Berlusconi, il New deal: «Ai poveri ci penserò io»

Berlusconi, il New deal: «Ai poveri ci penserò io»
di Mario Ajello
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Sabato 16 Dicembre 2017, 10:19 - Ultimo aggiornamento: 18:52

Dorme poco, ultimamente, Silvio Berlusconi. Ma produce tanto. Per due notti di seguito è rimasto insonne. Perché impegnato a scrivere, con l'aiuto del silenzio, quella che lui chiama un'«orazione». Non c'entra il Natale, anche se Zio Silvio come Santa Claus in questa fase è molto nello spirito dell'aiuto ai poveri e della carezza ai derelitti. Infatti quest'orazione cuore in mano è un format elettorale soprattutto rivolto alle «fasce deboli». Lui stesso la reciterà nei vari appuntamenti per il voto di marzo - alcuni brani li proporrà anche nei dibattiti tivvù - e così dovranno fare nei loro comizi i vari candidati forzisti. Con una voce che dovrà essere calda ed esprimere prossimità ai bisognosi: sono banditi i toni declamatori da politici tradizionali.

L'OBIETTIVO
Berlusconi è gasatissimo in questa fase, vede la vittoria di marzo a portata di mano - «Forza Italia può arrivare al 30 per cento» - e per questo l'«orazione», una sorta di preghiera laica, gli è venuta con facilità. Si compone di due parti. La prima è un riepilogo politico-morale di ciò che nei suoi governi è riuscito a realizzare. La seconda, più nuova, è quella di tipo «solidale», quasi da socialista umanitario o addirittura da seguace del new deal rooseveltiano o da merkeliano di sinistra. Contiene proposte del tipo: l'innalzamento delle pensioni minime, ma anche più proteine per i bambini poveri. L'idea che ispira il tutto, come Zio Silvio va spiegando ai suoi, è la seguente: «I cittadini mai come in questa fase hanno bisogno di protezione e di rassicurazione. Il compito di fare politiche sociali spetterebbe alla sinistra, ma quella pensa soltanto alle banche e a combattersi al suo interno sulle banche. Quindi, ai poveri, ci dobbiamo pensare noi». I Care, insomma. Tutto lo spazio dell'Italia lacera e dolente, lasciato libero dal Pd e in cui non sarà facile per i bersanian-dalemiani di Pietro Grasso tentare un recupero di credibilità, Berlusconi lo considera spazio conquistabile. Basta sapersi rivolgere con gli accenti giusti alle periferie abbandonate, alle mamme a cui nell'«orazione» si promettono aiuti e sgravi («Mamma è bello» è lo slogan già pronto) e alle donne sole, agli anziani che sono sempre stati il pallino di Silvio e a tutti i «dimenticati d'Italia» per i quali si prevedono sussidi. A queste categorie però guarda anche Salvini, e la competizione il leader leghista crede di risolverla così: «Berlusconi non è candidabile». Ossia: non potrà fare il premier e il premier del centrodestra sarò io.

L'EGO
Se nel 94, nella scintillante discesa in campo, e poi anche dopo l'accento di Silvio batteva (senza dimenticare i vecchietti e le dentiere gratis) soprattutto sulle imprese, sulle partite Iva, sulla spinta all'Italia più dinamica e operativa, adesso il registro in parte è cambiato. All'Albero della Libertà - cioè la brochure con tutti i punti del programma - lui sta pensando di cambiare il nome: «Chiamiamolo l'Alberto della vita, per far capire che i nostri provvedimenti sono fatti apposta per incidere nell'esistenza quotidiana delle tante persone che hanno bisogno di vedere migliorare le proprie condizioni materiali».

Naturalmente, il Cavaliere Solidale potrà essere lui e soltanto lui. E il tipo di campagna elettorale che sta mettendo a punto Silvio è auto-riferita, auto-centrata. Praticamente un allenamento per quella successiva, se questa non la vincerà nessuno, in cui Berlusconi è arci-covinto che potrà giocare nella pienezza della riabilitazione che otterrà dalla Corte di Strasburgo.

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