Cancellieri: «Metodo Boffo contro di me, ma non cedo. Se Letta me lo chiede lascio»

Cancellieri: «Metodo Boffo contro di me, ma non cedo. Se Letta me lo chiede lascio»
di Silvia Barocci
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Lunedì 4 Novembre 2013, 07:35 - Ultimo aggiornamento: 19:19
difficile tenere assieme due sentimenti come la “tranquillit” e il “disgusto”. Annamaria Cancellieri passa da uno all’altro, mentre alterna la lettura dei giornali a quella delle carte che oggi porter con s a Strasburgo, per convincere la Corte europea dei diritti dell’uomo che l’Italia ce la sta mettendo tutta per risolvere l’emergenza carceri. Ma quello che proprio non le va giù è che «l’onore possa essere infangato: io - dice alMessaggero - non mi faccio intimidire dal metodo Boffo».



Ministro, a cosa si riferisce?

«Un quotidiano mi attribuisce proprietà mai avute e stipendi mai percepiti. Addirittura una villa a Genzano che forse avrà ereditato un’altra Annamaria Cancellieri, ma non io! E tutto questo per cosa? Per alimentare il sospetto di presunti favori che con esistono. O per gettare fango. Ho trascorso la mia vita da funzionario dello Stato. Sono disgustata».



Tanto da gettare la spugna?

«No, assolutamente. Anzi, combatto, querelo e vado avanti. Non mi faccio intimidire. Personalmente sono una roccia. Il metodo Boffo lo abbiamo ben conosciuto in altri tempi. Bisogna reagire».



Resta però un macigno politico gigantesco sulla sua strada. Martedì dovrà spiegare e chiarire in Parlamento. Cosa l’ha più colpita: la solidarietà del Pdl che, però, paragonava la sua telefonata in favore di Giulia Ligresti a quella fatta da Berlusconi per Ruby? Oppure parte del Pd che ha chiesto le sue dimissioni?

«Vede, queste sono entrambe posizioni politiche, posso non condividerle ma ci stanno. Inaccettabili sono il sospetto e le falsità».



Lei ha avuto la solidarietà del premier. Ma se Letta le chiedesse di fare un passo indietro per consentire alla “strana maggioranza” di governo di restare in piedi, lo farebbe?

«Non ho mai brigato per avere posti nella vita. Tutto quello che mi hanno chiesto di fare l’ho fatto con spirito di servizio. Se il mio servizio non va bene, non sono certo attaccata alla poltrona. Sì, se me lo chiedessero lo farei un passo indietro, ma dovranno anche spiegare al Paese il perché di ciò. Non consento che si passi sopra il mio onore».



Riavvolgiamo indietro il nastro. Ha già detto di non essersi pentita di aver telefonato a Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti, subito dopo gli arresti del patron della Fonsai e dei suoi figli. Ma col senno del poi, ripeterebbe quelle stesse parole? Quel «non è giusto»? Quel «qualsiasi cosa io possa fare conta su di me»?

«Quando sei nell’emotività non pesi le parole. Io so benissimo che i telefoni possono essere intercettati. Ma quando ci sono di mezzo certi valori affettivi, quando vuoi dire a una persona che l’abbracci e che ti dispiace del suo dolore, lo fai. Poi ognuno può leggerle come vuole quelle parole. Non posso rinunciare ad essere un essere umano».



Insomma, non sono parole che preludono a una sua interferenza sulla scarcerazione di Giulia Ligresti?

«Se a quelle frasi fosse seguito un mio comportamento scorretto, allora sì. Ma poi non c’è stato nulla, perché il mio interessamento ad una donna anoressica, che rischiava il suicidio, non ha di certo inciso sulla decisione della magistratura, come ha spiegato lo stesso procuratore Caselli. E poi, ricordo che il magistrato che ha valutato quelle intercettazioni non vi ha trovato nulla di penalmente rilevante. Questa è malafede. È accanimento».



Ministro, chi sospetta possa avercela con lei fino a questo punto?

«Non sono sempre piaciuta a tutti, da ministro dell’Interno prima e della Giustizia poi. Qualcuno in passato si è visto sciogliere comuni per mafia, altre persone sono state mandate via perché rubavano o perché hanno fatto strame del denaro pubblico...».



Alcuni, come Pino Pisicchio, sostengono che il vero obiettivo sia mandare a casa il governo Letta e votare col porcellum. Condivide?

«Non lo so, perché non ho elementi per dirlo. Ma, lo ripeto, sul mio onore non si passa».



Domani (oggi per chi legge, ndr) sarà a Strasburgo. Cosa andrà a dire alla Corte europea dei diritti dell’uomo che ci ha dato tempo fino a maggio 2014 per regolarizzare la situazione carceraria, pena multe che potrebbero costare all’Italia 60-70 milioni di euro all’anno?

«Porterò la strategia che abbiamo messo a punto, a 360 gradi. Partirò innanzitutto dal decreto legge che ha ridotto i flussi di ingresso in carcere. Abbiamo poi allo studio un altro provvedimento, non sappiamo ancora se un decreto o un ddl, che presto sarà portato in Consiglio dei ministri».



E cosa prevede?

«Interventi sulla custodia cautelare in carcere, sui tossicodipendenti e sugli extracomunitari».



Intendete intervenire sulla Bossi-Fini?

«Non proprio. Con il ministero dell’Interno stiamo studiando la possibilità di mandare d’ufficio i detenuti stranieri a scontare gli ultimi due anni di pena nel paese natio. A meno che non abbiano famiglie in Italia. Ma oltre ad interventi normativi, come la depenalizzazione dei reati minori, a Strasburgo faremo il punto su importanti novità amministrative. La detenzione aperta, ad esempio».



Di che si tratta?

«Le celle devono essere luoghi dove stare solo otto ore, per dormire, e non più 22 ore come oggi accade al 29% dei detenuti. Ridisegnando gli spazi, rivedendo le attività ricreative e incrementando il ricorso ai lavori socialmente utili, contiamo di arrivare al 79% dei detenuti entro aprile 2014. E poi dicono che mi sono occupata solo di Giulia Ligresti?»