La Consulta accelera, legge elettorale in bilico

Il presidente del Senato Pietro Grasso
di Silvia Barocci
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Mercoledì 4 Dicembre 2013, 10:00 - Ultimo aggiornamento: 10:40
Sar deciso. E’ alle 10.22 che il presidente della Corte Costituzionale, Gaetano Silvestri, pronuncia la frase di rito che chiude la discussione di qualsiasi causa in udienza pubblica. Ma le fibrillazioni sulla legittimità del Porcellum sono tali e tante che il tam tam di uno slittamento della decisione della Consulta a gennaio 2014 va avanti fino a sera. Quando è la stessa Corte a far sapere che la questione sarà affrontata nella camera di consiglio di stamattina, alle 9.30. Probabilmente infastiditi dai tanti ”rumors”, che equivalgono a pressioni su una materia - la legge elettorale - che la politica non è riuscita sbrogliare per lunghi mesi, i quindici giudici della Consulta sembrano aver voluto dare un segnale: noi, in piena autonomia, trattiamo il caso.



La camera di consiglio Che poi la discussione di oggi produca un verdetto è tutto da vedere. Le tre ipotesi - inammissibilità del ricorso, bocciatura parziale del Porcellum o totale con il ritorno al Mattarellum - restano aperte. Anche se, nelle ultime ore, sembra crescere il fronte di una pronuncia di illeggittimità della legge datata 2005. Ma i giudici, nella camera di consiglio di ieri pomeriggio, hanno discusso di altre cause, non facendo minimo accenno alle norme elettorali. Gli schieramenti, dunque, si capiranno stamane, dal primo giro di tavolo che seguirà all’introduzione del giudice relatore, l’ex presidente dell’Antitrust Giuseppe Tesauro. E non è neanche da escludere che - come già accaduto in passato per questioni altrettanto spinose come il legittimo impedimento, l’Irap, le leggi ex Cirielli e Pecorella - la Corte alla fine rinvii. E’ sufficiente che un solo giudice chieda una pausa di riflessione perché il Porcellum slitti alla settimana del 13 gennaio 2014, quando la Corte tornerà a riunirsi dopo le festività.



L’avvertimento Nell’infelice posizione di svolgere un ruolo di supplenza di fronte all’inerzia della politica, è impensabile che la Consulta resti impermeabile alle voci che arrivano dall’esterno del Palazzo. Il presidente del Senato, Piero Grasso, ha stigmatizzato il fatto che i partiti, non trovando un accordo politico, diano dimostrazione di «non sentire la marea montante di una rabbia che si riverserà, più forte di prima, contro tutti i partiti». Mentre Silvio Berlusconi ha fatto sapere che se vi sarà un ritorno al Mattarellum, Forza Italia potrebbe correre da sola.



Le opzioni Chissà se la Corte concederà ancora altro tempo al Parlamento, per provare ad uscire dalle secche della riforma elettorale. Vero è che tutti e quindici i giudici - incluso Sergio Mattarella che ha dato il nome alla legge con cui in Italia si è votato dal 1994 al 2001 - hanno ascoltato con grande attenzione Aldo Bozzi, ottantenne nipote dell’omonimo esponente liberale, e gli altri tre avvocati (Claudio Tani, Felice Besostri e Giuseppe Bozzi) che ieri, in udienza, hanno rappresentato le ragioni dell’incostituzionalità del Porcellum. Innanzitutto perché «lede il diritto di voto», avendo «irragionevolmente soppresso il diritto di scelta individuale dell'elettore». Le liste - hanno sottolineato i legali nell’aula di udienza - risultano essere fatte da «curie di partito» e gli elettori sono stati trasformati in «mandrie da voto».



Il primo scoglio di stamane della Corte sarà l’ammissibilità del ricorso, su cui peserebbe il dubbio di alcuni giuristi per ”difetto di incidentalità”. Ma se la Consulta entrerà nel merito della questione, la bocciatura del Porcellum viene data per scontata. Con due possibili esiti: o sarà dichiarato illegittimo soltanto il premio di maggioranza, riportando il sistema al proporzionale con soglia di sbarramento in ingresso; oppure il Porcellum verrà bocciato in toto, facendo così rivivere il Mattarellum, che assegna il 75% con il maggioritario in collegi uninominali e il 25% distribuito proporzionalmente. Gli avvocati che hanno presentato il ricorso confidano nella prima opzione, perché - sostengono - poi sarebbe possibile un facile aggiustamento per legge, vale a dire «l’eliminazione dell’obbligo di fare un solo segno sulla scheda elettorale».
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