Def: allarme crescita, il governo rilancia sugli investimenti

Def: allarme crescita, il governo rilancia sugli investimenti
di Luca Cifoni
3 Minuti di Lettura
Giovedì 7 Aprile 2016, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 8 Aprile, 00:58

ROMA - Sarà una questione di zero virgola, ma è anche un tema politicamente delicato. Il governo deve decidere in queste ore quali stime di crescita inserire nel Documento di economia e finanza che - salvo sorprese - sarà approvato nel Consiglio dei ministri di domani. Che il quadro delineato a settembre non sia più attuale è palese: da allora nell’orizzonte mondiale sono apparse perturbazioni sia economiche (la minor crescita dei Paesi emergenti) sia finanziarie (la vistosa correzione dei mercati solo in parte recuperata). Nel Vecchio Continente stentano a manifestarsi in modo evidente gli effetti della pur massiccia offensiva monetaria della Bce, e l’inflazione resta proiettata su valori non lontani dallo zero. 

Anche il ritmo della ripresa italiana ha subito un rallentamento, non drammatico ma visibile. Il +1,6 per cento indicato lo scorso autunno quale incremento del prodotto nel 2016 sarà quindi rivisto verso il basso, forse un po’ di più di quanto inizialmente preventivato: la stima potrebbe scendere fino all’1,2, che è ancora un valore più alto di quello ipotizzato da alcuni centri di ricerca. 

GLI INCENTIVI
Anche gli anni successivi subiranno una limatura, ma l’esecutivo spera di contenerla grazie a nuovi provvedimenti che vedranno la luce nelle prossime settimana. È stato lo stesso ministro dell’Economia Padoan ad annunciare che le misure del pacchetto ”Finanza per la crescita” potranno dare una spinta pari allo 0,2 per cento di prodotto nel breve periodo (che comunque vuol dire il 2017) ed all’1 per cento in un arco di tempo più esteso. Si tratta di interventi che hanno come primo obiettivo quello di spingere gli investimenti, non solo pubblici, ma anche delle imprese. Vanno in questa direzione l’esenzione fiscale sui rendimenti dei titoli emessi dalle aziende per finanziarsi, il rafforzamento dell’accesso al credito e la razionalizzazione degli incentivi. Parallelamente all’implementazione delle nuove misure ci sarà un’ulteriore spinta alle azioni italiane messe in cantiere nell’ambito del Piano Juncker.

Sul fronte della finanza pubblica, il 2016 non darà sorprese: il governo verrà incontro alla commissione europea migliorando marginalmente l’obiettivo di un rapporto deficit/Pil al 2,4 per cento, che includeva il pieno utilizzo dei margini di flessibilità compresa la clausola migranti. L’aggiustamento sarà ottenuto per via amministrativa, senza una manovra correttiva esplicita.

LA RIDUZIONE DELL'IRPEF
Diverso il discorso sull’anno prossimo: il target originario (disavanzo all’1,1 per cento del Pil) sarà rivisto verso l’alto in maniera sensibile, fino ad avvicinarsi al 2 per cento. Ciò vuol dire che il governo intende sfruttare anche nel 2017 una buona dose di flessibilità. Naturalmente questo approccio è condizionato alle decisioni che saranno prese dall’Unione europea a metà maggio; in ogni caso il ministero dell’Economia indicherà il proprio quadro programmatico senza prevedere scenari alternativi. In base alla legge che attua il principio del pareggio di bilancio inserito in Costituzione, il Parlamento sarà chiamato anche quest’anno ad autorizzare lo scostamento rispetto agli obiettivi.

Lo spazio finanziario guadagnato servirà innanzitutto a disinnescare i potenziali aumenti dell’Iva legati alle clausole di salvaguardia solo in parte neutralizzate: nel documento ci sarà un impegno esplicito in questo senso. L’ambiziosa riduzione dell’Irpef resterebbe fissata al 2018, mentre dal prossimo anno scatterà come previsto il taglio dell’aliquota Ires per le imprese.

© RIPRODUZIONE RISERVATA