Il doppio scenario di Renzi avvicina il voto in primavera

Il doppio scenario di Renzi avvicina il voto in primavera
di Alberto Gentili
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Venerdì 4 Novembre 2016, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 18:35
ROMA Con chiunque parli, Matteo Renzi ostenta sicurezza. Si dice certo, anzi certissimo, della vittoria il 4 dicembre, tanto da non prende neppure in considerazione l’ipotesi della sconfitta. Tra una comparsata in tv o in radio, tra un comizio in teatro o in piazza, il premier ha così cominciato a pensare alle mosse per il dopo-voto. Che, Quirinale permettendo, dovrebbero portare alle elezioni in primavera. Anche in caso di successo del No.
Il primo scenario esplorato da Renzi nelle sue conversazioni è, naturalmente, quello che si aprirebbe in caso di vittoria del Sì. Certo, la voglia di dare battaglia in Europa in forza del risultato elettorale, con François Hollande prossimo all’eclissi e Angela Merkel probabilmente ridimensionata dalle elezioni federali di settembre, c’è.

Ed è forte. Ma il premier è anche convinto che la motivazione per le elezioni anticipate sarebbe ineccepibile: l’attuazione della riforma costituzionale appena ratificata dal referendum confermativo del 4 dicembre. Il ragionamento di Renzi suonerebbe più o meno così: quale senso avrebbe tenere in vita un Senato (per di più ingovernabile) quando gli elettori hanno detto sì alla riforma che ne cambia radicalmente i connotati? Argomenti che potrebbero convincere il capo dello Stato, Sergio Mattarella, a sciogliere le Camere. E le elezioni potrebbero permettere al premier di superare, una volta per tutte, le faticose mediazioni parlamentari, puntando a governare da solo. Grazie all’Italicum che resterebbe così com’è. O quasi. E il premier, anche in caso di voto anticipato, potrebbe fare gli onori di casa il 25 marzo al vertice europeo per i 60 anni dei Trattati di Roma e, se davvero il piano avesse successo, potrebbe ospitare «più forte che mai» il G7 di fine maggio a Taormina. 

Controvoglia, facendo gli scongiuri, Renzi ha analizzato in queste ore anche gli scenari che si aprirebbero in caso di vittoria del No. Molti dei suoi sono pronti a scommettere che si dimetterebbe il giorno stesso della sconfitta. Ma è più probabile, per non allarmare i mercati e per dare ascolto alle preoccupazioni del Quirinale, che preferisca evitare una crisi in piena sessione di bilancio, che il giorno delle dimissioni slitti al primo gennaio. Appena approvata la legge di stabilità.

E poi? Renzi ha fatto filtrare, a maggior ragione dopo gli appelli di Bersani & C. a restare al proprio posto, che non avrebbe alcuna intenzione di accettare un nuovo incarico. Per evitare di farsi logorare. E perché il suo obiettivo, a quel punto, sarebbe piuttosto quello di prepararsi alle elezioni anticipate con le «mani libere» nel ruolo di segretario del Pd. O di quel che resterà di un partito uscito definitivamente balcanizzato dal voto referendario. Obiettivo: dare battaglia, senza esclusioni di colpi, a Beppe Grillo e al suo Movimento. Cosa che, a giudizio del premier, gli risulterebbe più facile libero dalla veste istituzionale di capo dell’esecutivo e (suo malgrado) di simbolo dell’establishment.

LE DUE OPZIONI
In occasione delle consultazioni, Mattarella si troverebbe davanti a due opzioni per il governo: un tecnico o un politico. Renzi dovrebbe suggerire al capo dello Stato il nome del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, se la prevedibile tempesta finanziaria dovesse manifestarsi in modo particolarmente virulento. Oppure quello del ministro della Cultura, Dario Franceschini: soluzione che darebbe al segretario del Pd migliori garanzie di un interfaccia tra palazzo Chigi e il Nazareno, in una fase in cui lo scontro interno e le lacerazioni dovrebbero raggiungere l’apice.
Nel primo e nel secondo caso si trarrebbe di un governo di emergenza, con il compito di portare il Paese alle elezioni. E di varare una nuova legge elettorale, visto che l’Italicum è scritto soltanto per la Camera. «Ma credete davvero», si interroga un renziano del Giglio magico, «che con il clima di scontro che si respirerà in Parlamento si riuscirà a scrivere una legge elettorale? Più probabile che resti tutto com’è, votando per la Camera con l’Italicum e con il Consultellum per il Senato. Così Matteo si prende Montecitorio e darà le carte anche a palazzo Madama...».
 
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