«Il premier come Pinochet in Venezuela»: giramondo Di Maio fa strage di geografia

«Il premier come Pinochet in Venezuela»: giramondo Di Maio fa strage di geografia
di Mario Ajello
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Mercoledì 14 Settembre 2016, 08:53 - Ultimo aggiornamento: 18:28

Non ha capito la mail sulla Muraro inviatagli da Paola Taverna e non ha capito che il Cile non è il Venezuela (ma dove stanno quei paesi nordici, in Sudamerica o in Oceania?) mentre Pinochet, a questo punto della confusione totale, per Di Maio potrebbe pure chiamarsi Pino Chet: Pino come Pino Daniele e Chet come Chet Baker (chi? Quel pifferaio che nacque a Yale, che dev'essere una città nigeriana o calabrese?). Giggino l'ex aspirante premier, che forse a colpi di gaffes comincia a vedere Palazzo Chigi come il passato di un'illusione anche se il sodale Dibba insiste: «E' lui il nostro futuro capo del governo», è sempre così composto e istituzionale (quando tace) ma sotto il cravattone e il completo grigio più da sottosegretario che da presidente batte il cuore di un situazionista. Perché ha situato in Venezuela il cileno Pinochet cioè Renzi visto che anche Matteo è un dittatore «arrogante» come il famoso golpista e dunque Palazzo Chigi sarebbe la fotocopia del Palazzo della Moneda di Santiago, anzi no del Palazzo presidenziale di Miraflores a Caracas. E quello che affrontò, mitra in mano sull'uscio del Palazzo come nella celebre foto, i militari del colpo di Stato del 1973 chi era: Pinochet, Pino Chet, Simon Bolivar o magari, venezuelani per venezuelani/e, Aida Yespica che fa il balletto della mitragliatrice?

POVERO INDRO
Il fatto è che per rifarsi l'immagine in questi tempi per lui complicati, Di Maio ha voluto strafare. Prima ha scritto che Renzi «ha occupato con arroganza la cosa pubblica, come ai tempi di Pinochet in Venezuela», poi si accorge che avrebbe dovuto scrivere Cile, corregge di corsa ma il pasticcio è fatto. A riprova che Giggino o statista (di Pomigliano d'Arco, dove ha frequentato il liceo classico Imbriani e letto i libri di Indro Montanelli evidentemente con poco costrutto) sta perdendo colpi anzi, per dirla alla sudamericana ammesso che il Sud America sia in Sud America, està perdiendo golpes. La scalata al potere però gli riesce sul web e non a caso, nella sua biografia tanto sbeffeggiata dal governatore campano Vincenzo De Luca, Giggino si definisce «webmaster» ma ha fatto anche lo steward allo stadio San Paolo prima di andare in giro per le cancellerie europee come successore in pectore di Cavour e di Renzi e azzardare anche per conto del Dibba una visita di Stato dai palestinesi di Hamas a Gaza, senza sapere che lì non si può entrare e infatti gli israeliani gli stavano per sparare in fronte. Il potere del web, dicevamo, Giggino lo ha fatto suo ieri grazie al fatto che l'hashtag #Pinochet è entrato trionfalmente nei trend topic di Twitter.

So' soddisfazioni, come si dice in gergo romanesco. Ma lui, Giggino, cerca di evitare cadute stilistiche nello slang, sforzandosi di parlare la lingua asettica della rispettabilità governista (è pur sempre un ex aspirante premier) che nel suo caso prevede anche colpi (golpes) di locuzioni sbagliate: «E' come se domani verrei su questa piazza - ha gridato l'altra sera a Nettuno - e urlei Renzi indagato!». In Rete gli urlano, ma con voce misericordiosa, cose così: «Diritto no, storia no, geografia no, italiano no, informatica non tanto. Magari Di Maio sa cucinare bene». E gli apocrifi di Giggino sono spuntati. Lui che dice: «Renzi come Ceaucescu, il famigerato dittatore della Svizzera». E sempre uno pseudo Giggino ma neanche tanto pseudo: «Scusate per l'errore, ora torno ad Avellino. In Molise».
Si narra che anche alla Casaleggio Associati, che pure non pullula di esperti di geopolitica, siano alquanto seccati per l'ennesimo scivolone di Giggino. Ma forse sono troppo severi con lui. Perché la parabola discendente di Di Maio invece vira verso l'alto. «Mi sento un po' - ha detto una volta - come Superman che sta capendo che poteri ha». Il super-potere della gaffe sembra già averlo incorporato.

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