Inchiesta petrolio, la Difesa accelera la riforma: meno autonomia per la Marina

Inchiesta petrolio, la Difesa accelera la riforma: meno autonomia per la Marina
di Marco Ventura
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Domenica 10 Aprile 2016, 00:17 - Ultimo aggiornamento: 10:24
Il modo migliore per mettere fine alle polemiche sul Libro bianco della Difesa 2015? Fare le leggi per “implementarlo”. Tradurlo dalla carta alla pratica. Anche per dare un segnale di comando e direzione politica dopo le tante indiscrezioni sull’agitazione delle singole Armi, in particolare della Marina attraverso il suo capo di Stato maggiore, ammiraglio Giuseppe De Giorgi. Oppositore del Libro bianco del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, e del capo di Stato maggiore della Difesa, il generale dell’Esercito Claudio Graziano, De Giorgi è finito nel tritacarne delle intercettazioni sul “caso Guidi”.

LA DECISIONE
Ieri la decisione ultima del ministro e del generale Graziano: presentare in Parlamento nei prossimi giorni le modifiche legislative a una decina di articoli del codice dell’ordinamento militare e del suo testo unico che riguardano i capitoli più delicati della riforma: governance, personale, organizzazione e valutazioni, cioè avanzamenti di carriera. In pratica, una rivoluzione delle nostre forze armate e del nostro concetto di Difesa per i prossimi decenni. Disegno contro il quale si era scagliato De Giorgi con l’intento di salvaguardare la “diversità” dell’Arma blu. Gli eventi poi sono precipitati con l’inchiesta in cui l’ammiraglio (che si protesta estraneo) è coinvolto per presunti collegamenti con il fidanzato dell’ex ministro Guidi. Ma anche all’interno della Marina cresce la preoccupazione per lo strappo col ministro e con lo Stato maggiore della Difesa.

 
L’obiettivo delle modifiche che saranno proposte nei prossimi giorni in Parlamento è quello di dare concretamente seguito al Libro bianco nella parte che attribuisce maggiori poteri al ministero, e al gabinetto del ministro, sulla politica militare oggi frammentata tra SMD e singole forze armate. Inevitabile una limitazione del potere e dell’autonomia di queste ultime (più significativa per quelle forze che rivendicano storicamente un’autonomia maggiore, come la Marina), a favore di quello che ai piani alti della Difesa viene presentato come un progetto mirato a «più coordinamento, più omogeneità, più amalgama, meno frammentazioni». Oggi, infatti, ogni forza armata decide da sé la propria politica di personale, di armamento, di presenza, di forze speciali, soprattutto di acquisti. Il Libro bianco invece si propone di superare questo «disordine e spreco» in modo da rendere «più efficienti i nostri militari e meno dispersive le risorse».
Basta rileggere i concetti generali e principii ispiratori: “Organizzazione e funzionamento della Difesa saranno riviste per consentire una più efficace direzione politica delle scelte e un’azione armonica e sinergica delle diverse componenti dello Strumento militare, completando la riforma avviata nel 1997 dal ministro Andreatta”. Fondamentale anche (punto 143) “l’adozione di un diverso modello di governance, che sia più leggero, lineare, comunque resiliente, ma caratterizzato da una riduzione dei livelli gerarchici e della complessità organizzativa. E poi, “lo sviluppo di una capacità unitaria e l’integrazione interforze” passa attraverso “la revisione dello sviluppo delle carriere professionali, dell’impiego e dei criteri di valutazione dei risultati”. Più potere al ministro, più potere al capo di Stato maggiore della Difesa. E un segnale contro la personalizzazione di ruoli di comando nelle singole forze. 

 
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