpite, dimostrando di essere, come dice Renzi, un grande Paese. Questo sentimento unitario va coltivato e lo faremo anche con il progetto “Casa Italia” che non è un libro dei sogni, ma la costruzione pezzo dopo pezzo di soluzioni che già stiamo adottando come con il master-plan per il Mezzogiorno».

La riporto sull’emergenza: le tendopoli sono in piedi, ma nelle zone del terremoto l’inverno punge. Quale soluzione adotterete per il 2.500 sfollati nell’attesa sia completata la ricostruzione?
«Ogni decisione sarà presa con le comunità locali. E il nostro imperativo è ricostituire le condizioni di vita quotidiana delle persone, trovando della soluzioni abitative temporanee e degne da collocare negli stessi comuni, in modo da non sradicare nessuno. Posso garantire che faremo presto e bene».

 
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