Anna Finocchiaro: «Non rimetterò la toga, però la legge è ipocrita»

Anna Finocchiaro
di Sara Menafra
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Venerdì 24 Marzo 2017, 08:39 - Ultimo aggiornamento: 25 Marzo, 15:19

Il ministro per i rapporti con il parlamento Anna Finocchiaro dice di aver ricevuto la richiesta di chiarimenti da parte della procura generale di Roma, su delega di quella della Cassazione, come la «normale applicazione di una norma ipocrita» che distingue non tra chi, essendo magistrato, fa politica e chi no, ma tra chi ha la tessera di un partito e chi non ce l'ha. Alcuni giorni fa, appunto, il pg della Cassazione ha notificato anche a lei l'apertura di un'istruttoria disciplinare che potrebbe portare ad un procedimento davanti al Csm, analogo a quello di cui deve rispondere il governatore della Puglia, Michele Emiliano.

Ministro Finocchiaro, qual è stata la sua prima reazione quando l'hanno informata del procedimento in corso?
«Non mi sono stupita visto che si parlava dell'ipotesi di un procedimento già in atto nei confronti di Michele Emiliano».

Cos'ha fatto?
«Ho semplicemente fornito tutti i dati che la procura generale stava cercando, sono parlamentare da trent'anni, la mia attività politica non è un mistero per nessuno e non intendo certo nascondermi oggi. Anche i dati sono presto detti: sono iscritta al Partito democratico che ho contribuito a fondare, dal 2006 ho diretto a lungo i gruppi parlamentari dell'Ulivo prima e del Pd poi e sono stata membro della direzione del partito. La procura generale sta facendo questi accertamenti ai fini dell'apertura di un procedimento disciplinare in ragione di una norma che considero perlomeno ipocrita. Non so davvero cosa aggiunga o cosa tolga il fatto che io la tessera ce l'abbia o no. Il mio ruolo, la mia storia, sono quelle di una persona che è pubblicamente impegnata. Ma penso che il magistrato che sceglie di fare un percorso come questo quando torna in servizio non debba più essere impegnato nella giurisdizione, mentre ha senso che transiti in ruoli amministrativi dove, tra l'altro, può portare un bagaglio più completo di altri, frutto proprio dell'esperienza politica passata».

Visto che la sua vita, come lei stessa dice, è stata un'altra finora, ha mai pensato di lasciare la toga?
«Quando sono entrata per la prima volta in parlamento non sapevo che sarei stata rieletta e, avendo il diritto di tornare nel mio posto di lavoro, garantito dalla legge e dalla Costituzione, ho sempre pensato che il mio rientro in magistratura non potesse essere quello di chi torna a fare processi. Pensavo, e penso, che la mia ricollocazione, visto che quando finirà questa legislatura chiuderò la mia esperienza parlamentare e avrò ancora alcuni anni di professionalità da mettere a disposizione, possa essere in una funzione di supporto all'amministrazione del paese, del resto il rientro non è un fatto automatico. E' il Csm a decidere dove mandarti».

Michele Emiliano invece dice che quando la sua esperienza politica finirà potrebbe tornare a fare il pm...
«Penso che sbagli. Per quanto riguarda me, io lo escludo assolutamente, soprattutto in un momento in cui questo versante è così acceso da non ammettere titubanze. Capisco che ciascuno di noi magari in cuor suo pensi di riuscire ad essere imparziale anche dopo un'esperienza politica, ma bisogna tutelare la giurisdizione e la sua immagine, è sacrificio dovuto».

Lei, come spiegava, è sempre stata iscritta al Pd e il nuovo regolamento disciplinare esiste dal 2006, perché secondo lei viene sollevato il tema?
«Non so esattamente il motivo, certo il clima è tornato a essere molto teso riguardo al rapporto tra politica e magistratura. In ogni caso, appena ho saputo ho preferito scrivere immediatamente al procuratore, anche se personalmente penso che questa sia una norma che non ha nessun senso ed è anche ipocrita»

Perché ipocrita?
«Perché mi pare assurdo distinguere tra chi per anni esercita anche in parlamento un ruolo di dirigenza politica e frequenta anche gli organismi di partito ma senza la tessera e chi ce l'ha. Se il tema è la divisione netta tra i due percorsi, questa norma non raggiunge il suo scopo, è, più che formale, formalistica»

Dovrebbe arrivare presto in aula la legge che introduce regole più chiare per i magistrati che, dopo un'esperienza politica, tornano in servizio. E' la volta buona?
«Spero di sì, visto che il testo è di tre anni fa e solo di recente ha ripreso il suo corso.

Penso, però, che quello attuale non sia adeguato per due ragioni. Prima di tutto perché il livello di sensibilità attuale sul tema è maggiore di prima e poi perché, conseguentemente, oggi c'è l'esigenza di distinguere l'esperienza politica dalla giurisdizione attiva. Secondo me, la semplice distinzione territoriale che ti impedisce di tornare nello stesso posto in cui sei stato candidato non è sufficiente, basti pensare che ne è esclusa la Cassazione o la Direzione nazionale antimafia. Io credo si debba scartare e guardare alla incompatibilità assoluta per chi è stato impegnato in politica. Il mio punto di vista non impegna né il mio gruppo né il governo».

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