Voto in 2 giorni, decreto in Cdm ma prima summit Renzi-Alfano

Matteo Renzi
di Marco Conti
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Lunedì 16 Maggio 2016, 07:57 - Ultimo aggiornamento: 15:15
Vertice a due, Matteo Renzi-Angelino Alfano, prima del consiglio dei ministri di oggi pomeriggio, per valutare l'opportunità di allungare di un giorno le elezioni amministrative di giugno. Il nuovo decreto, che sino a ieri l'altro veniva dato per scontato, sarebbe pronto ma non è detto che venga approvato nel consiglio dei ministri di oggi pomeriggio.

Ieri era stato lo stesso ministro dell'Interno Angelino Alfano, intervistato da L'Arena di Verona, a rilanciare l'idea dell'allungamento di un giorno nell'apertura dei seggi. Per la verità il responsabile del Viminale si riferiva al referendum di ottobre sulla riforma costituzionale, ma l'idea nei giorni scorsi era partita proprio in vista delle amministrative che il governo ha fissato, in un precedente decreto, per domenica 5 giugno. Se Alfano parla solo del referendum costituzionale e non delle amministrative del prossimo mese, è evidente che una riflessione è in atto insieme al timore di creare un precedente. Ovvero la modifica delle date a campagna elettorale in corso.

QUORUM
Per allungare a lunedì 6 servirebbe infatti un nuovo decreto che il governo dovrebbe fare dopo quello con il quale ha indetto la consultazione per il 5. A favore del prolungamento vi è indubbiamente l'aumento del numero dei votanti e l'occasione di creare un precedente ”utile” quando si dovrà decidere la data, o le date, per il referendum costituzionale di ottobre. L'ultimo referendum, quello sulle trivelle che non ha raggiunto il quorum, si è tenuto in un solo giorno. Un solo giorno si è votato nel 2001 per il referendum costituzionale sulla modifica del Titolo V (approvata), mentre nel 2006 la riforma costituzionale di Calderoli venne bocciata malgrado si votasse in due giorni.

Contro l'allungamento dei tempi di apertura dei seggi gioca il maggior onere per le casse dello Stato nonchè l'anticipo della chiusura dell'anno scolastico che finirebbe il 4 giugno e non più l'8. Contro l'apertura dei seggi anche di lunedì si è schierato il candidato del Pd a Milano Giuseppe Sala che ha usato uno degli argomenti che il premier usa per difendere la riforma-Boschi: «Dobbiamo ridurre i costi della politica». Tutt'altro che facile per il governo rivedere una decisione già presa in piena campagna elettorale attraverso un nuovo decreto che il Capo dello Stato dovrebbe controfirmare e il Parlamento approvare, chissà se prima del 6 giugno, e a distanza di trentacinque giorni da quello che ha fissato per la consultazione amministrativa per il 5 giugno.

MILIONI
Ma alle osservazioni tecniche se ne aggiungono di politiche, che forse sono alla base dell'ulteriore riflessione in corso a palazzo Chigi, e che si legano molto alle argomentazioni di Sala. In occasione del referendum sulle trivelle il governo scartò l'idea dell'election day. Ovvero abbinare il referendum alle amministrative di giugno. Per i promotori del quesito si potevano così risparmiare i trecento milioni di euro che lo stesso Matteo Renzi definì «uno spreco». Andare in direzione opposta ora, per poi ripetere i due giorni ad ottobre, si presta a considerazioni non tutte benevoli anche da parte di chi guarda all'estero per sottolineare come in tutta Europa le consultazioni elettorali si tengono un solo giorno. Anche l'importantissimo referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea si terrà in un solo giorno, il 23 giugno, e così è andata per l'elezione del sindaco di Londra.

La storia delle date in Italia delle consultazioni elettorali politiche, amministrative e referendarie è invece lunga e tormentata. Si cominciò con il referendum tra monarchia e repubblica che si tenne in un solo giorno, il 2 giugno del '46. Nel '74 il referendum radicale sul divorzio si tenne in due giorni e la ”tradizione” venne rispettata sino al '93. Dal '48 al '92 le elezioni politiche si tennero in un solo giorno, mentre nel '94 divennero due per poi essere di una o di due giorni a seconda della maggioranza di governo che aveva il compito di indire la consultazione.

TEMPI
E' probabile che al balletto delle date il governo decida di mettere fine oggi stesso in modo da dare una risposta anche a chi chiede di una sorta di sanatoria per le liste escluse per irregolarità nella raccolta delle firme, come accaduto a Stefano Fassina a Roma e al partito di Giorgia Meloni a Milano. Oggi pomeriggio - dopo il vertice tra premier e ministro dell'Interno - il consiglio dei ministri potrebbe comunque affrontare la questioni in maniera informale per valutare l'opportunità di concedere tempi supplementari agli elettori e forse anche a qualche candidato.
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