Economia, ecco la ricetta Padoan: «Subito meno tasse sul lavoro»

Pier Carlo Padoan
di Alberto Gentili
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Sabato 22 Febbraio 2014, 10:13
Sono a Sidney per il G20, arrivo domenica mattina in Italia. Dall’Australia lunga.... Pier Carlo Padoan risponde così al Messaggero dal suo cellulare mentre Matteo Renzi è ancora al Quirinale e a Sidney sono le cinque del mattino. Una notte tutta in bianco quella del nuovo ministro dell’Economia.



Scandita da numerosi contatti telefonici con il premier. Tra i due non c’è davvero una lunga frequentazione: «Ci siamo incontrati solo una volta», rivela Padoan. Ma da mercoledì, quando la partita per il dicastero che fu di Quintino Sella è entrata nel vivo, la linea Roma-Sidney è diventata incandescente: «Naturalmente nelle ultime ore ci siamo sentiti spesso», aggiunge il nuovo ministro.

In queste conversazioni, in base a ciò che trapela dallo staff di Renzi, il premier ha voluto sincerarsi che Padoan interpreterà un copione diverso rispetto ai suoi predecessori. «Per me è essenziale che tra noi ci sia massima collaborazione e sintonia. Per poter svolgere un’azione efficace e far ripartire il Paese è infatti essenziale che non si crei la solita diarchia tra Palazzo Chigi e l’Economia», ha detto il premier. Ancora, ricorrendo a una battuta ma neppure tanto: «Noi due dovremo camminare a braccetto, due teste che pensano le stesse cose».



La svolta di Matteo Chiuso il telefono, ai suoi Renzi ha rivelato: «Quel Padoan mi piace. Ha le mie stesse idee: meno austerity e più sviluppo». E un deputato renziano, uno di quelli che ha partecipato alla difficile gestazione, garantisce: «Il nome di Padoan non è stato imposto. Le proposte che Matteo ha portato sul tavolo di Napolitano sono sue e soltanto sue».



Renzi, in prima battuta, avrebbe però preferito per l’Economia il suo braccio destro, Graziano Delrio. E l’avrebbe voluto proprio per scongiurare i rischi della diarchia. Ma il premier ha dovuto tenere conto dei «suggerimenti» di Giorgio Napolitano e dei «consigli» del presidente della Bce, Mario Draghi, e del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. Così, alla fine, è prevalsa la linea della continuità cara al Quirinale e alle organizzazioni economiche internazionali, che continuano a tenere l’Italia nella lista dei Paesi «sorvegliati speciali».



Ha vinto chi voleva al dicastero di via XX Settembre una personalità di caratura internazionale, apprezzato da Bruxelles, Banca centrale europea (Bce), Fondo monetario internazionale (Fmi). E non ha caso Padoan, romano, 64 anni, questi requisiti li ha. Tutti. Ha lavorato per la Banca mondiale, la Commissione europea e la Bce. E’ stato rappresentante del Fmi, dove tra i suoi collaboratori ha avuto Stefano Fassina. E negli ultimi anni è finito all’Ocse, a Parigi (dove abitava), prima come vicepresidente generale (dal 2005), poi come capo economista (dal 2007). Con una specializzazione che ha fatto gola a Renzi: la lotta alla bassa crescita nei Paesi avanzati. In più ha un pedigree di sinistra che non guasta, anche se con frequentazioni non molto apprezzate dal rottamatore: Padoan è stato consulente economico nei governi di Massimo D’Alema e Giuliano Amato, poi direttore del think-tank dalemiano Italianieuropei dal 2005 al 2007.



Idee comuni Nel momento in cui - sfumata la speranza di poter nominare Delrio - Renzi ha dovuto scegliere tra l’ex rettore della Bocconi, Guido Tabellini e Padoan, è andato a leggersi interviste e pubblicazioni. Scoprendo che Tabellini era «troppo liberista» e che Padoan poteva invece essere «l’uomo giusto». Perché è considerato un interprete del rigore temperato e punta a bilanciare austerità e crescita. In più a convincere il premier è stata la sensibilità del presidente Istat mancato per il taglio del cuneo fiscale. E l’intenzione di aprire con Bruxelles il dossier per togliere dal computo del deficit il costo delle riforme del mercato del lavoro.
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