Di Maio: «Premio di governabilità al primo partito»

Di Maio: «Premio di governabilità al primo partito»
di Simone Canettieri e Stefania Piras
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Venerdì 26 Maggio 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 27 Maggio, 07:48

Cominciamo dalla legge elettorale, presidente Di Maio, la madre di tutte le riforme. Il Pd invita M5S a sedersi al tavolo: accetterete?
«Sì, ci siederemo a quel tavolo. Il nostro obiettivo è introdurre correttivi di governabilità per scongiurare inciuci. Chi vince deve poter realizzare il proprio programma elettorale, per questa ragione nei prossimi giorni formuleremo una proposta ufficiale ispirata ai criteri indicati dalla Consulta, che ha riconosciuto la costituzionalità del premio di governabilità».
 


Sta dicendo che il primo partito deve avere la possibilità di governare?
«Esattamente, come del resto - ripeto - ha detto anche la Consulta. E su questo siamo assolutamente disponibili verso la maggioranza, vogliamo fare una legge insieme. E se è vero che si vuole andare al voto il prima possibile, la partecipazione del M5S consentirà di tornare alle urne quanto prima, altrimenti il Senato sarà sempre un Vietnam».

Senza un accordo l’ipotesi decreto è praticabile?
«Il Parlamento è perfettamente in grado di raggiungere l’obiettivo: il decreto sarebbe una forzatura. L’unica cosa che non vogliamo è che la prima forza politica sia esclusa dalla stesura della legge elettorale. Saremo dialoganti su un modello di legge che possa eleggere i rappresentanti in Parlamento in maniera proporzionata: non si istituiscano leggi che servono a danneggiare questo o quello. Soprattutto, non è ammissibile che i cittadini votino per una forza e si ritrovino magari qualche risultante di accordi sotto banco».

Inevitabile parlare di alleanze: se nessuno avrà la maggioranza, come pensate di muovervi nel nuovo Parlamento?
«Se saremo il primo partito chiederemo al Quirinale di darci l’incarico di formare un governo. A quel punto chiederemo la fiducia in Parlamento su un programma chiaro e su questa base cercheremo i voti. Chiunque immaginasse di avviare il mercato delle vacche su poltrone di governo se lo può scordare».

Il vostro, cioè, sarebbe in ogni caso un governo monocolore M5S?
«Sì. Anche perché intendiamo annunciare una squadra di governo prima delle elezioni». 

Sarà ancora una volta la base M5S a votare per designare il candidato premier: avete già definito chi si potrà candidare alle primarie?
«Per ora abbiamo un cronoprogramma chiaro che ovviamente potrà variare se non si arriva a scadenza naturale: a fine luglio chiuderemo il programma di governo, a fine settembre presenteremo il candidato premier, quindi nelle ultime settimane di settembre si voterà con criteri che ancora dobbiamo definire e poi da fine settembre alle elezioni sarà il candidato premier a individuare i membri della squadra di governo. Cercheremo di mettere insieme le migliori energie di questo paese e persone in linea con il programma che avremo chiuso a luglio».

Davide Casaleggio è diventato una risorsa politica importantissima per il M5S, lo immagina nella squadra di governo?
«Davide non è una risorsa, è qualcosa di più. E’ fondamentale per il M5S. E’ colui che ha sviluppato insieme a Gianroberto i sistemi operativi attorno a cui ruota la vita del M5S».
 

In autunno potrebbero esserci tre appuntamenti elettorali: elezioni nazionali, siciliane e poi il referendum lombardo-veneto. Lei è del Sud, non teme che si possa scatenare una forte contrapposizione proprio Nord-Sud?
«In questo Paese abbiamo affrontato in malo modo il problema Nord-Sud, esiste una questione meridionale ma alla fine l’Italia intera è diventata il Mezzogiorno d’Europa, è questo il vero punto». 

M5S come si porrà rispetto al referendum autonomista del Nord?
«Ci sono Regioni come la Lombardia e il Veneto che chiedono di trattenere le risorse che mandano a Roma e che poi tornerebbero loro comunque. Non è un referendum secessionista, non toglie risorse al Sud. Noi siamo per la solidarietà nazionale, ma crediamo che tutti i referendum vadano sostenuti, siamo perché i cittadini si esprimano».

Vitalizi, dal voto di ieri alla Camera un punto in comune con il Pd?
«Spero solo che non si prendano in giro gli italiani: questa è la spesa più amata dalla politica e più odiata dagli italiani. Se si vuole veramente fare un servizio al paese si approvi finalmente questa legge. Sapendo però che il voto importante non è alla Camera, dove ovviamente voteremo a favore, ma quello al Senato. Va fatto prima dell’estate, altrimenti sarebbe tutto solo uno spot per le amministrative».
 

