Delrio: «Una scossa del 4.0
non può fare morti»

Delrio: «Una scossa del 4.0 non può fare morti»
di Nando Santonastaso
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Mercoledì 23 Agosto 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 24 Agosto, 08:35

«La mia prima sensazione? La preoccupazione per le famiglie coinvolte nei crolli, ma sono andato con la mente subito anche ai giorni di Amatrice, ho ripensato alla grande fragilità del tessuto urbano di questo paese». Giura di non aver provato rabbia Graziano Delrio, ministro dei trasporti e delle infrastrutture, di fronte ai morti, ai feriti, alle migliaia di sfollati di Casamicciola e degli altri comuni dell’isola d’Ischia. «Ma anch’io penso che una scossa di terremoto di magnitudine 4.0 non dovesse provocare altro che un po’ di paura, e invece eccoci ancora una volta a piangere vite umane. Arrabbiato? No, mi è venuta la voglia di lavorare ancora di più sulla cultura della prevenzione. Io sono medico e capisco quando, in certi casi, non c’è più niente da fare, ma mi rifiuto di accettare, invece, l’idea che non ci si possa impegnare di più per mettere in sicurezza edifici e aree notoriamente a rischio», aggiunge.

Provi a fare un esempio concreto.
«A Norcia sono bastati pochi interventi e nemmeno tanto costosi, ma realizzati in tempo, per impedire che i terremoti dello scorso anno provocassero crolli e danni anche alle persone. È la dimostrazione che la prevenzione funziona, purché la si pratichi».

In queste ore però sono tante le accuse che piovono sul governo: troppi annunci, poca concretezza anche in materia di prevenzione. Come si difende?
«Con dati di fatto. Abbiamo accelerato sulle due cose più importanti in materia di prevenzione e sicurezza degli edifici: in Italia c’è oggi una norma che classifica gli immobili in maniera specifica, prima di noi non ce n’era traccia. Adesso possiamo dire se la nostra casa è in zona sismicamente pericolosa o meno, garantendo quindi anche sul piano delle compravendite un elemento di chiarezza e di certezza che prima non esisteva. Inoltre abbiamo rafforzato il “sismabonus” che copre fino all’80 per cento delle case private e all’85 per cento dei condomini la spesa per la messa in sicurezza, allargando questa opportunità anche agli incapienti. Le regole, insomma, ci sono. Purtroppo c’è ancora molta strada da fare sul piano della sensibilità generale».

Cosa vuole dire?
«Che nel 2015 sono stati spese solo poche centinaia di milioni per questa misura, troppo poche rispetto ai 29 miliardi di lavori stimolati dal bonus ristrutturazioni ed energetico».

Gli italiani, insomma, sono più preoccupati dell’efficienza energetica delle loro case piuttosto che della sicurezza in assoluto delle stesse?
«Io credo che manchi una solida cultura sulla prevenzione del rischio sismico e sulla sicurezza della casa in senso più generale. Non tutti sanno, forse, che in Italia ci sono 10 milioni di abitazioni classificate in zona sismica, pari ad almeno 20 milioni di persone. A volte il semplice avvio di una procedura banale, come quella prevista dal “sismabonus”, può aiutare molto più che tante inutili discussioni».

Lei sa se queste procedure erano state avviate anche a Casamicciola?
«Se le avessero fatte anche a Casamicciola probabilmente a quest’ora staremmo parlando di un ben più lieve bilancio del terremoto. Ma io al momento non ho elementi in grado di confermare questa ipotesi».
I sindaci dell’isola d’Ischia hanno fatto quadrato, sostenendo che l’area del sisma era da tempo nota per la sua pericolosità e che le polemiche sull’abusivismo edilizio, subito esplose, sarebbero fuorvianti. Lei che ne pensa?
«Io prendo atto delle loro dichiarazioni ma constato amaramente anche che gli immobili abusivi sono pericolosi non solo per chi ci abita ma pure per il territorio che li ospita. Ma a me sembra che il tema sia un altro: questo tipo di attenzione ad una edilizia molto antica può rendere assai vulnerabili gli edifici anche con interventi abusivi di piccola entità. E’ difficile, ripeto, che una scossa di quarto grado altrimenti produca crolli così anomali».

