Davigo, l'ira di Renzi: «Un folle nostalgico»

Davigo, l'ira di Renzi: «Un folle nostalgico»
di Marco Conti
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Sabato 23 Aprile 2016, 09:18
«Affermazioni folli di un nostalgico». L'intervista di Piercamillo Davigo al Corriere l'ha letta - grazie al fuso orario - poco prima della cena con Michael Bloomberg, ex sindaco di New York. Le esternazioni del presidente dell'Anm hanno mandato su tutte le furie il presidente del Consiglio da due giorni impegnato nel palazzo di Vetro delle Nazioni Unite. Un giro di telefonate e qualche sms per concordare la reazione del Pd contro le affermazioni del leader del sindacato dei magistrati e poi la consegna del silenzio concordata con tutto il governo.

VISTO
Renzi intende lasciare Davigo da solo sul ring senza volergli concedere il rango di istituzione all'Anm che non ha. «È un leader sindacale, per giunta pure a tempo. Non vedo perché si debba dare enfasi a dichiarazioni che non piacciono neppure ai suoi associati», sostiene un sottosegretario del governo. Meglio, quindi, lasciare al Csm il compito di riprendere un suo magistrato. Il vicepresidente Giovanni Legnini lo fa con un lungo comunicato ovviamente vistato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che del Csm ne è il presidente. A quelle che definisce in privato «vere e proprie provocazioni», Renzi non intende replicare ufficialmente come invece avrebbe fatto un suo predecessore a palazzo Chigi.
 
Le continue citazioni che Davigo fa del '92 e di Mani Pulite confermano per il premier la voglia strumentale di Davigo di rinverdire i fasti di una stagione che non c'è più. E non solo perché la politica è oggettivamente più debole ed un sottosegretario di oggi o un presidente di commissione contano molto meno dei loro predecessori della prima Repubblica, ma anche per una generalizzazione che ha come unico scopo di alimentare l'antipolitica. Ed infatti leghisti e pentastellati sono gli unici a sostenere colui che afferma che i politici sono tutti ladri. Ad irritare il premier è anche l'affondo contro Raffaele Cantone e l'authority anti corruzione e non tenere in alcun conto le leggi fatte in questi tre anni proprio «per battere la corruzione come la legge sul voto di scambio, sul falso in bilancio e l'autoriciclaggio». Una delegittimazione della politica e dei partiti, quella di Davigo, che ovviamente si scontra con la volontà di Renzi di dimostrare il primato della politica e degli stessi partiti cambiati anche grazie al lavoro dei magistrati, che comunque «devono parlare per sentenze».

FERIE
Sui rischi che corre un sindacato, qual è l'Anm, che si consegna ai grillini, il presidente del Consiglio non intende entrare anche se è ben consapevole che la categoria tutta non ha ancora digerito il taglio delle ferie ridotte da 45 a 30 giorni proprio dall'attuale governo e il reiterato invito alle toghe «a lavorare di più» e a «parlare con le sentenze». Al dialogo con la magistratura il premier non intende comunque rinunciare malgrado Davigo stia cercando di fare terra bruciata e di rafforzare la sua posizione all'interno di un sindacato dilaniato dalle correnti molto più del Pd o del centrodestra berlusconiano. Nella trappola del conflitto, che per vent'anni ha bloccato il Paese, Renzi evita di infilarsi e resta fedele alla linea della separazione dei poteri necessaria per poter rivendicare al Parlamento il compito di fare le leggi che i magistrati debbono applicare. Le resistenze interne non mancano. Basti vedere come al Senato arranca la riforma del processo penale anche per la volontà di uno dei due relatori, l'ex magistrato Casson, di riscrivere nuovamente il testo. Alle resistenze di una parte di ceto politico e giudiziario, Renzi e il Guardasigilli Orlando sono abituati. Così come ai tentativi di alcune procure - vedi Tempa Rossa - di avviare inchieste con lo scopo - secondo il premier - di condizionare le scelte della politica.
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