Intercettazioni, l’altro giorno Grillo ha detto di comprendere chi si arrabbia perché vede i propri colloqui pubblicati sui giornali. Cos’è, un ripensamento anche da parte di M5S sugli ascolti facili?
«No, non c’è nessun abuso, parlarne in questi termini è un ragionamento da club dei politici, riguarda solo loro. La riforma della giustizia semmai ha bisogno di una prescrizione seria e di maggiori dotazioni e organici ai tribunali». 

Però avete sperimentato anche sulla vostra pelle che un avviso di garanzia non è una sentenza di colpevolezza.
«Io stesso sono stato oggetto di pubblicazione di intercettazioni a Quarto e dissi: bene, pubblichiamole tutte così si capisce bene cosa si dice. L’approccio nostro è massima trasparenza. Le procure in questi anni sono state molto corrette come quando hanno fatto una nota in cui dicevano che le polizze a Roma non erano oggetto di indagine. Noi non abbiamo mai chiesto dimissioni di un sindaco indagato per atto dovuto o perché sbaglia a mettere una firma sotto una delibera. Su Consip vorrei invece ricordare che tutti gli attori coinvolti stanno ancora al loro posto, ed è una inchiesta che indaga sul sabotaggio di un’altra inchiesta: la politica deve prendere delle contromisure per tutelare quell’ente. 

Anche Virginia Raggi è indagata per falso e abuso d’ufficio. 
«Non è accusata di aver sabotato un’inchiesta sulla stazione appaltante d’Italia, ha messo una firma sotto a un foglio. In casi analoghi non abbiamo chiesto dimissioni di altri sindaci».

Ma se la sindaca fosse rinviata a giudizio, in tal caso dovrebbe lasciare?
«Il nostro codice etico prevede che in caso di condanna in primo grado si venga esclusi dal M5S, o sospesi o espulsi. Ma ci riserviamo discrezionalità: ricordo che sono state adottate misure anche solo in caso di avviso di garanzia, se dalle carte legate all’avviso risultano evidenze immorali interveniamo immediatamente. Ma anche senza avviso: abbiamo espulso il sindaco di Gela perché rifiutava di tagliarsi lo stipendio nonostante l’impegno preso».
 

Possiamo dire che state usando Roma come laboratorio per le vostre ambizioni politiche di governo?
«L’insegnamento massimo è tenere la squadra pronta prima delle elezioni. Comunque no, non è giusto per i romani. Roma non è un laboratorio o una palestra, è una città che vogliamo governare, assumendoci la responsabilità di risolverne i problemi». 

Ecco i problemi: rifiuti, trasporti e situazione disastrosa delle strade. La strategia della sindaca Raggi è dire che li ha ereditati. Ma quand’è che i romani potranno giudicare l’operato di Virginia Raggi?
«I romani hanno il diritto di giudicarci dal primo giorno del nostro operato. La sfida è che i cittadini possano percepire il cambiamento che è in atto: si fanno gli appalti per le buche, investimenti sugli autobus, abbiamo lavorato a una centrale unica degli acquisti, al dipartimento del turismo che vuole attrarre più visitatori. La sfida è farlo percepire, questo reale cambiamento».

Ma intanto sempre più aziende stanno lasciando Roma verso Milano, per responsabilità di chi?
«Principalmente della congiuntura economica: c’è un problema inserito in un sistema Lazio e in un sistema Italia. Se le aziende vanno via da Roma chiediamoci chi le sta attraendo, chi sta facendo campagna acquisti, in Italia ma anche dall’estero. C’è tanto da fare e noi siamo disposti a collaborare con tutte le istituzioni perché Roma sia attrattiva per gli investimenti».
 

Il referendum anti euro fa ancora parte del programma M5S?
«Per indirlo ci vorrà almeno un anno e in quell’anno io spero che il M5S possa portare ai tavoli europei la modifica dei trattati, come ormai chiede anche l’asse franco-tedesco. Io non sono d’accordo con Trump sugli interventi in Siria, ma quando dice “Voglio abbassare le tasse alle imprese facendo un po’ di deficit e faccio gettito per lo Stato per ripagare il debito” va in una direzione opposta a quella dell’Europa che vuole l’austerity contro le manovre espansive. Ecco, anche noi dobbiamo investire su larga scala anche attraverso deficit e spending review, quindi nell’anno in cui indiremo il referendum speriamo che l’Europa possa tornare indietro su tutti i suoi parametri di austerity».
 

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