Torniamo alla prevenzione, ministro:chi è che rema contro? La politica, le lobbies, la superficialità di tanti amministratori locali?
«Bella domanda. Lo sa che fra il 2010 e il 2012 l’Italia ha dovuto spendere per ogni anno 4,3 miliardi per riparare i danni del terremoto e del dissesto? Evidentemente si continua a pensare che certi fenomeni non ci toccheranno mai da vicino e non si tiene conto, invece, della necessità di un senso della disciplina che va iniziato subito e portato avanti per anni. L’Italia continua invece a spendere troppi soldi per mancanza di cultura della prevenzione».

La tragedia di Casamicciola in una regione, la Campania, finita al centro delle polemiche per la sua legge sugli immobili abusivi bocciata dal governo di cui lei fa parte. Una tristissima coincidenza...
«Chiariamo subito che in questo Paese, lo Stato fa lo Stato, le Regioni fanno le Regioni, i Comuni fanno i Comuni. Se un Comune stipula un protocollo d’intesa con la Procura della Repubblica, com’è accaduto a Licata e in altri sei comuni della zona, non è possibile che le demolizioni siano state avviate solo a Licata e non negli altri centri. Ne abbiamo parlato anche ieri con il sindaco di Licata: le demolizioni significano applicazione di regole concordate tra il potere giudiziario e l’autorità amministrativa del territorio. Poi, però, si tratta di saper scegliere delle priorità: se un disoccupato che vive in una casa da tanti anni rischia la demolizione dell’abitazione è giusto ragionare sulle modalità più opportune di intervento. Io non voglio criminalizzare la Campania, ma dico no al tentativo, per esempio, di allargare maglie, di aggirare le regole sulle volumetrie, sono e resterò sempre contrario a questo tipo di scelte».

Intanto, però, si discute ancora di come sostenere una sorta di abusivismo per necessità, proposta rilanciata anche di recente dai Cinquetelle. 
«Questa proposta mi ha fatto accapponare la pelle, significherebbe un’anarchia totale, un disordine incontrollabile e completo al quale continuerò ad oppormi con tutte le forze».

Però qualcosa bisognerà pur fare per obbligare anche chi le rifiuta ad accettare norme di sicurezza ormai inderogabili: si è parlato tanto, ad esempio, del fascicolo del fabbricato, a che punto siamo?
«Anche qui c’è ancora molta strada da fare perché ricostruire la storia di edifici di vecchia data non è un’operazione di pochi giorni. Penso piuttosto che la soluzione più rapida sia quella del certificato di staticità: si può fare subito, è persino detraibile ai fini fiscali e può essere redatto da un qualsiasi professionista dotato dei necessari requisiti. Permette al proprietario o al condominio di conoscere in tempi rapidissimi qual è il livello di staticità dell’immobile. Dopo di che, toccherà al proprietario decidere se e come intervenire, avendo come base di riferimento un documento certo e inoppugnabile».

Pensate di rendere obbligatoria questa scelta?
«Si può rendere obbligatorio il certificato di staticità ma pensiamo sia opportuno procedere gradualmente. Da quest’anno, come le ho detto, ci sono già le linee guida per la classificazione degli immobili e riteniamo che su questo percorso diventi inevitabile che dotarsi dei certificati. Se nel giro di un anno, però, la risposta degli italiani non fosse ancora soddisfacente, se cioè restassero troppo pochi i soldi spesi per la messa in sicurezza tra quelli disponibili, allora sì che l’obbligatorietà dovrebbe essere imposta dal governo».

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